di Emilio Patavini
Paul H. Kocher, Il maestro della Terra di Mezzo, Bompiani 2023, pp. 267, €14
Si ringrazia l’Ufficio Stampa Bompiani per aver gentilmente inviato una copia del libro al recensore.
Il primo febbraio 2023 è uscita per Bompiani una nuova edizione de Il maestro della Terra di Mezzo. L’opera di J.R.R. Tolkien (Master of Middle-earth. The Fiction of J.R.R. Tolkien, 1972), un saggio di Paul Harold Kocher (1907-1998), per cui nel 1973 vinse il premio della Mythopoeic Society nella categoria Scholarship in Inkling Studies. Kocher, studioso americano e professore di letteratura inglese, dedicò a Tolkien ben due saggi: al già citato Master of Middle-earth seguì infatti A Reader’s Guide to The Silmarillion (1980). Si occupò inoltre di studi sulla letteratura del periodo elisabettiano, con articoli e saggi su Christopher Marlowe e Francis Bacon.
In Italia, Il maestro della Terra di Mezzo era già uscito nel 2011 per Bompiani, tradotto da un grande esperto del fantastico quale era Riccardo Valla. La nuova edizione Bompiani ripropone l’introduzione (aggiornata al 2022) di Gianfranco de Turris e la traduzione di Valla con la nomenclatura e le citazioni da Il Signore degli Anelli ritradotte secondo la nuova versione di Ottavio Fatica.
Il saggio, pubblicato cinque anni prima della pubblicazione de Il Silmarillion (1977) e dunque mentre Tolkien era ancora in vita, analizza le opere allora disponibili del Professore: lo studio si concentra naturalmente sui suoi due scritti più celebri, Lo Hobbit (1937) e Il Signore degli Anelli (1954-55), ma dedica un’intera sezione alla cosiddetta “produzione minore” di Tolkien, tra cui vengono fatti rientrare il racconto allegorico Foglia di Niggle (1945), il poema di ispirazione bretone Il Lai di Aotrou e Itroun (1945), la «storia eroicomica» (p. 217) Il cacciatore di draghi (1949), il poema allitterativo Il ritorno di Beorhtnoth figlio di Beorhthelm (1953), il racconto fantastico Il fabbro di Wootton Major (1967), la poesia Imram (1955) e la silloge poetica Le avventure di Tom Bombadil (1962). Kocher, inoltre, cita spesso il saggio Sulle fiabe (1947), vero e proprio manifesto della poetica tolkieniana.
Nella sua introduzione, Magister John, Gianfranco de Turris definisce il saggio di Kocher «pionieristico» (p. 7) per i tempi in cui è stato scritto: la sua analisi acuta e approfondita dell’opera di Tolkien allora pubblicata risulta ancora oggi lucida, e nonostante alcune sue tesi siano state successivamente superate dalla critica, allo studioso americano va riconosciuto il merito di proporre per la prima volta ipotesi poi validate dagli scritti successivi.
A differenza per esempio di un testo come La mitologia di Tolkien (1977) di Ruth H.S. Noel, il saggio di Kocher è sempre attento a fornire informazioni precise e coerenti con i testi di Tolkien, che dimostra non solo di conoscere approfonditamente, ma anche di apprezzare pienamente.
Pur non avendo potuto leggere Il Silmarillion (1977) né tantomeno La storia della Terra di Mezzo (1983-1996) per ovvie ragioni cronologiche, Kocher inserisce nella sua opera molte corrette intuizioni: l’affermazione secondo cui «la Terra di Mezzo su cui vivevano gli Hobbit è dunque la nostra Terra, ma nelle condizioni in cui era nel lontano passato» (p. 16) sembra riecheggiare l’epistolario tolkieniano, che vedrà la luce della pubblicazione nel 1981. Kocher ci spiega che Tolkien, per dare l’idea che la Terra di Mezzo sia proprio la nostra Terra, fece ricorso al concetto di “strano ma non troppo”, che viene qui debitamente illustrato. Oppure, Kocher nota che in un primo momento Arda doveva essere un disco piatto per poi divenire un mondo sferico a seguito della rimozione dei Reami Beati (gli scritti di Tolkien confermano tale concezione).
