di Emilio Patavini
Il 30 agosto è uscita per Bompiani una nuova edizione di Sir Gawain e il Cavaliere Verde. Perla e Sir Orfeo, a cura di Chris Smith.
Sul numero di sabato 26 agosto di Robinson (pp. 4-5), l’inserto culturale de La Repubblica, era stato pubblicato in anteprima un estratto della nuova traduzione di Luca Manini (già traduttore de La caduta di Gondolin, La Storia di Kullervo, Beowulf, Beren e Lúthien e I Lai del Beleriand). Questa nuova traduzione (la precedente era di Sebastiano Fusco, uscita nel 2009 per i tipi delle Edizioni Mediterranee) è stata condotta sull’edizione rivista del Sir Gawain pubblicata nel 2020 dalla HarperCollins.
Oltre alla prefazione di Christopher Tolkien, all’introduzione di J.R.R. Tolkien e alla traduzione dei tre poemi (con testo inglese a fronte), questo volume contiene anche il testo integrale della conferenza sul Sir Gawain tenuta nel 1953 all’Università di Glasgow in commemorazione di W.P. Ker (già presente nella raccolta di saggi Il Medioevo e il fantastico), un glossario degli arcaismi e tecnicismi usati nella traduzione, un’appendice sulla metrica di Sir Gawain e il Cavaliere Verde e Perla e infine la traduzione de Il congedo di Gawain (Gawain’s Leave-taking), un poema inglese medievale.
Il poema
Sir Gawain e il Cavaliere Verde (in medio inglese Sir Gawayne and the Grene Knyȝt) è un poema allitterativo di 2530 versi, scritto nell’ultimo quarto del XIV secolo e conservato nel manoscritto Cotton Nero A assieme ad altri tre poemi scritti nello stesso metro: Pearl, poema lirico di carattere allegorico e le due omelie poetiche Purity e Patience.
Si ritiene che tutti questi testi siano opera dello stesso autore anonimo, soprannominato Gawain-poet, perché sono scritti nello stesso dialetto del medio inglese, quello delle Midlands nord-occidentali, una regione cui Tolkien era molto legato, in quanto terra dei suoi antenati materni. In una sua lettera scrisse infatti: «Io sono un uomo delle Midlands Occidentali per sangue (e non appena vi ho posato gli occhi, l’inglese medio delle Midlands Occidentali mi è sembrato una lingua conosciuta)»1.
Da un’analisi delle sue opere possiamo affermare che il Gawain-poet doveva essere tanto un devoto conoscitore della Bibbia quanto un frequentatore della vita di corte, fatta di cacce e banchetti; Tolkien lo definì «uno dei maggiori poeti del suo tempo» (p. 13). Sir Gawain è la sua unica opera profana, ma tutti e quattro i poemi hanno come filo conduttore l’elogio della purezza e della castità.
Pur attingendo da romanzi arturiani anteriori come il Perceval di Chrétien de Troyes e prima ancora da materia di origine celtica, il Sir Gawain possiede una singolare originalità.
Ci troviamo nel XIV secolo, tre secoli dopo l’invasione normanna, e l’anglo-normanno è divenuto la lingua della corte. Tuttavia, in questo periodo, l’anglo-normanno sta assumendo sempre meno importanza: è l’epoca in cui emergono con maggiore evidenza le identità dialettali.
Il dialetto del nord e quello delle West Midlands sono quelli più legati alle forme del passato e prediligono il verso allitterativo, conservatosi senza contaminazioni dalla tradizione anglosassone (VII-XI secolo); ma dopo la conquista normanna del 1066 la cultura letteraria inglese sembra scomparire dalla scena, per lasciare il posto per i due secoli successivi a opere in francese e latino.
Sono pochi i poemi allitterativi inglesi sopravvissuti a questo periodo: uno di questi è il Brut, un poema di più di sedicimila versi scritto agli inizi del XIII secolo da Laȝamon, un prete del Worcestershire, ispirandosi al Roman de Brut (1155), opera del troviero normanno Robert Wace, a sua volta basata sull’Historia Regum Britanniae di Goffredo di Monmouth. Ma a partire dalla metà del XIV secolo la poesia allitterativa risorge, con particolare vigore a ovest, lungo la frontiera con il Galles, e al nord: due regioni lontane dall’influenza francese.
