Simbologia in musica: dal Die Zauberflöte di Mozart alla colonna sonora della trilogia cinematografica The Lord of the Rings di Shore

di Ludovica Fortunato


Die Zauberflöte di W. A. Mozart

Il compito dei musicologi non è solo quello di indagare nell’ambito storico, ma è anche quello di ricercare messaggi e simboli all’interno delle partiture orchestrali o pianistiche, e di saperli decifrare.

Sono tante le composizioni, sia di musica strumentale che di musica operistica, ricche di simbologie e messaggi, ma fra queste ricordiamo il Die Zauberflöte K. 620 di W. A. Mozart, che è anche uno degli ultimi lavori del compositore, in cui si mette in risalto il manifesto di un’umanità rinnovata, superiore e nobilitante1.

È composto nella forma del Singspiel (genere operistico tedesco, rinato intorno al 1760, che mostrava una particolare vicinanza con il teatro di prosa, poiché un attore doveva saper anche eseguire i lieder2 e un cantante doveva saper agire e recitare3) e la scrittura risale a marzo del 1791 su proposta dell’impresario teatrale, nonché attore, Emanuel Schikaneder, che frequentò la casa di Mozart, sia quando viveva a Salisburgo che a Vienna.

L’opera venne rappresentata nel settembre del 1791 presso il piccolo Theater an der Wien, che era frequentato da un pubblico popolare e venivano rappresentate opere appartenenti al genere dello Zauberstuck, commedia meravigliosa o fantastica, e della Maschinenkohodie, opera fantastica basata sul meccanismo scenografico tipico del teatro Barocco4.

Nel catalogo tenuto da Mozart stesso, dal 1784 fino alla morte, il Flauto Magico venne registrato come opera tedesca in due atti di Emanuel Schikaneder, in 22 pezzi (la struttura del Singspiel è composta dall’Ouverture, che apre l’opera, seguita da 21 numeri musicali, intervallati da ampie scene dialogate).

La prima stesura dell’opera trae ispirazione da una raccolta di “favole orientali”, Dschinnistan, scritte da diversi autori e si rifà, in particolar modo, a una fiaba Lulu oder die Zauberflöte, contenuta in una raccolta, attribuita inizialmente a C. M. Wieland, ma di cui l’autore risulta essere August Jacob Liebeskind. Tuttavia,  Dschinnistan offre a Mozart diversi spunti per raffigurare alcuni personaggi del Singspiel, infatti gli elementi di genere fiabesco fanno parte di una tradizione che viene ancor più da lontano e che si inserisce nella letteratura fiabesca europea, fino ad arrivare alle Mille e una notte di Galland5. Il Die Zauberflöte è anche un’opera ricca di riferimenti e scelte stilistiche delle più disparate, ma quella più evidente sono gli elementi che rappresentavano la massoneria.

Nella prima metà del XVIII secolo assistiamo alla nascita di società speculative come la Società per corrispondenza delle scienze musicali fondata a Lipsia da L. C. Mizler nel 1738 e fra i suoi iscritti possiamo ravvisare i nomi di Bach, Haendel, Telemann, Graun, Stölzel, Leopold Mozart, che poi aderì alla massoneria insieme al figlio Wolfgang6,  poi anche Haydn, Salieri, Paganini, Cherubini, Liszt, Meyerbeer, Verdi, Puccini e Sibelius7.

Mozart entrò nella massoneria grazie ai numerosi contatti che ebbe fin da quando era piccolo, a partire dal suo medico di famiglia sino ai suoi collaboratori e amici più stretti.

Una delle prime opere massone composte da Mozart fu la cantata massonica K. 471 in mi bemolle maggiore per tenore, coro maschile a tre voci e orchestra, nel 1785 su testo di Franz Petran, e fu dedicata al Venerabile Ignaz von Born, che ebbe una forte influenza anche nella stesura del Die Zauberflöte. Questa cantata è molto importante perché mette in evidenza la vicinanza dell’imperatore Giuseppe II con la massoneria8. Giuseppe II trovava nella massoneria la base per la sua politica illuministica, infatti non la contrastò mai efficacemente, anzi cercò di controllarla quando stabilì che le logge ammissibili fossero solamente due.

