Isildur e il diritto germanico

Spranga. Baruffa. Guidrigildo.

di Emanuele Cappella


Gli amanti della storia e del professore Barbero l’avranno già intuito: il sottotitolo riporta tre dei molti termini italiani che derivano dal Longobardo. Molti fan di Tolkien avranno anche collegato l’ultima delle parole, guidrigildo appunto, ad alcuni eventi del Legendarium.

Cosa c’entra dunque un popolo germanico con la Terra di Mezzo in generale e Isildur in particolare? 

Tutto e niente. Niente perché, vale sempre la pena di ricordarlo, per Tolkien tra il nostro mondo e il suo universo narrativo c’è un grado di separazione molto marcato che nega richiami allegorici forti1, ma nega anche una perfetta corrispondenza storica o culturale tra usanze o popoli dei due diversi mondi2.

Tutto, perché non si può comunque negare che Tolkien fosse un profondo amante della lingua e della letteratura dei popoli germanici (goti, norreni e anglosassoni per citarne solo alcuni). Saper riconoscere i numerosi echi storici e mitologici presenti nel testo, che Tolkien è sempre stato orgoglioso di definire una “storia inglese” e quindi germanica3, ci permette di entrare in dialogo meglio con la Storia. 

Veniamo dunque al guidrigildo. Questo termine compare alcune volte nel Legendarium Tolkieniano e rimanda a un’usanza realmente esistita e codificata da svariate popolazioni germaniche realmente esistite, tra le quali i longobardi, ai quali faccio riferimento in maniera più diretta semplicemente per il gusto di sfruttare come fonte una stupenda lezione del Professor Barbero, che consiglio vivamente a tutti4. Da dove viene il termine innanzitutto? Seguendo Barbero “Guidrigildus” è latinizzazione, presente nell’editto di Rotari (643) del termine “wergeld” – ma sono registrate anche le varianti “wergild” o “weregeld” [15] dove “wer-” ha la stessa radice di “vir”, uomo in latino e “geld” rimanda all’oro – “gold” in inglese corrente. Per traslazione significa anche “pagamento” e tradurrei dunque, in buona compagnia, con “il prezzo” o “il valore dell’uomo”.

Il termine è germanico, ma possiamo trovare echi della dinamica di vendetta e riscatto che fa da sfondo al concetto in moltissime altre società, per esempio, per restare in Italia, ne ritroviamo traccia anche nella Firenze dantesca secoli dopo. Dante stesso nel canto XXIX dell’Inferno incontra Geri del Bello, un parente assassinato da una famiglia rivale, che ancora attende la vendetta dei propri discendenti.

Per dirla con le parole del sommo poeta: “O duca mio, la vïolenta morte / che non li è vendicata ancor “, diss’io, / ” per alcun che de l’onta sia consorte, / fece lui disdegnoso; ond’el sen gio / sanza parlarmi, sì com’ïo estimo: / e in ciò m’ha el fatto a sé più pio”5.

Insomma, anche a decenni dalla morte e seppur rinchiuso all’Inferno, Geri si aspetta che la sua famiglia lo vendichi, e Dante non critica questo atteggiamento, anzi con la pietà a cui fa riferimento in chiusura, sembra ammettere che Geri per via di questo debito inevaso mantenga nei suoi confronti una superiorità morale piuttosto netta6 7.

Questa divagazione dantesca ci è preziosa per capire la forza del richiamo che la vendetta e le faide familiari esigono in questo tipo di società, e quanto seriamente venissero prese da tutti.  

Il guidrigildo si poneva come un meccanismo alternativo alla faida familiare che la storia di Dante ci mostra, sistematizzando e regolamentando il diritto alla vendetta nella società longobarda. In cosa consiste? Di fatto, nel pagamento di un risarcimento, commisurato all’importanza della persona danneggiata e al danno causato. 

Da notare che non tutte le persone hanno lo stesso valore per i longobardi, tanto che nelle varie tradizioni esistevano dei veri e propri cifrari che riportavano il “costo” di uccidere o danneggiare una persona, pesato per la diversa estrazione sociale del danneggiato: banalizzando, se cavo un occhio a un capo devo pagare di più che se ho procurato lo stesso danno a una persona di minore levatura sociale [18]. 


Fatta questa premessa storica, veniamo finalmente al guidrigildo in Tolkien, concetto che stando alla mia memoria affiora più o meno direttamente almeno 3 volte: nella saga di Turin, tra l’altro in un episodio in cui si evidenzia un legame di tradizione tra uomini e nani8, e in una breve nota storica dove viene associato al legame di fratellanza tra Gondor e Rohirrim9. Da notare che c’è sempre un richiamo al mondo dei popoli germanici in questi primi due casi: i nani ci rimandano infatti alle saghe norrene del ciclo dei Nibelunghi10, così come nel plasmare i Rohirrim più che in ogni altro popolo Tolkien ha avuto come fonte gli anglosassoni11 12.