Opere di questo genere sono il William of Palerne, il Piers Plowman di William Langland e le opere del poeta del Sir Gawain. Tolkien considerava il poeta del Sir Gawain come un erede dell’antico verso allitterativo. In particolare, secondo Tolkien, il Sir Gawain rappresentava la rinascita allitterativa (il cosiddetto allitterative revival) associata alle West Midlands, in opposizione alla tradizione letteraria delle poesie in rima di ispirazione francese rappresentata da Chaucer.
La poesia allitterativa anglosassone fu una grande influenza per lo stile poetico di Tolkien: anch’egli, a distanza di secoli, si unì all’allitterative revival, e non solo compose poesie in inglese moderno che riproducevano l’antico metro allitterativo, ma anche versi in anglosassone (presenti nei due racconti incompiuti The Lost Road e The Notion Club Papers). È dunque nel contesto di un ritorno alla forma antica per ridare un’impronta epica alla poesia dell’Inghilterra nordoccidentale che nasce il Sir Gawain, storia a metà tra il romanzo e la fiaba che affonda le radici nel passato pagano di Irlanda e Britannia. Basti pensare che il suo protagonista è già presente nel Mabinogion gallese sotto il nome di Gwalchmei, “falco di maggio”, nipote di Re Artù.
Tolkien e il Sir Gawain
«Ringraziamo per ciò che abbiamo, per ciò che ci è stato preservato per puro caso, ossia un’altra finestra, dai vetri multicolori, che si apre sui tempi remoti del Medioevo e ci offre un altro punto di vista» (p. 20)
Tolkien lesse per la prima volta il Sir Gawain alla King Edward’s School a Birmingham, e fu la fonte di alcune sue recitazioni al TCBS. Assieme agli scritti e alle conferenze sul Beowulf, il Sir Gawain costituisce il cuore della carriera accademica di Tolkien, e la sua storia editoriale va dal 1925 al 1983. L’edizione critica del 1925, curata assieme a E.V. Gordon, fu un notevole risultato accademico (Tolkien si occupò principalmente del testo e del glossario, Gordon delle note).
L’elezione di Tolkien alla cattedra di Rawlinson and Bosworth Professor of Anglo-Saxon a Oxford seguì quasi immediatamente alla pubblicazione del Sir Gawain. Una versione della traduzione del poema era già completa agli inizi degli anni ‘50 e fu trasmessa dalla BBC nel 1953, anno in cui Tolkien tenne una conferenza sul Sir Gawain all’Università di Glasgow. Il saggio è stato pubblicato postumo nel 1983 in The Mosters and the Critics (tr. it. Il Medioevo e il fantastico), mentre la traduzione è uscita postuma nel 1975, assieme a quella di altri due testi, Pearl e Sir Orfeo.
Nel 1928 Tolkien scrisse nella prefazione di A New Glossary of the Dialet of the Huddersfield District di Walter Haigh che lo studio dei dialetti del nordovest era importante perché essi mostravano i segni di una evidente convivenza tra Old English (anglosassone) e Old Norse (norreno). Nel XIV secolo quest’area del nordovest, secondo Tolkien, era divenuta il «centro della rinascita di opere scritte in dialetto, i cui più interessanti esempi conservati sono i poemi scritti in metro allitterativo che discendono dall’antico verso dei tempi anglosassoni ma in una lingua oggi difficile da leggere per via dei suoi forti elementi scandinavi e le numerose altre parole dialettali insolite e oscure.
Infatti, libri come questo gettano talvolta preziosa luce su significati o forme di parole in questi antichi poemi, come il romanzo Sir Gawain e il Cavaliere Verde e la meravigliosa omelia elegiaca conosciuta come La Perla»2. Nella prefazione al libro di Haigh, Tolkien suggerì che probabilmente il Sir Gawain fu scritto a ovest di Huddersfield3, mentre lui e Gordon, nell’edizione del 1925, avevano dichiarato che era stato scritto nel dialetto del Lancashire4.