Altre composizioni di Mozart per la massoneria furono due cantate: la K. 623 e la K. 634A scritte per l’inaugurazione di una Nuovo Tempio massonico. Benimeli riporta che secondo alcuni studiosi la cantata sia fondamentale per comprendere a pieno sia il significato del Flauto Magico sia la vera spiegazione della mancata conclusione del Requiem in quanto essa costituisce la vittoria dell’uomo di fronte all’incombere della morte, il cantare la gioia di vivere e la speranza per un futuro di fraternità fra gli uomini che si pone in netto contrasto con il dolore del Requiem e per questo probabilmente Mozart non l’ha mai concluso9.

Altro elemento molto caro alla massoneria era l’Oriente, che era diventato l’oggetto di studio durante il periodo del Seicento e del Settecento. I nuovi studi di glottologia e linguistica aprono le porte alla cultura dei paesi lontani e diversi per filosofia, storia e arte. Già nel 1785 compare a Londra la traduzione della Bhagavad Gità a opera di Charles Wilkins, pioniere negli studi di indianistica e autore di importanti traduzioni dal sanscrito, ma notevole fascino venne esercitato anche dal mondo egizio, che veniva considerato come depositario della saggezza universale. Tale fascino era dovuto anche da tre motivi: una storia millenaria, il mistero dei geroglifici e il fasto dei rituali. L’attenzione che ebbe nell’Ottocento l’arte egizia derivava dall’evoluzione storico-artistico-letterario dei secoli precedenti con il recupero del culto di Osiride come elaborazione del culto della luce e del sole10.

Nell’ambito massonico l’antico Egitto ebbe un ruolo fondamentale, da un parte per il sostegno delle idee relative al mito delle origini e della società, ma anche perché attraverso il linguaggio mitico si voleva veicolare il messaggio politico di stampo illuministico e utopico11.

Nella complessa simbologia massonica, quella che risalta di più all’interno del Die Zauberflöte è quella orientale, in particolare quella del mondo egizio, e quella ternaria, cioè il numero tre, numero ritenuto perfetto e sacro per la massoneria e che, infatti, possiamo ravvisare sia nella musica che nella scena.

Partendo dai riferimenti musicali già nell’Ouverture, strutturata da un tempo lento introduttivo, Adagio, seguito da un Allegro (Mozart si riallaccia alla tradizione dell’Ouverture francese), si apre con un triplice accordo (fig.01) nella tonalità di mib maggiore, tonalità che racchiude in se tre bemolli, come anche la relativa minore, cioè do minore.

Fig. 01: Ouverture bb 01-03, W. A. Mozart Die Zauberflöte, Leipzig: C.F. Peters, No.92, n.d. Plate 6257.

Non a caso questa tonalità, come anche quella di do maggiore, è sempre stata molto cara alle logge, infatti la maggior parte delle composizioni di Mozart dedicata alla massoneria sono composte in questa tonalità.

L’effetto dei tre accordi iniziali è quello di richiamare l’attenzione dello spettatore dove la connotazione sacra si consolida verso la sottodominante12 che viene preparata dal terzo accordo di terza e sesta13, e poi confermato dall’allusione della tonalità parallela minore, la cui personalità sonora, nella transazione dell’Allegro viene nuovamente sostituita dal ritorno in maggiore.

La tensione accumulata in questa prima parte si scarica nella seconda parte, Allegro costruito nella forma sonata14, basata su un’unica idea tematica, che presenta qualche affinità con il secondo tema del primo movimento della Sinfonia KV 504 Praga e con il primo tema della Sonata per pianoforte in si maggiore op.24 n.2 di Domenico Scarlatti.

Fig. 02. Ouverture bb 16-19, W. A. Mozart Die Zauberflöte, Leipzig: C.F. Peters, No.92, n.d. Plate 6257.

L’Allegro si apre con il principio di una fuga15 vera e propria, con soggetto, risposta e relativo controsoggetto, ma dopo questa esposizione formalmente perfetta il tutto confluisce in un trattamento del materiale tematico tipico della forma sonata, ma – e qui c’è il colpo d’ala che rende Mozart un maestro superiore a tutti noi – basandosi completamente sul piccolo nucleo tematico del soggetto.

