Le Lingue degli Elfi, un libro per studiarle. L’autore, Gianluca Comastri «Un sogno che continua»

I contenuti del libro e l’intervista all’autore Gianluca Comastri. Il suo libro sulle Lingue degli Elfi è l’ultimo stadio del suo impegno nella glossopoiesi di J.R.R. Tolkien e viene incontro ad una richiesta insistente degli appassionati italiani, che finalmente trova risposta.  Ma è lungi dall’essere la fine di un’avventura.

lingue-elfiche-libro-gianluca
Grafica rilelaborazione di Tolkien Italia sulla copertina di Gianluca Ganna. Vietata la riproduzione non concordata.

È con grande piacere che ospitiamo su Tolkien Italia il nostro amico e colonna portante Gianluca Comastri, che ci racconta in anteprima il suo primo libro Le lingue degli elfi della Terra-di-Mezzo , opera in due volumi il cui #1, Storia e Sviluppo delle Lingue Elfiche di Arda, è stato pubblicato in questi giorni. Abbiamo potuto visionare le bozze e ci sentiamo tranquillamente affermare che si tratta del primo testo italiano che consente di affrontare lo studio della glossopoiesi di J.R.R. Tolkien in completezza e con metodo specifico, in un linguaggio accessibile a non specialisti ma che sarà una risorsa inestimabile anche per tutti coloro che hanno una preparazione linguistica e cercasse una fonte in Italiano. Un libro che prosegue l’opera meritoria di Gianluca, dai primi anni di attività in Eldalië fino al Corso di Lingue Elfiche che l’associazione ha organizzato quest’anno (di il presente d’ora in avanti sarà libro di testo). L’intervista dopo le specifiche del libro.

ORDINALO da AMAZON

Le lingue degli elfi della Terra di Mezzo. Vol.1
storia e sviluppo delle lingue elfiche di Arda
Gianluca Comastri

Editore: L’Arco e la Corte
Collana: Le vie dell’anello
Anno edizione: 2016
Pagine: 248 p. , Brossura
EAN: 9788890954993

Aquistalo su IBS.it

Nota: l’editore ci fa sapere che nelle fasi iniziali dovrebbe essere più facile ricevere prima il libro attraverso IBS.it. È inoltre possibile ordinarlo direttamente presso l’editore a laterradithule@libero.it. 

DESCRIZIONE
L’insieme degli idiomi propri dei personaggi delle varie razze della Terra-di-Mezzo, di cui nelle opere principali compaiono numerosi esempi, costituisce con ogni probabilità il vero cuore pulsante dell’intera narrazione di Tolkien. Egli aveva inventato lingue e linguaggi sin dalla tenera infanzia, e, in anni successivi, ebbe a dichiarare in più circostanze che la generazione dell’intero corpus narrativo incentrato sulla Terra-di-Mezzo aveva il solo scopo di ricreare un luogo dove i linguaggi elfici, naneschi e orcheschi potessero prender vita. Il presente volume dà il via ad una serie di pubblicazioni incentrate sul tema della linguistica tolkieniana, che ha lo scopo di presentare la bellezza e la centralità di questo aspetto della concezione che l’autore aveva del ciclo narrativo cui dedicò l’intera vita. Di prossima pubblicazione La grammatica delle principali lingue elfiche di Arda.

INDICE 

[su_spoiler title=”Vedi i contenuti” open=”no” icon=”caret”]Prefazione
Abbreviazioni e simboli

I. Introduzione alla linguistica tolkieniana
1. Tolkien e la (sub)creazione di un mondo
– L’autore
– L’ambientazione
– Le storie
– Le lingue
2. Cosa sono le lingue elfiche
– Una definizione
– Origine delle parole
– Origine dei nomi
– Origine delle lingue
– Verso la maturità
3. Quante sono le lingue elfiche
– Equivoci ricorrenti
– Criteri per il censimento delle lingue
– Punto della situazione
– Arda Lambi
4. Perché studiare le lingue elfiche
– Motivi di interesse per lo studio dell’elfico
5. Come studiare le lingue elfiche
– Lo stato dell’arte
– Natura e mutevolezza delle lingue
– Indicazioni pratiche
6. Fonti e materiali di consultazione
– Breve storia degli studi linguistici

