Gli orchetti e la composizione ontologica

di Diego Klautau


Una delle cose più interessanti quando si studia Tolkien è il modo in cui la sua letteratura fantastica ci porta a scoprire alcuni tesori filosofici e teologici. Ad esempio, è possibile indagare come gli orchetti possano aiutarci a comprendere l’ente (ens) come struttura ontologica di base in San Tommaso d’Aquino, soprattutto nella sua composizione fatta da essenza (essentia) ed essere (esse).

Come sappiamo, Tolkien postulò che la sub-creazione letteraria non dovesse essere solo un’allegoria, una semplice trasposizione di contenuti oggettivi in nuove vesti dirette, come il famoso esempio del suo grande amico C.S. Lewis, che fece Aslan, il leone, come Gesù Cristo. Per questo motivo, Tolkien fu molto turbato quando identificarono l’Unico Anello esclusivamente come la bomba atomica, o Sauron come Hitler. Allo stesso tempo, Tolkien amava costruire la sua fantasia combinando diverse qualità da diverse fonti, bibliche, nordiche, celtiche o greche, configurando enti immaginari unici, ma che, allo stesso tempo, partecipavano a forme universali, virtù o caratteristiche di altri enti materiali, immaginari o spirituali.

Un esempio di questo sono i Valar. Sono comunemente associati dai cristiani agli angeli, mentre gli ammiratori di altre mitologie li identificano come gli dei dei vari pantheon politeisti, come quello germanico, greco, egizio o celtico. In realtà, non rientrano direttamente nella categoria degli angeli né delle divinità del politeismo abitualmente conosciute. Lo stesso Tolkien si riferisce alle loro caratteristiche come a quelle dei poteri angelici e quanto a quelle degli dei di stampo pagano. Quindi, non sono mere allegorie dell’uno o dell’altro. Sono esseri immaginari unici, sebbene condividano forme accidentali ed essenziali con angeli e divinità mitologiche.

Infatti, sono soggetti a un unico Dio creatore, fonte di ogni essere, materia e forma, riconosciuto da tutti come Colui che concede l’esistenza per pura bontà e volontà. Questo è estraneo al politeismo, proprio perché Eru non è solo un demiurgo, un artigiano divino che opera in forme contemplate e materiale disponibile, entrambe non create da lui, come nella narrazione della creazione del mondo nel dialogo platonico di Timeo.

D’altra parte, i Valar non sono solo passivi verso Eru e contemplatori della Creazione Divina, come gli angeli della teologia cristiana, ma partecipano attivamente alla sua concezione, elaborando nuove forme, manipolando le strutture del cosmo e operando nella realtà in un modo che nessun angelo biblico, neppure lontanamente, può agire. In questo senso, essi stessi hanno certi poteri demiurgici come nel mito platonico. Quindi, per comprendere la natura dei Valar, dobbiamo fare l’esercizio immaginario di integrare in maniera analoga gli angeli biblici, gli dei pagani e il demiurgo del mito filosofico di Platone.

Un’altra caratteristica essenziale dei Valar è la loro connessione con il mondo fisico. Per loro scelta, sono legati al mondo materiale fino alla fine, privati della loro memoria completa e dell’intera conoscenza che avevano quando erano tra gli Ainur, nel mondo spirituale e nella mente di Eru. In questo modo assumono forme corporee, siano esse figure umane, animali o elementi naturali, come l’acqua, il fuoco, l’aria e la terra. Per quanto riguarda i poteri demiurgici dei Valar, possono essere chiamati sub-creativi, poiché hanno contribuito alla configurazione stessa di Arda e dell’Universo, quando hanno cantato la grande canzone proposta da Eru e contemplato la grande Visione da lui offerta, il risultato dei suoi pensieri e disegni, con una libertà anche di particolare contributo alla Creazione di Eru.

Tra questi contributi, c’è la sub-creazione di essenze proprie, che apparentemente non erano nella volontà originale di Eru. Qualcosa di molto distante da ciò che un angelo cristiano potrebbe concepire. In questo senso, Jonathan McIntosh, nel suo libro The Flame Imperishable: Tolkien, St. Thomas and the Metaphysics of Faërie, afferma che i Valar sono per gli angeli come gli elfi per gli umani, in un posto diverso nella grande catena dell’essere. Così come gli elfi si trovano in una propria posizione tra gli uomini e gli angeli, i Valar si trovano in quello specifico in mezzo tra gli angeli e Dio.

Alcuni concetti metafisici

Qui vale la pena soffermarsi su alcune definizioni metafisiche, ovvero lo studio dell’essere nella sua completezza. In questa tradizione, il nome dato in termini generali per ogni cosa o individuo materiale, logico, immaginario o spirituale è ente (ens), che significa ciò che è, che esiste nel senso che è qualcosa. Ora, ogni entità ha un’essenza (essentia), cioè la sua struttura intelligibile che forma la sua realtà individuale, condivisa da altri del suo genere, cioè la sua universalità. Oltre all’essenza, l’ente è formato anche dall’essere (esse), di cui parleremo più avanti. Quindi, la composizione ontologica di ogni entità è l’essenza più l’atto di essere.