Ricerche successive al 1925 localizzano il poeta del Sir Gawain nella valle del fiume Dane al confine tra Cheshire e Staffordshire5.
Tra le molte influenze che il Sir Gawain potrebbe aver avuto sul legendarium tolkieniano ne segnaliamo alcune. Al v. 681 il Cavaliere Verde viene chiamato aluisch mon, che Tolkien traduce con elvish man. In medio inglese, l’aggettivo aluisch significa “strano, misterioso” e si riferisce a qualcosa che possiede poteri sovrannaturali e che proviene da un altro mondo, e infatti Luca Manini lo rende giustamente con «essere non umano» (p. 69). Quando un gigante tutto verde giunge all’improvviso a Camelot su un cavallo verde, la corte di Artù entra «nella dimensione del meraviglioso, nella “illusione” e nella “magia”»6 (in originale, fantoum and fayryȝe).
Come rilevato da Bradford Lee Eden, «Sir Gawain e Sir Orfeo sono solo alcuni dei racconti sopravvissuti dal periodo medioevale che documentano le conseguenze di conflitti o incontri con elfi o esseri oltremondani, solitamente con esiti disastrosi per gli umani coinvolti»7. Il meraviglioso è identificato con un altrove, un mondo esterno, come l’Útgarðr, il “mondo esterno” della mitologia norrena da cui filtrano i giganti, opposto a Miðgarðr, la “Terra di Mezzo” abitata dagli uomini. Per gli anglosassoni gli elfi erano creature essenzialmente malvagie: nei testi medici e negli incantesimi troviamo infatti rimedi contro il “colpo dell’elfo” (frecce lanciate da esseri invisibili responsabili di attacchi di cuore, reumatismi e spasmi).
Continuando con le parole che potrebbero aver ispirato Tolkien, non può mancare etayn, che Tolkien e Gordon, nella loro edizione del 1925, glossano con «orco, gigante»8. Etayn è una variante del medio inglese eten, che deriva dall’antico inglese eoten o ent (da cui i celebri Pastori di Alberi); mentre in norreno sono chiamati jötnar (al singolare jötunn). La parola etayn compare due volte nel poema: la prima, è riferita al Cavaliere Verde, che viene descritto nella traduzione di Tolkien come «un minaccioso uomo a cavallo, / nella terra dei mortali io più possente in altezza, / tanto grande e squadrato dalla gola alla vita, / tanto lunghi ed enormi i lombi e le membra, / che un mezzo gigante mi pare che fosse, sulla terra» (p. 33). Quest’ultimo verso, in originale half etayn in erde I hope þat he were (v. 140) viene tradotto da Tolkien con half a troll upon earth I trow that he was. È interessante notare che i troll de Lo Hobbit provenivano da alcune vallate a nord di Rivendell chiamate Ettendales. Nella Guide to the Names in The Lord of the Rings, Tolkien scrive che questa parola contiene infatti «l’elemento arcaico eten “troll, orco”»9. La seconda occorrenza del termine (questa volta al plurale etaynez) è al v. 723. Riporto qui i versi 720-5, che descrivono l’avventurosa cavalcata di Gawain da Camelot alle terre selvagge dei monti Pennini:
Lotta a volte con draghi, e anche con lupi, a volte coi troll dei boschi che nelle balze vagavano, e con tori e con orsi e con cinghiali, anche, talvolta; e con orchi che lo braccavano dai picchi delle alture. (p. 71)
In originale:
Sumwhyle wyth wormez he werrez, and with wolues als, Sumwhyle wyth wodwos, þat woned in þe knarrez, Boþe wyth bullez and berez, and borez oþerquyle, And etaynez, þat hym anelede of þe heȝe felle;
Questa volta gli etaynez vengono tradotti da Tolkien con «orchi» (ogres), ma al v. 721 troviamo anche i wodwos, creature selvagge dei boschi, che Tolkien traduce con «troll dei boschi» (wood-trolls). Wodwos deriva dall’antico inglese wudu-wasa, glossato come “satiro, fauno”. Tuttavia, Tom Shippey10 nota qui un errore: wodwos è chiaramente un plurale, ma siccome il termine anglosassone da cui deriva, wudu-wasa, ha come plurale wudu-wasan, il poeta del Sir Gawain avrebbe dovuto scrivere wodwosen anziché wodwos. È un errore del poeta oppure lo scriba che copiò il testo fraintese il plurale irregolare? Ciononostante, a ben guardare, troviamo dei wodwos anche ne Il Signore degli Anelli: sono ovviamente i Woses, gli uomini selvaggi di Ghân-buri-Ghân che vivono nella Foresta dei Drúedain. A questo proposito Tolkien scrisse nella Guide to the Names in The Lord of the Rings che il termine Woses «rappresenta la parola (modernizzata) di Rohan per “gli uomini selvaggi dei boschi»11 e, come sappiamo, la lingua dei Rohirrim ricorda il dialetto merciano dell’anglosassone.