II. Panoramica sulle lingue di Arda
7. Strutturazione degli argomenti

– Annotazioni comuni alle principali lingue elfiche
8. Le origini delle lingue di Arda
– La proto-lingua e l’elfico dei primordi
– L’Eldarin Comune
– Avarin, le “lingue ombra”
– Il Telerin Comune e le lingue dei boschi
9. Le lingue di Aman
– I dialetti Quendya e Quenya dopo la traversata del mare
– Il Vanyarin
– Il dialetto Noldorin
10. Le lingue del Beleriand
– L’Antico Sindarin
– Il Sindarin Settentrionale o Mithrimin
– Il Doriathrin
– Il Sindarin Occidentale dei Falathrim
– Il Nandorin, lingua dei Laiquendi e dei Silvani
11. Verso le lingue mature
– Il Quenya
– Il Sindarin
– Schematizzazione dello sviluppo linguistico

III. Il corpus dei testi in lingua elfica
12. I testi in Quenya
– Testi da “Il Signore degli Anelli”
– Testi da “Il Silmarillion”
– Testi dai “Racconti Incompiuti”
– Testi da “The Monsters and the Critics”
– Testi dalle “Lettere”
– Testi dalla “History of Middle-earth”
13. I testi in Sindarin
– Testi da “Il Signore degli Anelli”
– Testi dai “Racconti Incompiuti”
– Testi dalla “History of Middle-earth”
14. Altri componimenti
– I testi in “Qenya” e in “Noldorin”
– Brani esterni al ciclo di Arda

[/su_spoiler]


Intervista all’autore

2_1478008090083Ciao, Gianluca. Essendo questa tanto casa tua quanto mia mi viene un po’ da ridere ad intervistarti ancora come ospite ma tant’è, l’occasione è di quelle che non si scordano. Anzitutto, come stai? Ti rendi conto di quello che hai fatto?

Concordo in pieno. Avevamo pensato anche di ricorrere a una lettera aperta, ma mi è sovvenuto che anche quella scelta, riportata su una risorsa a cui contribuisco come gestore, non sarebbe parsa esattamente come ordinaria amministrazione. Tanto più se si considera l’argomento di cui stiamo discutendo – un libro, quindi aggiungere altre parole alle tante già scritte (e a quelle che si stanno scrivendo e che si scriveranno) suona ridondante. Mi sento un po’ sovraesposto e non vorrei dare quest’impressione. Se ripenso a cosa ho fatto, la prima risposta che mi si formula è “un azzardo in piena regola”. Da un certo punto di vista sto dando il logico seguito a un’operazione che, in vari modi, porto avanti ormai dal 1999. Ma per svariati motivi si tratta di una passeggiata sul filo del rasoio.

È stata una rincorsa piuttosto lunga. Tutti te lo chiedevamo da anni, studiosi, estimatori e semplici lettori; tu lo chiedevi a te stesso. Ed ora è arrivato.

Lunga sì, e motivatamente. Intanto, si tratta di andare a raccontare che cos’è il cuore pulsante di Tolkien come subcreatore, e già solo per questo un semplice appassionato come me dovrebbe pensarci sette volte prima di pensarci sette volte. In secondo luogo, la tematica è tutt’altro che chiusa: prima di metà del 2015 scrivere di lingue di Arda ha significato muoversi per speculazioni su un ampio ventaglio di concetti, dato che le note pubblicate ricoprono solo una parte delle nozioni che servirebbero per formulare un manuale di linguistica davvero completo. Quanto meno, le pubblicazioni dello scorso anno hanno gettato luce su argomenti chiave quali il sistema verbale Quenya ed elementi di primaria importanza sulla costruzione delle frasi. Ma già prima di questo, la mole di nozioni da assimilare era corposa. Inoltre bisognava scegliere il taglio dell’esposizione, se puntare a incuriosire gli specialisti o mantenersi più sul generico e sul discorsivo per soddisfare le aspettative di un parco lettori più ampio, altro dilemma che mi ha comportato lunghissime riflessioni senza essere tuttora sicuro di aver dipanato il dubbio. Per inciso, ho puntato sulla seconda ipotesi, sebbene di pubblicazioni di questo tenore ne siano già uscite in passato.