Fig. 03. Ouverture bb 20-23, W. A. Mozart Die Zauberflöte, Leipzig: C.F. Peters, No.92, n.d. Plate 6257.

La composizione contrappuntistica16 era molto cara alla massoneria in quanto era simbolo di sapienza e virtù, contrapposta all’ignoranza e alle barbarie.

La simbologia del numero tre viene anche rispecchiata nella struttura della forma sonata, dato che essa si costruisce su tre blocchi: esposizione, sviluppo e ripresa. Ma questa simbologia non la ravvisiamo solamente nella componente musicale, ma anche in quella rappresentativa.

I primi riferimenti li possiamo ravvisare in alcuni personaggi: i primi ad apparire sulla scena sono le tre Dame della Regina della Notte, la quale compare subito dopo, che lamenta il dolore per la scomparsa della figlia Pamina, che il malvagio Sarastro tiene prigioniera con un suo incantesimo, e prega Tamino di andarla a salvare. Dopo che il giovane Tamino ha accettato la sua missione, insieme a Papageno17, si incamminano verso il castello di Sarastro sotto la guida dei tre fanciulli, o genietti.

Quando Tamino giunge, insieme ai tre fanciulli, di fronte ai tre templi, con i rispettivi sacerdoti, che rispettivamente sono assegnati alla Ragione (quello di destra), alla Natura (quello di sinistra) e alla Saggezza (quello al centro), tutte tematiche molto care alla massoneria, dal terzo tempio esce un terzo sacerdote egizio che gli chiede cosa stia cercando. Tamino risponde amore e virtù, anche se il suo cuore grida vendetta contro Sarastro.

Alla fine del primo atto vediamo Tamino che finalmente si incontra con Pamina e per poter entrare nel regno di Sarastro dovrà superare tre prove.

Il secondo atto si apre in un boschetto di acacie, dove al centro emerge una piramide. Vediamo poi entrare diciotto sacerdoti (multiplo di tre), guidati da Sarastro, per preparare il Rito di iniziazione per l’ingresso dei nuovi adepti nella loro confraternita (richiamo molto evidente del rito di iniziazione per entrare nella massoneria). Tutto il secondo atto vede Tamino, Papageno e successivamente anche Pamina, ad affrontare le tre prove che verranno superate, infatti l’opera si conclude con la vittoria del Bene sul Male.

Già da un punto di vista della storia, vediamo come la simbologia del numero tre viene messa in evidenza, insieme ad altri elementi che richiamano molto la massoneria, ma anche nella scenografia vediamo come questo numero, insieme ai riferimenti all’Antico Egitto, vengono messi in risalto, in particolare nelle scenografie realizzate da K. F. Schinkel per la rappresentazione all’Opera Reale di Berlino il 10 gennaio 1816.

Fig. 04. Karl Friedrich Schinkel, Apparizione della Regina della notte, guazzo per una scenografia del Flauto magico (1815).

Questo modello scenografico è divenuto celebre per l’interpretazione del capolavoro di Mozart alla luce delle nuove istanze romantiche18.

L’architetto non li risolve in chiave decorativa, secondo il gusto sontuoso e pesante dello stile impero che si era imposto in Europa dopo la campagna d’Egitto di Napoleone. Quello che gli interessava era di compenetrare tra loro diversi livelli di significato: l’ultima scena del primo atto, per esempio, che rappresenta il regno di Sarastro, spira razionalità e saggezza nell’ordinata disposizione delle colonne, tensione verso il soprannaturale nel grande sole che illumina lo sfondo, ma anche sapienza e cultura nel profilo massonico della piramide disegnata sullo sfondo.

Con queste scenografie si rimane ammaliati per l’abilità di Schinkel nel rendere attuale la rappresentazione della Die Zauberflöte, illuminandone le più intime regioni poetiche19.  

