Il femminile in Tolkien /2

di Cristina Casagrande


«Maschio e femmina li creò»

L’Ainulindalë, che significa “La musica degli Ainur” in elfico, è un racconto ne Il Silmarillion, che formula una proposta mitologica sulla creazione del mondo. Si racconta che gli Ainur, spiriti puri somiglianti a quelli che nel cristianesimo vengono definiti angeli, dopo tre tentativi intonarono un canto che creò il mondo materiale. Questo canto consisteva nell’interpretazione che essi avevano del pensiero di Eru, l’unico, il Dio Creatore.

Anna Kuliszl, Ainulindalë

Alcuni di questi Ainur scesero dal mondo soprannaturale al mondo naturale e andarono ad abitare in Arda, che sarebbe il nostro pianeta all’interno di quell’universo mitico. Essi sarebbero i Valar (con più potere) e i Maiar (con meno potere).

Essendo primordialmente spiriti puri, i Valar, così come i Maiar, potevano assumere diverse forme fisiche entrando in contatto con il mondo materiale, e andare nudi o vestiti. Ma dal principio il narratore fa capire che il genere a cui appartengono, siano essi Valar o Maiar, è anteriore al loro corpo, perché deriva dalla loro costituzione1:

«Ma allorché desiderano vestirsi, i Valar assumono forme, alcuni di maschi e altri di femmine; che tale differenza di costituzione l’avevano fin dall’inizio, ed essa è incorporata nella scelta di ciascuno di essi, non già frutto della scelta stessa, così come tra noi il maschio e la femmina possono essere rivelati dagli indumenti, non però da questi fatti

J.R.R. Tolkien, Il Silmarillion, Ainulindalë, sottolineatura mia

Così i Valar si vestivano in accordo con una predisposizione, che il narratore chiama di “costituzione” antecedente alle vesti. Queste sarebbero una manifestazione delle personalità inerenti ai loro corpi.2 Ossia Melkor, l’Ainu piu forte che portò la dissonanza nella musica degli Ainur, per esempio, già aveva una personalità maschile prima di possederne le vesti. Varda, la Regina dei Valar, portava la femminilità nel suo carattere, anche prima di assumere una forma fisica e gli abiti3.

Essendo spiriti puri, avevano intelligenza e volontà più forti e ferme di qualsiasi elfo o uomo, e così gli Ainur servivano come modello a tutti gli esseri creati da Eru Ilùvatar. Così, si comprende che, nella visione del cosmo di Tolkien, l’identità sessuale è sottomessa al genere, ossia, nella personalità impressa nell’anima dell’essere, all’interno del mondo materiale.

Questo non significa che i personaggi maschili abbiano solo attributi virili e che quelli femminili non abbiano tracce virili nella propria personalità: se così fosse, non sarebbero esseri personali ma tipi. In linguaggio letterario sarebbero personaggi piatti e non tridimensionali4. Esiste però una preponderanza di un essere maschile e un essere femminile nelle loro complessità. Vedremo più avanti alcuni casi specifici che esemplificano meglio la questione.

Nella lettera diretta a suo figlio Michael, già citata nella parte precedente dell’articolo, dove si tratta della relazione tra uomo e donna, Tolkien lascia intravedere un po’ della sua visione circa l’essere maschile e femminile. Estrapoleremo alcune parti della lettere e tenteremo di correlarli con alcuni passaggi del suo legendarium. Dobbiamo prestare attenzione a tre punti particolari: Chi scrive (Tolkien, basandosi sulle sue esperienze e la sua visione del mondo fino ad allora), a chi sono destinate le sue parole (suo figlio Michael, il secondogenito ) e l’epoca in cui fu scritta la lettera (marzo 1941).

Fotografia della famiglia Tolkien. Il giovane al centro è il secondogenito Michael Hilary Reuel Tolkien

Insieme a questi aspetti da tenere in considerazione si somma l’intento della lettera, specialmente se ci focalizziamo sul secondo punto, a chi è scritta la lettera. Tolkien, essendo un padre affettuoso, conosceva molto bene i suoi figli e aveva le sue ragioni per scrivere al figlio Michael a proposito di quella tematica. Non a caso, Michael conobbe e sposò Joan Audrey Griffith, nello stesso anno in cui ricevette quella lettera. Era il primo figlio di Tolkien che si sposava, in quanto John, il primogenito, divenne sacerdote e Christopher e Priscilla erano ancora molto giovani, avendo rispettivamente 15 e 12 anni.

La parte di lettera che analizzeremo per prima è quella in cui Tolkien segna lo squilibrio tra uomo e donna dopo il peccato originale.

«I rapporti di un uomo con le donne possono essere puramente fisici ( in realtà non è possibile, ovviamente ma intendo che egli può rifiutare di prendere in considerazione altri aspetti, con grave pregiudizio dell’anima e del corpo, per sé e per loro. (…) Questo è un mondo caduto. La spostamento dell’istinto sessuale è uno dei principali sintomi della Caduta.»

J.R.R. Tolkien, Lettere 1914/1973 , Bompiani 2018, p. 78, Lettera 43

Il primo punto che richiama l’attenzione è che Tolkien considera la relazione tra uomo e donna come qualcosa che va oltre la questione fisica, o principalmente spirituale; il secondo è che la sessualità per lui come cristiano, fu corrotta dal peccato originale (la caduta). Per lui, seguendo gli insegnamenti dottrinali della Chiesa Cattolica, uomo e donna persero i propri doni preternaturali dopo aver commesso il peccato originale. Questo significa che la sua intelligenza e la sua volontà sarebbero rimasti atrofizzati, lo spirito avrebbe dovuto lottare per dimostrare che non sarebbe stato sottomesso alla carne, nonostante l’esistenza di certe conseguenze più puntuali come la stanchezza nel lavoro e il dolore del parto, tra le altre.