Gli appassionati iniziano a conoscerti nella primavera del movimento tolkieniano italiano, grazie alla nascita di Eldalië e al progetto Ardalambion, di cui sei riferimento. Presto diventi il primo nome in Italia a balzare in mente per discutere le Lingue Elfiche e l’intera costruzione glossopoietica di Tolkien. Dal raffreddamento di quel fervore sono passati 10 anni e più, i compagni di quell’avventura diradatisi o scomparsi del tutto, fino a che siete rimasti in pochi, meno di una manciata oserei dire e ognuno per la propria strada. Quasi un lungo inverno, per parafrasare la storia degli Hobbit.

Uno dei due volumi di Edouard Kloczko, tradotti per Tre Editori. Nella traduzione italiana sono assolutamente datati.
Uno dei due volumi di Edouard Kloczko, tradotti per Tre Editori. Nella traduzione italiana sono assolutamente datati.

In realtà, a occuparci di lingue siamo stati in una manciata scarsa fin dall’inizio – in Italia. E purtroppo gli anni sono quasi diciotto, praticamente ho iniziato in un’altra epoca. Alle nostre latitudini abbiamo sempre scontato la mancanza di studi specifici portati avanti a livello accademico e, per lungo tempo, il riferimento principale in materia è stato rappresentato dai volumi di Kloczko. Ai tempi dei forum, vari cercatori di gloria sono passati per esperti di lingue essenzialmente  per aver copiato e incollato, omettendo rigorosamente la fonte, le pagine del mirror di Ardalambion – spesso senza nemmeno darsi la pena di correggere i refusi, cosa che mi divertiva molto. Ancora oggi, presso gli studiosi italiani, l’argomento linguistico è visto come una nicchia iperspecialistica dedita ad una disciplina molto tecnica, indi rivolta a una minoranza sparuta di interessati. Addirittura vi è anche chi ritiene che questa branca degli studi tolkieniani sia poco più che un aspetto folcloristico, una nota di colore che descrive un aspetto particolare e un po’ bizzarro dell’ambientazione, nonostante varie note autografe del Professore (non sempre prese in tutta la serietà che meriterebbero) puntualizzino esattamente il contrario.

I “sopravvissuti” ricercati come Raminghi e talvolta trattati come un’attrazione esotica a questa o quella fiera del fantastico, del fumetto, del videogioco, forse perfino in alcuni luoghi in cui Tolkien era di casa… Ho come l’impressione che non siano mancate le occasioni di fare buon viso a cattivo gioco. Cos’hai pensato in questi anni? Ti sei chiesto se ne valeva ancora la pena?

Mi sono spesso sorpreso a riflettere su come evitare gli errori commessi a partire dal 2006. Ai tempi vi era stata una vera e propria ondata di interesse che coinvolse in breve tempo un enorme numero di nuovi appassionati, trainati dal fenomeno cinematografico, ma noi “addetti ai lavori” non li abbiamo assolutamente accolti nella maniera opportuna. Il mondo associazionistico era assai lontano da una forma di maturità sufficiente a sviluppare un sistema di collaborazione e di sostegno reciproco – non che oggi le cose siano migliorate, su quel versante, anzi sono stati fatti diversi ampi passi indietro… Le fiere del fantastico sono rimaste l’unico ambiente in crescita nel quale fenomeni come gli appuntamenti dedicati a Tolkien, sebbene presi come fenomeno di costume e del tutto non valorizzati nel loro valore culturale, hanno potuto trovare una certa accoglienza, un modo per sopravvivere. Sono sorte molte più associazioni culturali e gruppi tematici di quelli che ragionevolmente possono ritagliarsi uno spazio di un certo spessore, ma purtroppo la maggior parte non ha rivolto sguardi e sforzi a chi ha continuato a dedicarsi all’approfondimento e a mantenersi aggiornati su nuove pubblicazioni e notizie: una serie di eventi e di conferenze di esordio ha visto come protagonisti gli stessi pionieri di venti anni prima, a volte fermi agli stessi concetti di venti anni prima. In un quadro del genere, la linguistica è rimasta confinata nel campo dei fenomeni di colore un po’ strambi, come si trattasse solo di un espediente per abbellire l’ambientazione narrativa. Non sono affatto sorpreso che oggi vi sia chi chiede di tradurre parole e frasi in “elfico” pensando che esista un dizionario che comprende tutto il lessico immaginabile, o addirittura ci si meraviglia perché non esistono sistemi di traduzione automatica come Google.