I romantici del primo ‘800 vedevano in Mozart un’artista che, come scriveva Hoffmann nel 1813 a proposito della Sinfonia in mi bemolle maggiore:

«ci porta nelle profondità del regno degli spiriti: il timore c’invade, ma un timore senza tomento, che piuttosto presagio dell’infinito»20

Tre anni dopo, le scene di Schinkel interpretavano questo presagio e “attualizzavano” l’opera mettendo in rilievo la profonda nostalgia del soprannaturale che l’immensa potenza evocativa della musica di Mozart esprime, non solo nelle scene sacrali, ma anche in quelle “leggere” di Papageno, con la trascendentale leggerezza ludica espresse dal suo carillon21. Libertà e fedeltà si conciliano sempre nei veri interpreti che sanno leggere l’opera in profondità, per portarne alla luce la contemporaneità, lasciando così un segno nella storia dello spettacolo.

Nove Anelli e nove note

Come abbiamo visto nel Die Zauberflöte molti compositori hanno lasciato tanti messaggi all’interno dei loro lavori e non solo Mozart, ma anche L. Van Beethoven nella Sinfonia n. 5 in do minore op.67 e C. Debussy Prélude à l’après-midi d’un faune dove la struttura musicale di questi due lavori richiamano la struttura aurea.

Anche Howard Shore nella partitura della colonna sonora The Lord of the Rings ha lasciato una serie di messaggi che riscontriamo anche nella storia creata da Tolkien.

L’elemento centrale della storia di Tolkien è l’Unico Anello dove la sua interpretazione musicale è senz’altro complessa come viene evidenziato dal fatto che sia in Tolkien che in Shore lo declinano in tutte le sue sfaccettature.

Shore individua quattro leitmotiv diversi legati all’Anello del Potere:

  1. History of the Ring
  2. The Evil of the Ring
  3. The Seduction of the Ring
  4. Destruction of the Ring

Fig. 05. H. Shore, The Lord of the Rings: The Fellowship of the Ring, bb. 05-14

Il leitmotiv più complesso e proattivo dei quattro è quello denominato History of the Ring in quanto racchiude in se, anticipando tutte le sfumature di quello che potremmo definire il vero protagonista, tutta la storia e il potere che ha.

Il leitmotiv della storia dell’anello apre il primo film della trilogia e lo udiamo sulle parole della poesia dell’anello.

Tre Anelli ai Re degli Elfi sotto il cielo che risplende,

Sette ai Principi dei Nani nelle loro rocche di pietra,

Nove agli Uomini Mortali che la triste morte attende,

Uno per l’Oscuro Sire chiuso nella reggia tetra,

Nella Terra di Mordor, dove l’Ombra nera scende.

Un Anello per domarli, un Anello per trovarli,

Un Anello per ghermirli e nel buio incatenarli,

Nella Terra di Mordor, dove l’Ombra cupa scende22.

È su queste parole che Shore fa sorgere il leitmotiv History of the Ring (Fig.05). La melodia, eseguita prima dai violini e poi dal corno inglese, è composta nella tonalità di fa maggiore, presentando un andamento di salita e discesa, che richiama la forma circolare dell’anello stesso. Per rappresentare le varie sfaccettature dell’anello, Shore gioca sulla struttura armonica: per evidenziare la sua natura, bene e male, utilizza una struttura melodica che parte dal IV grado di fa maggiore, alzato di una triade minore, e non dal I grado come da regola. Con questo procedimento la melodia va a toccare due tonalità: fa maggiore e la minore, con la quale si chiude il tema. Quando l’Anello è attratto dal potere di Sauron, Shore ripropone la stessa linea melodica nella tonalità di do maggiore, uniti dai vari passaggi cromatici.

La melodia non presenta soltanto una complessità da un punto di vista melodico-armonico, altra caratteristica è che essa è composta da nove note, che richiama i nove anelli del potere, che vengono governati dall’Unico Anello.

Fig. 06. Relazione armonica fra il leitmotiv History of the Rings e il leitmotiv The Ringwraiths

Le nove note della melodia sono costituite da tre note, do-la-mi, che compongono l’accordo di la minore, che suonate simultaneamente creano una triade minore con l’aggiunta della nona (si), stesso accordo con cui è costruito il leitmotiv The Ringwraiths, con la differenza che è composto nella tonalità di re minore (dominante di la), ma la simbologia nascosta è che Shore ha scelto un accordo di nona minore proprio per richiamare i Nove Cavalieri Neri (Fig.06).

Fig. 07. H. Shore, The Lord of the Rings, The Fellowship of the Ring, leitmotiv The Fellowship ofthe Ring.