Ricorrendo alla narrativa biblica vediamo come viene descritto il momento della “Caduta”:

«Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò.»

Genesi 3, 6

In accordo con i teologi cristiani il peccato originale sarebbe specificamente la superbia. Un indizio che sia proprio la superbia lo abbiamo quando Eva pensa che il frutto sia «desiderabile per acquistare saggezza». Tuttavia, l’essere adeguato per acquistare saggezza non configurerebbe un male in sé e non basterebbe per essere caratterizzato come superbia, a meno che non fosse proibito, e così è stato.

Ma se cerchiamo un po’ prima del passo sopracitato vedremo il dialogo tra il serpente e la donna. L’animale strisciante rimprovera Eva quando dice che l’albero in mezzo al giardino, a eccezione di tutti gli altri alberi, era proibito, perché secondo quanto diceva Dio, chi avrebbe mangiato da quell’albero sarebbe morto. Al contrario, stando a quanto dice il serpente, non morirebbero e la persona divina avrebbe detto così solo per non fargli sapere che sarebbero divenuti come dèi se avessero mangiato il frutto e avrebbero potuto distinguere il bene dal male. La volontà di potere e di essere come dèi è quello che tenta Adamo ed Eva.

Il nome del peccato, superbia, confermato dalla disobbedienza e la volontà di prendere il posto di Dio, porta i teologi a pensare ai motivi di Eva per accettare di mangiare il frutto. Il testo ci dà un’altra pista: il frutto era buono da mangiare – in accordo con la persuasione del serpente – e di gradevole aspetto, cosa che lei notò con i suoi stessi occhi. Attirati dall’apparenza del frutto e dalle promesse che lo esso offriva, mancò la fiducia nel Creatore, in quanto era sua richiesta quella di non mangiare tale frutto e rimase così il timore dell’uomo e delle donna nei confronti di Dio.

Il testo ci porta a una serie di studi teologici che non sono obiettivo della nostra analisi, che è invece quello di osservare gli strati più profondi che sostengono la visione di Tolkien sulla donna e conseguentemente sull’uomo e l’umanità tutta. Richiama all’attenzione il fatto che il serpente vada prima dalla donna per convincerla e non dall’uomo.

Santa Teresa Benedetta della Croce (1891-1942), al secolo Edith Stein, monaca cristiana, filosofa e mistica tedesca

Edith Stein nei suoi studi sulle donne5, solleva l’ipotesi che quello che portò Eva a sentirsi tentata a consumare il frutto proibito, doveva essere qualcosa di strettamente correlato alla natura femminile: la maternità. Questa, per la filosofa, è divisa in due aspetti: il naturale e il soprannaturale. Il naturale sarebbe associato alla procreazione propriamente detta e alla creazione, come le attenzioni alla salute e al nutrimento. La maternità soprannaturale sarebbe presente in ogni donna – anche nelle vergini consacrate – e sarebbe legata all’educazione, alla cura affettiva6 e spirituale, alla promozione della vita di grazia. Per Stein, ciò che è peculiare di una donna è, quindi, il suo aspetto formativo, quello di saper lasciare che l’altro diventi ciò che dovrebbe essere.

In accordo con la narrativa cristiana la donna è colei che apre le porte per il peccato e allo stesso tempo per la salvezza. Secoli e secoli dopo l’avvento della Caduta, sorge un’altra donna che vince il male proprio tramite la maternità : Maria diverrà la madre di Cristo, Colui che salverà l’umanità.

Berthold Furtmeyr, L’Albero della Morte e della Vita, XV secolo, miniatura nel Messale di Bernard von Rohr, arcivescovo di Salisburgo.
«O Donna gloriosa, / alta sopra le stelle, […] la gioia che Eva ci tolse / ci rendi nel tuo Figlio»

(segue a p. 2)


Note:

1 In lingua originale Tolkien usa la parola “temper”, temperamento, quindi la “costituzione” a cui ci si riferisce ne Il SIlmarillion è una costituzione caratteriale. N.d.T.

2 E’ importante risaltare che questo è possibile con gli Ainur che vennero nel mondo materiale, ossia Valar e Maiar, perchè prima della forma materiale non è possibile parlare di genere o sesso.

3 Un fatto curioso è che quando osserviamo l’araldica che Tolkien usò per “costruire” Melian la Maia possiamo notare che nonostante avesse una costituzione femminile e che quando arrivò sulla Terra di Mezzo assunse un corpo femminile, probabilmente lo stesso che assunse in Aman, la sua araldica appunto, disegnata da Tolkien, contiene elementi maschili nonostante la preponderanza di quelli femminili. Dentro un cerchio che la indica come femmina compare un rombo, normalmente usato per indicare stemmi maschili. Questo perché la sua natura è quella di uno spirito puro e nonostante ella assuma forme femminili, potrebbe o avrebbe potuto assumerne anche maschili, se avesse voluto o se ne avesse avuto bisogno. Tuttavia, non c’è alcuna documentazione in merito. Vedi immagine a fianco

4 Cfr.: E. M. Forster, Aspetti del romanzo, Garzanti 2018

5 Cfr.: E. Stein, La donna. Il suo compito secondo la natura e la grazia, Città Nuova, 2018

6 Per la pensatrice, il centro dell’anima femminile è l’affettività.