Nel caso degli uomini, l’essenza condiziona e guida la costituzione congiunta sia della dimensione corporale e materiale, sia della dimensione razionale e spirituale. Tutti gli uomini hanno la stessa essenza e, a grosso modo, possiamo anche usare la parola natura, che si individua nella sua formazione concreta, stabilendo il suo essere singolare. Questa configurazione che definisce le possibilità strutturali interne di una classe di un’ente è chiamata essenza. Il libro di San Tommaso, L’ente e l’essenza, sviluppa queste idee in modo sistematico con il suo solito rigore.

Il potere sub-creativo dei Valar è simile al caso in cui un angelo potesse sub-creare un’essenza (essentia) di enti (ens) che non sono nati dalla volontà originale di Eru, il che non significa necessariamente che non fossero previsti. Allo stesso modo, tali essenze sub-create dovrebbero ancora obbedire ai primi principi dell’ordine cosmico stabilito da Eru. Analogamente, sarebbe come se alcuni angeli potessero formare le essenze di enti senzienti o anche intelligenti. Ciò non significa, tuttavia, che nel mondo di Tolkien i Valar partecipino dell’essenza o natura di Dio, in quanto sono enti che hanno una propria essenza, essendo creature in modo assoluto, anche se con poteri maggiori rispetto ai cori degli angeli medievali. Il fatto che possano sub-creare essenze non implica la partecipazione della natura di Eru.

Ora, sebbene questo potere sub-creativo sia molto al di là di ciò che la Bibbia o la teologia permette agli angeli di concepire, è abbastanza comune per gli dei politeisti creare i propri popoli e adoratori, come nella catena ontologica degenerativa della mitologia greca, dove i titani sono prima prima i padri degli dei e poi creano gli uomini, o come il racconto della creazione degli uomini da parte degli dèi nordici, che erano fatti di legno, anche se non erano stati fatti dagli dèi stessi. Tuttavia, a differenza degli dèi di questi pantheon, i Valar non potevano far sì che queste essenze fossero (esse) completamente, poiché solo Eru poteva concedere che queste essenze potessero effettivamente diventare enti reali, sostanze che sarebbero individuali in se stesse.

È proprio l’esclusività nel conferire l’atto di essere (actus essendi) in modo puro che unisce Eru al Dio biblico, secondo la metafisica di San Tommaso d’Aquino. Secondo il Maestro della Scolastica, la composizione ontologica di un’ente (ens), una sostanza individuale che effettivamente esiste, è duplice: essenza (essentia) più essere (esse). L’essenza si realizza veramente solo quando si unisce a ciò che chiamiamo l’atto di essere, l’attributo che assicura che questa essenza non sia solo una virtualità. È questa stessa qualità che differenzia il Dio biblico dai poteri demiurgici descritti da Platone, perché l’artigiano cosmico descritto dal mito filosofico configura solo una materia indeterminata, increata, basata su modelli ideali eterni che lui stesso contempla. La creazione ex nihilo, dal nulla, che include la creazione sia della materia che delle forme, è una qualità del monoteismo biblico.

In questo senso, nel mondo di Tolkien solo Dio/Eru può concedere l’essere (esse) a enti (ens) concreti, senzienti e intelligenti, realizzandoli come singole sostanze che hanno un’anima, libertà, coscienza e volontà. Tali creature hanno l’essere, nella partecipazione (participatio) di Dio/Eru, perché solo lui è l’essere stesso per sé sussistente (ipsum esse subsistens), condizionando e sostenendo tutti gli altri esseri assolutamente dipendenti da lui. Così, come abbiamo detto prima, nessuna creatura, nemmeno i Valar, partecipa dell’essenza divina, ma tutte le creature, anche i Valar, esistono solo perché partecipano dell’atto puro di essere, che sussiste per sé (ipsum esse sussiste), cioè Dio/Eru stesso. Questo principio di partecipazione dell’essere di Dio è del tutto estraneo a qualsiasi mitologia politeista, essendo la caratteristica propria e distintiva del monoteismo.

È come se gli dèi politeisti potessero concepire solo virtualmente la forma delle loro sub-creazioni senzienti e intelligenti e, quando dovevano materializzarle nel legno, seguendo l’esempio dei norvegesi, mancasse qualcosa, il loro spirito, la loro volontà, il loro cuore. Sarebbero come automi, statue di pietra, carne o piante, animate solo dalla volontà dei loro sub-creatori. Quell’attributo unico di Eru, (actus essendi), è la Fiamma Imperitura o il Fuoco Segreto a cui si riferisce il Silmarillion, che Melkor tanto invidiava, ma che era con lo stesso Eru.

(segue a p. 2)