Un ultimo leitmotiv composto da nove note è quello legato alla Compagnia dell’Anello, che accompagna alcune scene del primo film, in una versione abbozzata e incompleta, per presentarsi nella sua totalità solamente nella scena del consiglio di Elrond, a Gran Burrone, eseguita prima dagli archi e poi dagli ottoni via via che i personaggi si fanno avanti per unirsi a Frodo.

Nei capitoli The Two Tower e The Return Of the King il leitmotiv lo sentiamo frammentato come lo è anche la compagnia e lo risentiremo in maniera completa durante la battaglia ai Cancelli Neri di Modor, quando Aragorn dice For Frodo, dove lo sentiamo nella tonalità di do maggiore in maniera brillante e maestosa, infatti questa scena rappresenta l’atto supremo della compagnia dove si incarna il mandato di essa, cioè la distruzione dell’Unico Anello che ha minacciato i popoli liberi della Terra di Mezzo.

La particolarità di questo tema sta nella sua impostazione melodica e armonica: è costruito su due frasi regolari composte nella tonalità di re minore (nella fig. 07 lo riscontriamo nella tonalità di do minore) voluta per suggerire le reliquie antiche della Terra di Mezzo23, mentre la melodia è composta nella tonalità di re maggiore ed è costruita su nove note che richiamano i nove compagni della Compagnia dell’Anello.


