La caduta di Númenor Parte 6: L’ombra cade su Númenor

di Giuseppe Sommaiuolo


Mentre la Terra di Mezzo veniva nuovamente sconvolta dalla guerra, questa volta a causa di Sauron, su Númenor calava una cortina d’oscurità che avrebbe continuato ad infittirsi per i secoli a venire. I Dúnedain, infatti, arrivati quasi al culmine del loro splendore già all’epoca di Tar-Ciryatan (1869-2029 S.E.), avevano ormai sperimentato il potere, maturando nel corso degli anni un morboso attaccamento alla vita e ai beni materiali. Le loro navi non conoscevano confini, e la loro autorità ad oriente era incontrovertibile. Gli uomini dell’ovest, così definiti dalle popolazioni amiche degli elfi dell’Eregion, attendevano con ansia i loro vascelli, che fin dai tempi di Aldarion attraversavano il mare portando doni e conoscenza. Tuttavia ben presto quelle stesse navi che una volta venivano accolte con gioia dagli autoctoni, presero a giungere solo per far scorta di metalli e pietre preziose che sarebbero serviti a costruire imponenti monumenti funerari per i grandi re di Númenor. La benedizione dei Valar incominciava a sfumare, e l’aspettativa di vita dei discendenti della casa di Elros diminuì drasticamente. 

Quando Tar-Atanamir (2029-2221 S.E.), figlio di Tar-Ciryatan ascese al potere dopo la dipartita del padre, il seme dell’insofferenza nei confronti dei Valar aveva già iniziato a germogliare, e per la prima volta egli parlò apertamente contro di essi:

“Perché i Signori dell’Ovest se ne stanno in pace sempiterna, mentre noi dobbiamo morire e andare non sappiamo dove, lasciando le nostre case e tutto ciò che abbiamo fatto? Gli Eldar invece non muoiono, neppure coloro che si sono ribellati ai Signori. E visto che abbiamo dominato tutti i mari, e che nessuna distesa d’acqua è così selvaggia o ampia che le nostre navi non possano superarla, perché non dovremmo andare ad Avallónë, a salutare i nostri amici?” 

E ve ne furono che dissero: 

“Perché non dovremmo andare addirittura fino ad Aman e gustarvi, fosse pure per un giorno solo, la felicità delle Potenze? Forse che non siamo cresciuti in forza tra i popoli di Arda?”1 

A quel punto gli Eldar riportarono quelle parole ai Valar, e Manwë se ne dispiacque molto. Inviò dei messaggeri a Númenor, che parlarono con tono grave al re e a quanti volessero ascoltare:

“La Sorte del Mondo” dissero “può essere cambiata da Uno soltanto, colui che l’ha decretata. E se voi faceste viaggio siffatto e, sfuggendo a tutti gli inganni e irretimenti, giungeste davvero in Aman, il Reame Beato, punto o poco profitto ne ricavereste. Non è infatti la terra di Manwë a renderne le genti immortali, ma sono gli Immortali che vi dimorano ad aver santificato la terra; e in essa voialtri decadreste e vi sfinireste ancor prima, quali farfalle a una luce troppo forte e cruda.”2

Ma Tar-Atanamir prestò poca attenzione a quelle parole, così come la maggior parte della sua gente. Continuò a desiderare di sfuggire alla morte piuttosto che attenderla impotente. Per questa ragione venne definito “il riluttante”, in quanto fu il primo re dei Dúnedain ad aggrapparsi alla vita aldilà del termine di ogni gioia, negando così la regalità al figlio, che a quei tempi era nella pienezza delle sue forze.

Quando finalmente Tar-Ancalimon (2221-2386 S.E.), figlio di Tar-Atanamir divenne re, il popolo era ormai diviso: da un lato vi erano gli Uomini del Re, la fazione più numerosa, i quali, proprio come il loro monarca, si dichiararono apertamente nemici dei Valar e degli Eldar; dall’altro, vi erano i cosiddetti Elendili, che benché continuassero a rimanere fedeli alla casa di Elros, non rinnegarono mai la loro amicizia con gli elfi.

I primi cominciarono a vivere nello sfarzo, ostentando la più sfrenata opulenza, ripudiando il creatore e lasciando deserta la cima del Meneltarma, dove un tempo i re si recavano in processione tre volte l’anno per prestare tributo a Ilúvatar e alle Potenze. Disconobbero le lingue elfiche, smettendo di parlarle nelle loro case e di insegnarle ai loro figli. 

Nell’anno 2899, quando Tar-Herunúmen salì al potere come ventesimo re di Númenor, prese il nome di Ar-Adûnakhôr, “Signore dell’Ovest” in adunaico, e bandì definitivamente il Quenya e il Sindarin. Gli Elendili erano ora perseguitati apertamente dal nuovo re, che li disprezzava quasi quanto disprezzava i Valar. Ben presto le navi smisero di giungere dal porto di Eressëa, e gli elfi non misero più piede sulle coste di quell’isola ormai perduta, se non di rado e in gran segreto.

Per oltre due secoli e mezzo le persecuzioni nei confronti degli Elendili si perpetrarono senza sosta, in maniera sempre più violenta e spietata, e furono in molti coloro che, temendo per la propria vita, salparono alla volta della Terra di Mezzo in cerca di asilo presso i domini di Gil-galad. 

Quando nel 3175 (S.E.) Ar-Inziladûn divenne re, fece il possibile per riparare i torti dei suoi predecessori. Cambiò il suo nome in Tar-Palantir nel rispetto dell’antica tradizione adunaica, e agli Elendili fu finalmente concessa un po’ di pace. Ricominciò inoltre a recarsi sulla cima del Meneltarma, ormai abbandonata dai tempi di Ar-Gimilzôr, per offrire le sue preghiere ad Eru sperando nel suo perdono. Ma era troppo tardi: i cuori dei Númenoreani erano ormai corrotti e rigonfi di astio, e la loro coscienza guasta a causa delle atrocità che avevano commesso contro i loro stessi fratelli. Con la morte di Tar-Palantir, Pharazôn, suo nipote, prese in sposa la cugina Míriel3 contro la sua volontà, sottraendole lo scettro e autoproclamandosi re con il nome di Ar-Pharazôn (3117-3319 S.E.)4, venticinquesimo monarca di Númenor. Non ve ne sarebbero stati altri.


  1.  Il Silmarillion, J.R.R. Tolkien, Rusconi, 1978, Milano, p. 238. ↩︎
  2.  Ivi, p.239. ↩︎
  3.  Míriel era la figlia di Tar-Palantir, legittima erede al trono di Númenor. ↩︎
  4.  Nonostante vi fosse una legge che impedisse il matrimonio tra due cugini di primo o secondo grado. ↩︎
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Giuseppe Sommaiuolo. Nato e cresciuto a Napoli, tra partite di calcetto nel rione e notti brave in sala giochi, manifesta ben presto un senso di insofferenza che riesce ad appagare solo mediante lo studio della letteratura. Si avvicina alle opere di Tolkien grazie alla trilogia cinematografica di Peter Jackson, trascorrendo così gli anni delle scuole superiori e dell'università ad approfondire le opere principali del beneamato professore. Grandissimo appassionato di musica rock ed heavy metal, nonché di quasi ogni forma d'arte esistente, risiede attualmente in Spagna, determinato a trovare il suo posto nel mondo a suon di tapas.