J.R.R. Tolkien, Sir Gawain e il Cavaliere Verde. Perla e Sir Orfeo, Bompiani 2023, traduzione di Luca Manini, 400 pp., €18.
Nota: si ringrazia l’Ufficio Stampa Bompiani per aver gentilmente inviato una copia del libro al recensore.
- J.R.R. Tolkien, H. Carpenter (a cura di), Lettere 1914/1973, Bompiani, Milano 2018, p. 338. ↩︎
- J.R.R. Tolkien, “Foreword” a W. E. Haigh, A New Glossary of the Dialect of the Huddersfield District, Oxford University Press, London 1928, p. xvi. ↩︎
- Ivi, p. xvii n. Huddersfield, nel West Yorkshire, era probabilmente la parte più isolata del sud dello Yorkshire verso la fine del diciottesimo secolo, e nel suo dialetto sono sopravvissute molte parole altrove scomparse, tra cui molte di origine norrena: questo perché nel periodo delle conquiste vichinghe fu sotto il controllo dei danesi. ↩︎
- Cfr. J.R.R. Tolkien, E.V. Gordon (edited by), Sir Gawain & The Green Knight, Oxford University Press, London 1960, pp. viii, xxii-xxiii. ↩︎
- T. Shippey, Tolkien and the Gawain-poet in Mythlore: A Journal of J.R.R. Tolkien, C.S. Lewis, Charles Williams, and Mythopoeic Literature (Vol. 21, No. 2), p. 215. ↩︎
- P. Boitani (a cura di), Sir Gawain e il Cavaliere Verde, Adelphi, Milano 1986, p. 11. ↩︎
- B. Lee Eden, “Elves” in M.D.C. Drout (edited by), J.R.R. Tolkien Encyclopedia: Scholarship and Critical Assessment, Routledge, New York-London 2007, p. 150. ↩︎
- J.R.R. Tolkien, E.V. Gordon (edited by), Sir Gawain & The Green Knight, cit., p. 154. ↩︎
- W. G. Hammond – C. Scull (edited by), The Lord of the Rings: A Reader’s Companion, HarperCollins, London 2014, p. 770 ↩︎
- T. Shippey, Tolkien and the Gawain-poet, cit., p. 216. ↩︎
- W. G. Hammond – C. Scull (edited by), The Lord of the Rings: A Reader’s Companion, cit., p.764 ↩︎
Emilio Patavini (Genova, 2005). Appassionato lettore di fantasy, fantascienza, weird e horror, si interessa di letterature medievali germaniche, mitologia comparata e di studi sulla vita e le opere di J.R.R. Tolkien. Si occupa in particolare delle fonti di ispirazione mitologiche, letterarie e linguistiche di Tolkien e le loro influenze sul legendarium, e del rapporto tra Tolkien, il fantasy e la fantascienza. Nel 2019 ha tenuto una conferenza su Tolkien dal titolo “Tolkien Ritrovato”. È stato membro della Tolkien Society inglese e ha scritto articoli e recensioni per Amon Hen: Bulletin of the Tolkien Society, LibriNuovi (http://librinuovi.net/) e Liberidiscrivere (https://liberidiscrivere.com/). È intervenuto in varie puntate della web-radio “La Voce di Arda”. Nel dicembre 2020 è entrato a far parte della redazione di Tolkien Italia.