E’ però il terzo episodio quello di maggiore rilevanza, e a questo limiterei dunque il mio commento. Sto ovviamente parlando di Isildur, di cui riporto le parole in originale perché le traduzioni italiane variano proprio sulla parola chiave, aspetto che per inciso ha allontanato molti lettori me compreso da una più corretta interpretazione di un momento topico della saga13: But Isildur refused this counsel, saying: ‘This I will have as wergeld for my father’s death, and my brother’s. Was it not I that dealt the Enemy his death-blow?’14. Ricostruiamo al volo la dinamica prima di analizzarla: Isildur ha ucciso, o meglio crede di aver ucciso, Sauron, vendicando così la morte di Anarion ed Elendil. In seguito esige l’Anello del Potere in risarcimento per le sue perdite, contro i consigli degli elfi. 

La mia tesi è che Isildur stia andando contro l’essenza stessa del concetto legale a cui fa riferimento per giustificare le proprie azioni. Come infatti ho premesso, il guidrigildo dovrebbe essere pagato per evitare vendette da parte di chi ha subito l’offesa. Tuttavia, a ben vedere con il colpo di grazia rivendicato da Isildur il debito di vendetta è stato già pagato e anzi ironicamente potremmo dire che per esigerlo a fondo Isildur dovrebbe distruggere proprio quell’anello che pretende come wergeld15

Credo pertanto che Isildur voglia sia la botte piena che la moglie ubriaca, ovvero sia il sangue della vendetta (la morte di Sauron) che l’oro del riscatto (il suo Anello).
Mi permetto alcune considerazioni in merito a questa scena:


– sui pendii del Monte Fato il diritto, ovvero la legge del guidrigildo, viene rovesciato per lasciare spazio alla legge del più forte. Isildur, al netto delle sue giustificazioni, sta dicendo al mondo che la sua volontà e la sua volontà solamente è legge. Questa, in sintesi, è l’essenza stessa del potere, l’imporre la propria volontà anche a scapito dei diritti, delle consuetudini condivise e della sicurezza degli altri. E’ questo che, io credo, Gandalf e Galadriel intendevano nel sostenere che nel prendere l’Anello si rischia di diventare come Sauron, ovvero si assume il suo sguardo sul mondo e sulle relazioni umane. 

– l’argomentazione di Isildur non sembra poi tanto differente da quella data da Gollum, tutta imperniata sul “regalo di compleanno” che gli era dovuto e che ha estorto al suo amico, uccidendolo. Anche qua, una vera e propria confabulazione auto-consolatoria che rovescia il significato stesso dei termini e delle tradizioni a cui fa riferimento16. Uno dei marchi dell’Anello sembrerebbe proprio la sua capacità di sconvolgere il significato del linguaggio, così che una parola possa rimandare anche a un concetto che le è antinomico, esattamente come nella Neolingua della distopia descritta da George Orwell in 198417

– Come ricordavo prima, nel guidrigildo è insito anche il concetto del valore della persona danneggiata 18. Così, quando Isildur afferma che l’Anello sarà il riscatto della morte dei suoi cari, sta di fatto dicendo che per lui Anarion ed Elendil valgono tanto da poter essere riscattati solo dall’Anello del Potere, che come sappiamo regge i destini del mondo intero. La tragedia di questo momento sta anche nel fatto che l’amore di Isildur per i propri familiari morti si volge paradossalmente a favore di Sauron e ne viene così corrotto.  

In conclusione un invito: per sciacquare l’amaro sapore di queste considerazioni finali consiglierei di rileggere l’articolo bevendo un sorso di birra, bevanda germanica per eccellenza, come ogni volta che ho scritto “guidrigildo”. Alla salute di Isildur, nella consapevolezza empatica che al posto suo purtroppo non avremmo potuto fare di meglio: avremmo ceduto tutti a quell’impulso umano, troppo umano, di afferrare l’Anello con una scusa qualsiasi, molto probabilmente meno sofisticata e storicamente interessante della sua.

Sottofondo musicale consigliato: Barbero remixato in uno dei molti divertenti video presenti in rete, ottimo anche per un veloce ripasso storico:



  1. “I cordially dislike allegory in all its manifestations, and always have done so since I grew old and wary enough to detect its presence. I much prefer history, true or feigned, with its varied applicability to the thought and experience of readers. I think that many confuse ‘applicability’ with ‘allegory’; but the one resides in the freedom of the reader, and the other in the purposed domination of the author.”
    The Letters of J.R.R. Tolkien: A Selection – 2006 edition ↩︎
  2. Per esempio Tolkien parla di somiglianze più che di esatte corrispondenze tra popoli come in questo brano tratto dalla Lettera 211: “I Numenoreani di Gondor erano orgogliosi, particolari e strani, e penso che la cosa migliore sia raffigurarli come (diciamo) Egizi. Assomigliano agli Egizi sotto diversi aspetti”. ↩︎
  3. Ecco, a questo proposito resta impagabile l’intervento nella lettera 45 del 1941, in cui Tolkien scrive al figlio Micheal che: “Ho trascorso gran parte della mia vita, fin da quando avevo la tua età, a studiare germanistica (che in senso generale comprende Inghilterra e Scandinavia). […] In questa guerra  io ho un bruciante risentimento privato, che mi renderebbe a 49 anni un soldato migliore di quanto non fossi a 22, contro quel dannato piccolo ignorante di Adolf Hitler […]. Sta rovinando, pervertendo, distruggendo e rendendo per sempre maledetto quel nobile spirito nordico, supremo contributo all’Europa, che io ho sempre amato, e cercato di presentare in una giusta luce. Da nessun’altra parte, detto per inciso era più nobile che in Inghilterra”. Personalmente da membro di un paese mediterraneo non so se sottoscriverei l’affermazione che lo spirito nordico è il supremo contributo all’Europa, però trovo “dannato piccolo ignorante” un’uscita magistrale, straordinariamente british. ↩︎
  4. #68 I longobardi in Italia – ExtraBarbero (Museo Archeologico Lomellino, 2019). Podcast disponibile su Spotify e Youtube.  ↩︎
  5. Dante Alighieri, La Divina Commedia, Bur Biblioteca (2007). Parafrasi: “Io dissi: «O mio maestro, la sua morte violenta che non è ancora stata vendicata da nessuno che, in quanto membro della sua famiglia, ne condivida l’onta, lo rese disdegnoso; ecco perché se ne andò senza parlarmi, come io credo: e questo mi ha reso più pietoso verso di lui»”. ↩︎
  6. Alessandro Barbero, Dante, Editori Laterza 2020; Per inciso, pare che un non precisato Alighieri qualche anno dopo ripagò il debito di sangue vendicando il povero Geri… ↩︎
  7. https://www.treccani.it/enciclopedia/vendetta_(Enciclopedia-Dantesca)/ ↩︎
  8. “Ecco qui mio figlio trafitto da una freccia. Ormai non può più parlare. E’ morto al tramonto. I vostri legacci mi hanno impedito di curarlo.” Una volta ancora la pietà, a lungo soffocata, sgorgò nel cuore di Turin come acqua di roccia. “Ahimè” disse al nano “se potessi la richiamerei quella freccia. Ora sì che questa ben merita il nome di Bar-en-Danwedh, Casa di Riscatto. Perché, che noi vi dimoriamo o meno, mi riterrò tuo debitore; e se mai riuscirò ad accumulare ricchezze, ti verserò un riscatto di pesante oro per tuo figlio in segno di dolore, sebbene certo più non possa rallegrare il tuo cuore”. Allora Mim si levò e a lungo guardò Turin. “Ti ho sentito” disse poi “Le tue parole sono quelle di un signore di Nani del tempo che fu; e me ne meraviglio. Adesso il mio cuore si è placato, ancorché non sia lieto”. JRR Tolkien. Racconti incompiuti, Bompiani (2003) ↩︎
  9. “2885 the twin sons of King Folcwine of Rohan, Folcred and Fastred were killed fighting the Haradrim at the Battle of the Crossings of Poros. The Steward of Gondor, Túrin II sent a rich weregild of gold to Folcwine in recompense for his loss”, J.R.R. Tolkien, The Lord of the Rings, Appendix A, “The House of Eorl”. ↩︎
  10. https://www.treccani.it/enciclopedia/nibelunghi ↩︎
  11. https://www.councilofelrond.com/litarticle/the-rohirrim-and-the-anglo-saxons-an-overview/ ↩︎
  12. https://tolkiengateway.net/wiki/Rohan ↩︎
  13. https://www.endore.it/endore22/content/Rec01.html; dove si discute la pessima traduzione del termine in “memoria”. Ad ogni modo potremmo rendere liberamente con: “Ma Isildur rifiutò questo consiglio, dicendo: lo terrò come guidrigildo in riscatto della morte di mio padre e di mio fratello. Non sono forse stato io a sferrare il colpo fatale al Nemico?↩︎
  14. JRR Tolkien, ll Silmarillion, Bompiani (2000) ↩︎
  15. https://www.britannica.com/topic/wergild ↩︎
  16. Gollum si era creato una specie di alibi che ripeteva instancabilmente al suo ‘tesoro’, mentre rodeva ossa nell’oscurità, tanto che alla fine anche lui se ne era quasi convinto. Era effettivamente il suo compleanno. Deagol era tenuto a dargli l’Anello. Era spuntato così all’improvviso per essere affidato a lui. Era il suo regalo di compleanno.” JRR Tolkien. Il Signore degli Anelli: La Compagnia dell’Anello – L’ombra del passato, Bompiani (2001) ↩︎
  17. 1984, George Orwell, Edizioni Mondadori ↩︎
  18. https://en.wikipedia.org/wiki/Weregild ↩︎
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Emanuele Cappella. Dottore di ricerca in psicologia, lavoro come data analyst nel settore bancario. Lettore onnivoro, sono appassionato del Legendarium tolkieniano da quando, a 11 anni mio papà mi ha portato dalla biblioteca una vecchia edizione de “Lo hobbit”. Il mio personaggio preferito è Galadriel.