E oggi ne vale la pena?

Non solo ne vale la pena, è assolutamente necessario. In primo luogo perché c’è ancora molto da fare e da studiare. All’estero il fenomeno della linguistica tolkieniana è all’attenzione di studiosi con titoli e metodi accademici da svariati lustri e già dieci anni fa si era molto più avanti rispetto all’idea che ne ha la grandissima parte degli appassionati (e forse anche diversi studiosi di altri ambiti, come letterati o esperti di mitologia), ma recentemente, come ho già accennato, sono emerse altre raccolte di appunti e note che hanno permesso di avvicinarsi ad aspetti tecnici della linguistica, soprattutto elfica, su cui finora era stato possibile solamente abbandonarsi a speculazioni e ipotesi. Credo che si debba fare tutto il possibile per creare le condizioni di un salto di qualità anche in Italia, dandosi alla divulgazione ragionata di quanto più possibile relativamente a queste “nuove scoperte”. Il mio sogno nel cassetto è non solo quello di accrescere la consapevolezza dei lettori e appassionati italiani di cosa sia veramente l’aspetto linguistico della Terra-di-Mezzo, ma anche la nascita di un polo di studiosi specializzati: vorrei andare a stanare i linguisti “veri”, quelli che vengono dal corso di laurea e che magari l’hanno iniziato proprio perché affascinati dal modo in cui sono state ricostruite le lingue degli Elfi. Un sogno che continuo a cercare di realizzare in tutti i modi, ivi compreso anche uno o più libri scritti di mio pugno, se necessario.

Gli studenti del Corso di Bologna.
Gli studenti del Corso di Bologna, stipati per la prima lezione.

Questo sogno di recente sembra aver ripreso vigore. Abbiamo ancora negli occhi le … quante? 130 persone accorse in massa a Bologna da Teramo a Vicenza (e stipate in un’aula idonea per 50) per la prima lezione del tuo corso nello scorso gennaio, il primo vero e proprio dedicato alla glossopoietica di J.R.R. Tolkien in Italia. Di ogni età, di ogni estrazione formativa. Cos’è successo nell’ultimo periodo e come ha inciso sulle tue aspirazioni?

Le centotrenta presenze del corso di Bologna, unità più unità meno, sono figlie di un evento più unico che raro tra gruppi e associazioni tolkieniane: una collaborazione attorno a un progetto culturale. La nascita dello smial Overhill a Bologna, primo vero gruppo organizzato di appassionati dopo troppi anni dalla scomparsa della famiglia STI dei Giardinieri del Colle, ha dato un insostituibile impulso all’ideazione di iniziative sul territorio della mia città, che prima d’ora non mi era mai stata possibile. La chiave di volta per fare cose belle assieme, quelle che un burocrate o un commerciale chiamerebbe “iniziative di successo”, è la presenza di un nucleo territoriale attivo e il supporto di alcune testate online che abbiano un seguito consistente. Purtroppo, quello che negli anni mi è quasi sempre capitato, è che quando ho portato proposte di collaborazione per avviare iniziative a tema la prima reazione di tutti è stata domandarsi a cosa avrebbero dovuto rinunciare per collaborare al progetto, mentre invece la domanda sensata era l’opposta: che vantaggi mi può portare un’opportunità di allargare conoscenze e contatti per un lavoro che mi può portare gratificazione nel fare qualcosa di bello e visibilità presso un pubblico che altrimenti non raggiungerei? Quando in Italia altri faranno questo salto di qualità, potremo cominciare non solo a guardare all’estero senza invidia, ma ad essere a nostra volta invidiati. Spero che prima o poi qualcuno dalle nostre parti lo voglia davvero – ma siamo pur sempre nel paese del tripudio dei campanili.

