Un’amicizia da 100 anni. La vigilia e il primo giorno nella Somme

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Le truppe alleate caricano dalle trincee nella Somme.

30 giugno, nemmeno un mese senza Edith. Geoffrey Smith forse non può capire fino in fondo stavolta il suo amico novello sposo cui si era riunito solo pochi giorni prima che venisse chiamato al fronte per unirsi all’11-esimo dei Fucilieri del Lancashire. A lungo Smith aveva sperato che potessero condividere anche la divisione, lui in forza al 19-esimo e 3° Salford Pal e Ronald. Ma aveva conosciuto (finalmente) anche la sua Edith e vedeva bene che la loro prima estate era stata loro sottratta prima che potesse quasi cominciare. Chissà se ce ne sarebbe mai stata un’altra da vivere insieme!

Smith era propenso a pensare di sì. «Abbi fiducia in Dio e tieni gli occhi bene aperti, e ricordati che per altri tre uomini tu conti più delle loro vite» gli aveva scritto in una delle lettere più recenti. Lui e Rob Gilson – 11esimo dei Suffolks – erano divisi da pochi chilometri lungo la linea inglese a nord della Somme, mentre a John Ronald toccavano le retrovie; Christopher Wiseman a bordo della Superb, ammiraglia schierata nel blocco navale britannico ora ancorata nelle Orcadi, cominciava a sentirsi in colpa per l’inazione della marina dopo la Battaglia dello Jutland. “Tre eroi” aveva chiamato i suoi amici G.B. Smith (facendo eco a Chris) nella lettera-testamento per Ronald del 2 febbraio, pronto ad affrontare la sua prima incursione nella No Man’s Land, la Terra di Nessuno, una striscia di terra tra le trincee anglofrancesi e quelle tedesche che collegava macabramente le rive fiamminghe del Mare del Nord alle Alpi. L’ultima volta che si erano incontrati tutti e quattro era avvenuta 10 mesi prima, il loro Concilio di Londra del 25 e 26 settembre. Poi, alle soglie dell’inverno, Chris, Rob e Geoffrey erano partiti, lasciando il loro glorioso gruppo di amici del T.C.B.S. alle confidenze e gli incoraggiamenti epistolari, scanditi da rari e cruciali incontri a due.

TCBS in WAR
Da sinistra a destra, gli “immortal four” dei T.C.B.S.: Geoffrey Bache Smith, John Ronald Tolkien, Christopher Luke Wiseman e Robert Quilter Gilson. Fotomontaggio.

Dei quattro Smith, il protetto negli anni scolastici, il più giovane, era probabilmente anche il più speranzoso, non tanto perché confidasse nell’eventualità che tutti e quattro scampassero – per quanto non perdesse occasione per auspicarlo, specie per Ronald e per pregare per ognuno dei suoi amici – agli orrori del fronte. Sia lui che Robert ne avevano già testimoniato la violenza, ravvisata nei compagni caduti e nei feriti in atroce agonia; e ne avevano espressa una certa ineluttabilità per sé stessi, più volte, temendo di non superare la notte nel momento stesso in cui scrivevano le loro lettere. No, la speranza di Smith era che il TCBS, quei liceali che discutevano animosamente di ogni cosa tra una tea clandestino e l’altro ai Barrow Stores di Birmingham e ritrovatisi nell’Oxbrigde dei primi anni ’10, dovesse superare la guerra come un’esperienza comune, che trascendeva il sincero, caloroso ed intimo affetto tra loro. Quella sera a Ronald era pervenuta un’altra lettera di Smith in cui ribadiva «…sebbene non ritenga molto importanti le mie capacità, tengo in gran conto l’opera congiunta dei TCBS. […] Se mai c’è stato un momento in cui il vecchio inestimabile umorismo dei TCBS abbia avuto l’opportunità di superare tutti gli ostacoli che gli ostacolano il cammino, eccolo: è giunto» e avendo manifestato la consueta speranza del ritorno di Ronald dall’amata moglie e nell’amata l’Inghilterra, aggiungeva «Dopodiché, il Diluvio!»Quale promessa di grandezza aveva in sé quel gruppo di amici? Tolkien al loro ultimo incontro a Londra l’aveva chiamato «un potere in grado di scuotere il mondo». Certezze che portarono Smith a cantare:

Che ancora vi sia chi in cor lieto ha sofferto
ciò che trarre odio può dalle sue stive,
dicendo a sé: perché Inghilterra viva,
sola lietezza è in questa vita morte.
April 2016“, in A Spring Harvest

Un’Inghilterra che viva ancora e che viva in pace, un luogo la cui nuova vita stessa avrebbe potuto scaturire dai frutti di quell’amicizia. Eppure anche Ronald sapeva che c’erano poche possibilità di ritornare a casa, da Edith. All’approdo in Francia (7 giugno) compone anch’egli una dedica all’Inghilterra la nel solco dei versi mitici già prodotti fino a quel momento; proprio la malinconica L’Isola Solitaria inserisce l’Inghilterra nelle nascenti leggende delle fate, che si chiude con un congedo definitivo:

Ho una gran voglia di te e della tua bella cittadella,
dove echeggiando tra i luminosi olmi a sera
in un’alta torretta interna risuona una campana:
o solitaria e scintillante isola, addio!

Due spiriti affini in un rapporto di predilezione. Non sarebbe affatto esagerato affermare che fu Smith, aspirante e già poeta nell’adolescenza, ad accendere l’interesse di Tolkien verso la poesia, consigliandogli autori moderni e contemporanei, leggendogli i propri versi e poi valutando i suoi, i quali rappresentano proprio l’unica forma in cui viene narrata la sua mitologia prima dell’esperienza bellica. La prima poesia di entrambi fu pubblicata in Oxford Poetry 1915, nel dicembre precedente.

Tra Tolkien e Smith vi era sì un comune sentire più radicale, ma il conforto che dava il TCBS perfino oltre la morte come prospettiva tangibile era un sentimento condiviso da tutti e quattro i membri principali. Robert Gilson non aveva potuto godere di una licenza come Smith e pur avendo quest’ultimo piuttosto vicino non aveva ricevuto notizie di lui. Rob era un osservato speciale del censore militare perché secondo questi aveva raccontato troppo circa la sua posizione alla fidanzata Estelle, un problema che Tolkien aveva aggirato sfruttando il suo talento e concordando con Edith un codice di puntini all’interno delle lettere per consentirle di localizzarlo nella regione ad ogni spostamento. Grazie ad Estelle e agli amici del TCBS Rob era riuscito a superare settimane di trinceramento a nord-est della città Albert. Scriveva a Ronald «Non ho mai sentito più forte che nelle ultime settimane la verità delle tue parole circa l’oasi del TCBSianesimo. […] Il TCBS non ha mai rifiutato le prove e non credo che le sottovaluti: la mia ultimamente è cresciuta in intensità. Tuttavia sono piuttosto allegro e più riconoscente di quanto possa dire, per le ventate di aria fresca che i vari membri del TCBS mi hanno offerto di tanto in tanto».

THE BATTLE OF THE SOMME, JULY-NOVEMBER 1916Rob assisteva al bombardamento di quei giorni ammirandone l’imponenza senza perderne il terrore. Mentre a Verdun la disfatta francese si consumava inesorabilmente, gli Inglesi preparavano la Grande Offensiva della fanteria nella Somme con le cannonate e il più massiccio impiego di artiglieria pesante che si fosse mai visto o udito. Furono scavate, minate, imbottite di tonnellate di esplosivo le gallerie sotto le trincee tedesche, l’aviazione si preparava per la copertura area. Si aveva sentore tra le truppe di un attacco non lontano già nella metà di giugno, ma dal 24 rombi e boati scossero senza tregua la regione per 7 giorni: il generale Haig e l’Alto Comando Britannico volevano così dissolvere le difese nemiche o costringerle alla ritirata per poi occupare la regione. Rob riusciva ancora a meravigliarsi per la bellezza dei fiori di campo, che descriveva riccamente nelle lettere alla famiglia. L’ordine di prepararsi arrivò ai reparti già il 28, quando il grosso delle forze fresche alla prima esperienza (tra cui Tolkien) erano appena arrivate; e sarebbe scattato l’attacco già il giorno dopo non fosse stato per il maltempo. Sia Rob che Ronald si trovavano più a proprio agio con i soldati di umile estrazione che proseguivano il proprio addestramento sul campo, piuttosto che con militari in carriera e veterani. Ma Ronald era di riserva con l’11esimo; Rob con i suoi Cambridgeshire era stato assegnato alla prima linea di occupazione, o almeno questo si prevedeva, direttive incrinate dall’ordine di avanzare ad ogni costo.