  1. S. KUNZE, Il teatro di Mozart, Venezia, Marsilio, 2006, p. 680.
  2. Al singolare Lied è un termine che può essere impiegato in maniera generica, con riferimento a comportamenti vocali di qualsiasi tipo, popolari, colti ed etnici; nell’uso dell’italiano, invece, fa riferimento esclusivamente al repertorio musicale eurocolto, infatti si intente una forma poetico musicale monodica che si diffuse, tra XII e XIV, a opera di Minnesänger e Meistersinger. Il Lied polifonico cominciò a essere coltivato tra il XIV e XV sec., ed ebbe la sua piena fioritura nel XVI sec., grazie a compositori come come L. Senfl. Questo genere musicale è costruito su melodie preesistenti, prevedeva di solito  3 o 4 voci e uno schema strofico.
  3. M. H. SCHMID, Le opere teatrali di Mozart, Torino, Bollati Boringhieri, 2010, p. 18.
  4. P. GALLARATI, La grande illusione. Viaggio nel tempo e nel teatro. a Berlino rivivono e risplendono le scene e i costumi che Karl Friedrich Schinkel creò per il flauto magico nel 1816, 25 anni dopo la “prima” del Singspiel mozartiano, in «Amadeus», Anno XXX giugno 2018, n. 343, p. 56.
  5. A. DECADI, Mozart e la uscia massonica. Dal simbolismo orientale delle opere minori al Flauto Magico, Reggio Calabria, Bonanno Editore, p. 73
  6. Ivi, p. 13.
  7. Ivi, p. 28.
  8. Ivi, p. 19.
  9. Ivi, p. 27.
  10. Ivi, p. 31.
  11. Ivi, p. 33.
  12. È il IV grado della scala diatonica, quindi essendo in mib maggiore il IV grado è l’accordo di la maggiore. Quando la sottodominante si presenta unita al settimo grado viene chiamata controsensibile per il carattere di moto che la spinge a risolvere sulla nota vicina, ovvero sul terzo grado della scala.
  13. Ogni accordo in musica può essere costruito allo stato fondamentale, in primo e in secondo rivolto, in questo caso abbiamo l’accordo in primo rivolto.
  14. Forma compositiva musicale suddivisa in tre momenti: esposizione, dove vengono presentati due temi, il primo di alla tonica (nel caso dell’Ouverture in mib maggiore) mentre il secondo alla dominante, cioè al quinto grado della scala; a seguire si ha la sezione dello sviluppo, dove vengono rielaborati i due temi presentati nell’esposizione, infine la ripresa, dove vengono ripresentati i due temi.
  15. Composizione polifonica fondata sull’imitazione in cui si sviluppano le possibilità offerte da un soggetto (una breve frase o motivo). Questo genere compositivo si sviluppò nella seconda metà del XVIII sec. Come evoluzione dalle forme, del ricercare e delle canzoni strumentali. La trattatistica prevede che la fuga sia strutturata in tre sezioni: l’esposizione, dove si ha l’enunciazione del soggetto a cui segue la risposta da parte di una seconda voce, mentre la prima voce procede con l’esposizione del controsoggetto; lo sviluppo, dove si hanno delle sezioni più o meno libere, detti divertimenti, dove si alternano alle ricomparse del soggetto in tonalità diverse, e gli stretti dove si presenta il soggetto e il controsoggetto con imitazioni sempre più ravvicinate.
  16. Letteralmente “nota contro nota”, consiste in una tecnica compositiva di tipo polifonica che consente di combinare varie linee melodiche in modo tale che ne risultino corretti rapporti di consonanza e dissonanza.
  17. Papageno è un uccellatore al servizio della Regina della Notte, suona un flauto di pan composto da cinque canne ed è alla ricerca di una donna da amare. Questo personaggio assume una rilevanza decisiva in quanto simbolo del rousseauiano mito del “buon selvaggio” e archetipo dell’ideale di umanità che veniva tipicamente identificato nei popoli orientali. Questo personaggio è riconducibile a elementi mediorientali per diversi aspetti, risulta interessante soffermarsi sulle caratteristiche del suo costume, la cui scelta e realizzazione va ben al di la della sua professione di uccellatore. La ripetizione di elementi naturali è riconducibile alle fantasie tesili mediorientali che furono riprese in Europa nel XVIII secolo per ricalcare i costumi orientali. Un altro aspetto interessante è la presenza di elementi dell’antico Egitto nel costume di Papageno, infatti si possono ravvisare chiari elementi che rimandano alle raffigurazioni delle divinità appartenenti a culti di origine orientale che venivano rappresentati con il corpo totale o parzialmente ricoperto da piume. A. DECADI, Mozart e la uscia massonica. Dal simbolismo orientale delle opere minori al Flauto Magico, Reggio Calabria, Bonanno Editore, p. 76.
  18. P. GALLARATI, La grande illusione. Viaggio nel tempo e nel teatro. a Berlino rivivono e risplendono le scene e i costumi che Karl Friedrich Schinkel creò per il flauto magico nel 1816, 25 anni dopo la “prima” del Singspiel mozartiano, in «Amadeus», Anno XXX giugno 2018, n. 343, p. 56.
  19. Ivi, p. 59.
  20. Ibid.
  21. Ibid.
  22. J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli: La Compagnia dell’Anello, Bompiani VIII edizione 2014, Milano, Traduzione riveduta e aggiornata in collaborazione con la Società Tolkieniana Italiana, p. 75.
  23. D. Adam, The music of The Lord of The Rings film, A comprehensive account of Howard Shore’scores, Van Nuys, CA, Carpentier 2010, p. 73.
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Ludovica Fortunato (08/02/1997 Firenze) si è laureata con lode in Drammaturgia Musicale e Storia della Musica per il cinema e della televisione presso l’Alma Mater Studiorum, Università degli Studi di Bologna, seguita dai professori Nicola Badolato e Paolo Noto, il 7 luglio 2022.
Nel 2017 ha frequentato il corso di laurea triennale in Discipline delle Arti della Musica e dello Spettacolo presso l’Università degli Studi di Firenze laureandosi nel 2020 portando come argomento di tesi le influenze di Richard Wagner con Der Ring des Nibelungen su J. R. R. Tolkien per la stesura del romanzo The Lord of the Rings e della colonna sonora della trilogia cinematografica di H. Shore; la tesi è stata seguita dalla prof.ssa Antonella D’Ovidio.
In parallelo agli studi musicologi, Ludovica è flautista, pianista e compositrice professionista, in particolare sul repertorio romantico e colonne sonore di film, serie televisive, videogiochi e cartoni animati giapponesi, esibendosi durante le fiere comics e sul suo canale YouTube.
Attualmente frequenta il corso di laurea triennale in Didattica della Musica (canto e strumento) presso il Conservatorio Luigi Cherubini Firenze ed è docente di lingua italiana volontaria presso il Centro Internazionale Studenti Giorgio La Pira a Firenze.