Tolkien era convinto che le sue lingue inventate potessero addirittura comunicare il significato di una canzone, di un adagio a chi li leggeva o ascoltava senza fornirne la traduzione. Una delle tante declinazioni della sua “eresia linguistica”, come amava chiamarla. Tanta partecipazione è una conferma di quanto tu sostieni da tempo (che parlare di Lingue Elfiche significa andare al cuore dell’opera tolkieniana e perciò viene intuita come esigenza dagli appassionati) e implicitamente della convinzione di Tolkien? O è proprio un argomento a supporto di chi sostiene che sia un fenomeno di mera tendenza, amplificato da un percezione superficiale, dalle trasposizioni cinematografiche, dai gusti di certe subculture massmediali che hanno ormai smesso di essere una nicchia?

Non so dirti se veramente tutti color che si accostano alle lingue ne colgano la portata nei termini che tu sottolinei, ma sono pressoché sicuro che tutti ne colgano la bellezza. A riconoscere che il Quenya somiglia al finlandese e che il Sindarin somiglia al gallese sono molti di più di quelli che mi sarei aspettato prima di gettarmi in pasto al pubblico, sia online che di persona. Credo che chiunque abbia un minimo di sensibilità in tal senso, e secondo me sono in numero assai maggiore di quel che si riterrebbe, intuisca già da poche frasi (sia dai libri che dai film) che le lingue elfiche sono “creazioni usabili” almeno in parte, restandone affascinato e con un desiderio inconscio di saperne di più. Per scoprire poi la tanto decantata “centralità” delle lingue nell’opera tolkieniana bisogna darsi però a una serie di letture e di scoperte che vanno oltre la sola lettura o visione, bisogna dar retta e ascolto a quei pazzi come noi che si dannano per trasmetterne qualche nozione.

L’interesse recentemente (soprattutto in Italia, registriamo) è aumentato sensibilmente e ha coinvolto non solo soggetti associativi e strutturati come le collaborazioni che hanno portato al tuo corso, ma anche singoli: sono comparsi perfino degli ebook dedicati alle Lingue Elfiche. In un primo momento abbiamo salutato con favore i nuovi ingressi nel panorama, poi però sono sorti dubbi sia sui contenuti che sulle finalità delle nuove operazioni. Il tuo libro segna un cambio di passo.

Non sai quanto lo spero. O meglio, è già tanto se gli apprezzamenti saranno uno in più delle critiche. Quanto ai singoli, non posso proprio dire nulla. Non perché non voglia o perché sia preso da sentimenti di rivalsa nei confronti di una fantomatica concorrenza, quasi fossi un professore francese, ma perché questi singoli sono voluti rimanere dei cani sciolti. Come se l’affermarsi quale esperto di lingue di Arda possa dare chissà quale fama o ricchezza e sia pertanto un traguardo da raggiungere individualmente, bruciando sul tempo ogni altro concorrente. Io penso che unire le conoscenze e formare una sorta di centro studi linguistici andrebbe a giovamento di tutti e potrebbe portare a dei risultati di livello assoluto. Vogliano i Valar che prima o poi anche qualche altro esimio abbia l’ardire di pensarlo, chissà.

Andiamo allora al nocciolo della questione, il libro. Apprendiamo che si tratta di un primo volume e questo aumenta la nostra curiosità. Del suo taglio hai già parlato e così della necessità di attendere per dargli una forma solida. Ora ci devi dire di più sui contenuti e su quale sia l’obiettivo, se cioè si tratta di un’introduzione, di una trattazione onnicomprensiva e se prosegue il tuo lavoro dedicato ad una didattica delle Lingue degli Elfi.

Introduzione è la definizione più appropriata a quel che ho in mente. Mi preme dare una panoramica più ampia possibile di cosa sono le lingue di Arda, cosa rappresentano per l’autore e per l’opera in cui sono inserite, qual è il metodo attraverso il quale sono state concepite, qualcosa della loro struttura e un po’ di prospettive in fatto di studi ulteriori da ipotizzare e portare avanti. Come prima pubblicazione (seppure in due parti, per questioni squisitamente pratiche) mi sono posto l’obiettivo di presentare il punto della situazione della linguistica tolkieniana – dove siamo giunti, come ci siamo arrivati e dove potremmo arrivare tra non molto e in prospettiva: questo primo volume è focalizzato sulla storia interna delle lingue, che ho raccontato nel loro sviluppo dentro la Terra-di-Mezzo dal risveglio degli Elfi fino alla Quarta Era con una raccolta della maggior parte dei brani disponibili nelle opere del Professore, mentre nel prossimo metterò elementi di grammatica delle lingue elfiche principali e altre informazioni e curiosità sugli studi specifici e le loro problematiche. Metto le mani avanti affermando che questa scelta, oltre che per curare meglio taluni aspetti della seconda parte, è motivata anche dal voler dare una scelta ai lettori, che possono scegliere se procurarsi anche qualche pagina sulla storia delle lingue (e dei popoli) o se passare direttamente alla parte più “ruvida” e poi, eventualmente, pentirsi solo in un secondo momento di aver saltato la parte che avrebbe permesso loro di contestualizzare tutta una serie di concetti!