La sera del 30 giugno smise di piovere; la notte successiva i tre amici avevano di fronte a sé l’evento più disastroso che ogni guerra avesse mai visto. Rob nel castello in rovina di Bécourt Wood s’apprestava a prendere posto nelle trincee, Smith e i Salford si muovevano lungo la sponda orientale del fiume Ancre per appostarsi nel Bosco Blighty, una fermata obbligata per chi dalla prima linea tornava ferito nelle retrovie: il suo battaglione era stato assegnato al rinforzo delle trincee conquistate. Nelle sole due miglia che separavano Gilson e Smith ben 18 battaglioni attendevano l’ora zero. Riprese con rinnovato vigore il bombardamento all’alba, Ronald lo udiva al villaggio-campo di Warloy. Alle 7.20 raggiunse il suo apice. Alle 7.28 una colonna di terra si levò per 1200 m, accompagnata dal suono più potente mai

Hawthorne Ridge
Un’altra mina esplosa in quegli attimi, di Hawthorn Ridge, dal documentario di G.H. Malins & J.B. McDowell (1916).

generato prima dall’attività umana. L’esplosione di oltre 24 tonnellate di esplosivo provocò il più largo cratere del campo di battaglia, il villaggio abbandonato di La Boiselle fu scalzato dalle fondamenta e il terreno tremò per chilometri e chilometri. Non era l’unica mina che aveva inferto danni alla linea tedesca, ma di certo i soldati alleati (e Rob in particolare, essendo piuttosto vicino), vedendola, non pensarono che potessero esserci ancora nemici dall’altro lato: ad ogni buon conto i 19 crateri aperti sarebbero serviti per consolidare l’avanzata. I cannoni tacquero per la prima volta in 7 giorni e l’assalto cominciò alle 7.30.

Rob vide partire la 1a ondata, la 2a e la 3a. Ma qualcosa chiaramente non stava funzionando. All’artiglieria inglese che aveva allungato il tiro stava rispondendo quella tedesca e migliaia di uomini inglesi, equipaggiati con zaini di 30 kg e più come da copione, erano sovraesposti a quello che sembrava sempre più un tiro al bersaglio. I nemici c’erano ancora e li stavano massacrando, disseminando la No Man’s Land di feriti e cadaveri. Il lieutenant Robert Gilson seguì gli ordini alla lettera, facendo avanzare i suoi uomini nell’inferno polveroso che si stendeva di fronte a loro verso un obiettivo strategico che difficilmente poteva vedere, con il fuoco di copertura che pioveva sulla linea nemica. Era nella posizione che aveva sempre sperato di evitare, quella di guidare in prima persona i suoi contadini armati, posizione che si aggravò ben presto mentre i Suffolk venivano decimati. Il maggiore Morton fu ferito e mandò un messaggio per affidargli il comando della compagnia. Infine, anche lui fu abbattuto dallo scoppio di una granata. Non fece in tempo a rendersi conto pienamente della strage che si stava consumando: i suoi soldati che si spinsero più avanti furono arsi dai lanciafiamme sul ciglio delle trincee nemiche oppure le superarono solo per essere tagliati fuori. Quel giorno, il più sanguinoso della storia militare inglese, nella No Man’s Land morirono oltre 19mila uomini, 1 su 5. Interi villaggi della Gran Bretagna persero la loro gioventù quel 1° luglio.

Smith doveva occuparsi delle comunicazioni mentre il suo battaglione tentava di uscire dalla conca boscosa per marciare verso le trincee da fortificare. Si fecero diversi tentativi anche scaglionati, ma ben presto fu chiaro che ogni via era bloccata dal fuoco e dai cadaveri. Qualcuno raggiunse le trincee solo per aiutarne la difesa. Difficile dire cosa potesse intuire G.B. Smith dalla sua posizione: il giorno si trascinava mentre nuovi feriti giungevano da tutte le direzioni. I Salford furono tenuti a difesa della conca per altri 2 giorni prima che fossero rimpiazzati e potessero ritirarsi.

