L’importanza del disegno per Tolkien

di Giuseppe Sommaiuolo


Un po’ di tempo fa ho scoperto che nel quartiere in cui vivo c’è una bellissima biblioteca pubblica. Per settimane ho voluto entrare a dare un’occhiata, ma tra un impegno e l’altro, solo oggi sono finalmente riuscito a ritagliarmi un pomeriggio libero per andare a “studiare”. Dovevo ultimare delle ricerche personali, e quale posto migliore di una biblioteca per farlo?

Ho sempre amato quel tipo di atmosfera: le luci soffuse, lo scartabellare degli studenti universitari, l’odore della carta. È un’esperienza terapeutica. Consiglierei a chiunque di trascorrere almeno un paio di pomeriggi a settimana in biblioteca, anche se non hanno da leggere o da studiare. Lì il tempo scorre diversamente, e tutto lo stress e l’ansia generati dai nostri stili di vita frenetici scompaiono magicamente: si guarisce.

Ammetto che, entrando, il mio primo pensiero è stato quello di curiosare in giro alla ricerca di qualche opera di Tolkien. Oltre a una bellissima edizione illustrata de El Señor de los Anillos e un volume de El Silmarillion, un’opera in particolare ha attratto la mia attenzione: un bestiario. Un grosso e pesante libro sporgeva dallo scaffale, spiccando fra tutti. Aveva un’aria molto familiare. Mi ricordava uno di quei vecchi manuali di Dungeons & Dragons, quelli in cui venivano indicati tutti i mostri e le loro caratteristiche. Tutte informazioni utili ad integrarli nel mondo di gioco, fondamentalmente.

Non ho potuto fare a meno, mettendomi a sfogliarlo, di notare quanto in effetti si faccia sentire la necessità di una rappresentazione grafica in tutto ciò che non esiste nel mondo primario1.

A Tolkien Bestiary Hardcover – 1 Oct. 1979 da Amazon

Il bestiario in questione fu stampato per la prima volta verso la fine degli anni ’702, quando la trilogia cinematografica realizzata da Peter Jackson non era che una lontana utopia e le alternative “visive” che avevamo a disposizione non erano granché. Si ricordi, ad esempio, il primo film animato di The Lord of The Rings, risalente all’anno 1978 e uscito solo in lingua inglese, che con una grafica in stile Disney raccontava per sommi capi la quest dell’Unico Anello. Un lavoro sicuramente degno di attenzione, se consideriamo gli evidenti limiti tecnici di quell’epoca, ma che tuttavia non rendeva assolutamente giustizia ai personaggi dell’opera originale così come immaginati e scritti da Tolkien. 

Oggi, facendo riferimento a qualsiasi elemento presente ne Il Signore degli Anelli, dai personaggi, ai luoghi, lo facciamo, seppur inconsciamente, basandoci sul metro di paragone fornitoci da Jackson. Non posso non pensare ad Elijah Wood se penso ad uno hobbit, così come non riesco a non pensare ad Orlando Bloom se mi immagino un elfo dei boschi.

Tuttavia, i fan della vecchia guardia non avevano questa fortuna, poiché, appunto, nel costruirsi un’immagine mentale di tutti i luoghi e i personaggi venuti fuori dalla penna di Tolkien, dovevano esclusivamente fare affidamento sulla propria fantasia. L’importanza di un’opera come quel bestiario, diveniva dunque di fondamentale importanza per rendere più completa un’esperienza di per sé già molto complessa e articolata.

Tolkien avrebbe sicuramente apprezzato un lavoro del genere. Non tutti, infatti, sanno che il professore ultimò molte tavole nel corso della sua vita, alcune delle quali furono addirittura utilizzate nelle edizioni illustrate delle sue opere. La storica versione Adelphi de Lo Hobbit, ad esempio, porta in copertina un disegno del drago Smaug realizzato da egli stesso3

Biblioteca Adelphi, 47 - 1973, 17a ediz. con mappe e illustrazioni dell'autore
Biblioteca Adelphi, 47 – 1973, 17a ediz. con mappe e illustrazioni dell’autore

È quasi come se fosse un passaggio obbligatorio. Forse, quando nel processo creativo si raggiunge un certo livello di dettaglio e di intensità, dare una forma a ciò che si scrive rappresenta il completamento di un lavoro altrimenti incompiuto. Non a caso, ad oggi, esistono diversi volumi che raccolgono la maggior parte di queste tavole, che con le annesse didascalie ci aiutano ad orientarci meglio nei nostri viaggi nella della Terra di Mezzo, e non solo4. Esse infatti ci dimostrano, ancora una volta, quanto profondo fosse il suo livello di immersione all’interno del mondo alla cui realizzazione lavorò per tutta la vita.

Mi pare inoltre doveroso menzionare il fatto che molte delle tavole in questione sarebbero andate perse o dimenticate se non fosse stato per l’instancabile lavoro di ricerca portato avanti negli anni da Christopher Tolkien, fedele all’opera del padre fino alla fine. Grazie al suo zelo, infatti, possiamo continuare a svelare, anche a distanza di decenni dalla morte del professore, tutti i segreti che nasconde il meraviglioso mondo di Arda. Un’eredità ulteriormente impreziosita dalle numerose illustrazioni che da sempre arricchiscono edizioni più e meno pregiate, realizzate da artisti come Alan Lee e John Howe.


1 Per ulteriori delucidazioni inerenti al mondo primario e al mondo secondario, è consigliabile consultare il saggio Sulle fiabe (titolo originale On fairy Stories), disponibile in italiano nella raccolta Albero e foglia.

2 David Day, A Tolkien Bestiary, Mitchell Beazley, 1979.

3 Mi riferisco alla primissima edizione italiana del 1973, tradotta da Elena Jeronimidis Conte.

4 Si vedano, ad esempio, i volumi Tolkien: i tesori e Tolkien. Il creatore della Terra di Mezzo, entrambi a cura di Catherine McIlwaine.

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Giuseppe Sommaiuolo. Nato e cresciuto a Napoli, tra partite di calcetto nel rione e notti brave in sala giochi, manifesta ben presto un senso di insofferenza che riesce ad appagare solo mediante lo studio della letteratura. Si avvicina alle opere di Tolkien grazie alla trilogia cinematografica di Peter Jackson, trascorrendo così gli anni delle scuole superiori e dell'università ad approfondire le opere principali del beneamato professore. Grandissimo appassionato di musica rock ed heavy metal, nonché di quasi ogni forma d'arte esistente, risiede attualmente in Spagna, determinato a trovare il suo posto nel mondo a suon di tapas.