L
L’ultimo numero di Parma Eldalamberon, una delle riviste su cui vengono pubblicati i manoscritti di Tolkien sull’invenzione linguistica.

Mi pare di capire che il lavoro pregresso con Ardalambion non parte del testo, ma che tu ne abbia conservato l’approccio, mantenendo il confronto con il dibattito internazionale. Il libro si rifarà direttamente ai manoscritti pubblicati di Tolkien senza intermediazione, dunque?

Mi rifaccio ai testi tolkieniani, opere narrative e soprattutto scritti postumi usciti nelle riviste tematiche statunitensi, ma mi avvalgo anche delle auctoritates che hanno scritto sull’argomento, riportandone le conclusioni laddove siano di aiuto nel presentare un concetto – cosa che accade in realtà piuttosto spesso. Credo che rendere tributi agli studiosi più capaci e quotati sia doveroso, oltre che indispensabile per dare compiutezza a una trattazione. Però l’attenzione deve essere costantemente puntata su ciò che uscì dalla penna e dal genio di Tolkien, anzi dei Tolkien. Christopher non sarà mai ringraziato abbastanza per tutto ciò che ci ha donato riguardo al capolavoro di suo padre. Se mai avrò un rimpianto nella vita, sarà non avergli mai potuto rivolgere queste parole di persona.

Per chiudere, hai già fatto i ringraziamenti di rito ma voglio comunque strattonarti un po’. So che ci sono alcune persone che in tutti questi anni sono stati al tuo fianco senza sosta fino a che il tuo sogno è diventato anche un po’ loro, altri che l’hanno accompagnato invece da più lontano. Hai detto prima, tu vorresti che sempre più persone arrivino a condividerlo. In questo senso, oltre ai ringraziamenti, vorresti rivolgere un appello a tutti o qualcuno in particolare per continuare a discutere insieme il cuore dell’opera di Tolkien dalla prospettiva che il tuo libro suggerisce?

Appello forse è una parola un po’ impegnativa. Invito mi piace di più. I miei recapiti, tutti, sono pubblici e mi auguro che ci sarà qualcuno che vorrà farne uso – e spero che non sia solo per apprezzamenti e complimenti, ma anche e soprattutto per farmi presente dove sarò stato lacunoso e non efficace. E, possibilmente, che mi accompagni sulla via di uno studio serio, continuativo e metodico, fatto davvero per bene e non solo con le mie limitate conoscenze. Allora avrei raggiunto davvero l’obiettivo massimo.

Gianluca risponde
Gianluca risponde ad alcune domande dei suoi studenti a conclusione di una lezione del suo corso.

Non ci resta che aspettare di avere sotto mano il primo volume per gettarci nella lettura e poi attendere il secondo, in arrivo a gennaio: La grammatica delle principali lingue elfiche di Arda. Poi sarà la volta del corso, che ripartirà almeno in una sede.

 

SEGUI TUTTI GLI AGGIORNAMENTI SU FB
tutti i riferimenti oltre alla nostra pagina, che trovate nella colonna di destra

 il profilo dell’autore

La pagina di Eldalië

e quella del libro

VAI ALLA PAGINA DEL CORSO >>

Le lingue degli elfi della Terra di Mezzo. Vol.1
storia e sviluppo delle lingue elfiche di Arda
Gianluca Comastri

Editore: L’Arco e la Corte
Collana: Le vie dell’anello
Anno edizione: 2016
Pagine: 248 p. , Brossura
EAN: 9788890954993

Aquistalo su IBS.it

Altri articoli