Per diversi giorni ancora né Smith, né Ronald ricevettero alcuna notizia di Robert. Non ci sarebbe più stato quell’architetto volitivo, appassionato del Rinascimento, spirito esteta e vivamente innamorato che voleva portare la sua Estelle in Italia per ammirare le più grandi opere pittoriche del ‘400 e del ‘500. Quel giovane catapultato nella guerra di trincea che ne subiva particolarmente gli orrori e che si prendeva del tempo per visitare la maestà gotica della cattedrale di Amiens. Degli ufficiali del battaglione di Robert sopravvisse solo il suo amico Andrew Wright che scrisse questo al padre, rettore della King’s Edward e protettore del TCBS:

«Fu l’ultimo trionfo della determinazione riguardo la sua natura sensibile, ma non certo il primo. È coraggioso solo chi fronteggia qualsiasi cosa con la piena consapevolezza della [propria] codardia.»

Fotomontaggio da
Fotomontaggio da Memoirs of an Infantry Officer (vedi sotto).

È il primo tragico colpo che il TCBS dovrà sopportare. Da questo momento di 100 anni fa tutto comincia a cambiare per John Ronald Reuel Tolkien e i suoi amici più cari. Ma è un colpo che devono ancora incassare. La Battaglia della Somme è solo al suo inizio. Presto Ronald vivrà in prima persona quel “orribile prova” (come l’avevano chiamata fino a quel momento) interrogandosi sul senso di tutto ciò che ha vissuto; continuerà a farlo per tutta la vita. Così Smith e Wiseman insieme a lui. La Somme prima di spegnersi esigerà anche Smith.

Anche noi di Tolkien Italia raccogliamo l’invito della Tolkien Society a tutti gli appassionati per
commemorare con un brindisi Tolkien e i suoi amici
, al T.C.B.S.!,
senza la quale amicizia nulla di quanto di John Ronald ci è arrivato sarebbe mai stato scritto. 

Da oggi in avanti seguiremo la vita, le riflessioni e le conclusioni di John Ronald Tolkien nel tentativo di testimoniare l’impatto della Grande Guerra sull’autore che presto diventerà. Con ancora negli occhi la rinnovata commozione grazie all’intervento di Verlyn Flieger al convegno di Verona del mese scorso, cercheremo di rendere merito alla sana invidia che proviamo verso l’amicizia che questi quattro giovani condividevano e che grazie alle opere di Tolkien è arrivata fino a noi.

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A tutti consigliamo la lettura estiva di Tolkien e la Grande Guerra, libro che ha portato alla luce proprio l’esperienza collettiva del TCBS sulle orme dello studente e soldato JRR Tolkien da cui il resoconto e le citazioni nell’articolo sono tratte. A 100 anni dallo scoppio della Battaglia della Somme cogliamo l’opportunità per conoscere i momenti sorgivi della formazione della sua mitologia attraverso la meticolosa ricostruzione biografica di John Garth e gli illuminanti commenti, mai invasivi.

Molto più di una semplice biografia di J.R.R. Tolkien dagli anni di scuola al King Edward’s College fino alla convalescenza dalla Grande Guerra, il libro di John Garth ricerca quei momenti in cui il giovane studente e presto soldato avventura i primi passi in un mito nascente, debitore di tutti quelli incontrati nel proprio percorso formativo ma calco di nessuno; e debitore degli amici del T.C.B.S., le cui parole dalle lettere smuovono le più intime e grandi aspirazioni, non soffocate ma acuite dalla grande tragedia cui andavano incontro e che non lascerà quasi alcun superstite tra i cari di John Ronald. Dalle poesie liriche abbozzate ai racconti di un popolo esule narrati alla sua Lùthien, Edith, questo libro apre una luminosa finestra sulla giovane vita di Tolkien dalla sua opera senza sminuire nessuna delle due. Uno dei testi immancabili sullo scaffale di ogni appassionato.

 

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Sitografia e videografia consigliata per approfondire:

Tolkien’s Great War

Ne è stata ripubblicata una versione sottotitolata in Italiano, vedi qui.

Robert Gilson: Memoirs of an Infantry Officer


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