In alcuni casi, senza informazioni direttamente desumibili dalle Appendici de Il Signore degli Anelli o da altre fonti, l’autore si muove nel campo delle ipotesi: scrive che Gandalf doveva essere un Vala o un suo emissario (ed era infatti un Maia); suggerisce che «Sauron potrebbe essere stato un Valar, come suggerisce Auden, o potrebbe essere appartenuto a qualche altra razza dotata di grande potere» (p. 103) (anche in questo caso si tratta di un Maia); mentre intuisce correttamente che Morgoth apparteneva originariamente alla schiera dei Valar.
O ancora, altra corretta intuizione riguarda la natura dei Nani, la cui razza, scrive Kocher, deve essere stata creata «in un modo diverso da quello delle altre (un modo di creazione su cui Tolkien si limita a pochi accenni)» (pp. 132-33).
È infatti ne Il Silmarillion che viene riportata la storia della creazione dei Nani da parte del Vala Aulë, benché un breve accenno alla vicenda si possa trovare anche nell’Appendice F. Sull’origine del nome hobbit, Kocher riporta l’opinione del critico Edmund Wilson (secondo cui la parola sarebbe imparentata con rabbit “coniglio” per quanto riguarda la sua parte finale); come origine del prefisso cita invece il termine hob, associato alla tradizione del Piccolo Popolo (si veda il termine hobgoblin, altro nome con cui è noto Robin Goodfellow, il Puck di Shakespeare).
L’origine del più noto termine tolkieniano è molto discussa e lo stesso Tolkien non fornì mai una etimologia ufficiale (se non quella fittizia tratta dall’anglosassone holbytla “costruttore di buchi”). Quel che è certo è che smentì il legame con rabbit, mentre parlò di una possibile connessione con Babbitt, titolo di un romanzo del 1922 del Premio Nobel Sinclair Lewis e cognome del protagonista della storia.
A conferma di ciò possiamo citare una lettera inedita a H.C. Bauer (24 novembre 1966) in cui Tolkien scrisse di aver letto tutte le opere di Sinclair Lewis. Un’altra possibile fonte è The Denham Tracts, una raccolta di folklore britannico risalente alla seconda metà dell’Ottocento.
In particolare, nel secondo volume, compare una lunghissima lista di termini associati al folklore dell’Inghilterra settentrionale, tra cui la prima occorrenza del termine hobbits (James Hardy (ed.), The Denham Tracts. A Collection of Folklore by Michael Aislabie Denham, and Reprinted from the Original Tracts and Pamphlets printed by Mr. Denham between 1846 and 1859, Vol. II, London, The Folklore Society 1895, p. 79).
Nel suo saggio, Kocher analizza la cosmologia della Terra di Mezzo e la storia delle razze che la abitano; si interroga sulla diversa natura de Lo Hobbit e de Il Signore degli Anelli e sulle loro strutture in comune; affronta concetti quali i ruoli giocati da libero arbitrio e destino all’interno delle opere tolkieniane; esamina la natura del male incarnata dalla figura di Sauron; dedica un intero capitolo al personaggio di Aragorn, definendolo non solo come «il principale personaggio umano del Signore degli Anelli» (p. 163), ma anche come uno dei più trascurati dalla critica; infine passa in rassegna la narrativa “minore” di Tolkien.
Pur trattandosi di uno studio datato, Il maestro della Terra di Mezzo è davvero un’opera “pionieristica”, che si dimostrerà ricca di spunti interessanti per qualunque appassionato dell’opera di J.R.R. Tolkien.
Emilio Patavini (Genova, 2005). Appassionato lettore di fantasy, fantascienza, weird e horror, si interessa di letterature medievali germaniche, mitologia comparata e di studi sulla vita e le opere di J.R.R. Tolkien. Si occupa in particolare delle fonti di ispirazione mitologiche, letterarie e linguistiche di Tolkien e le loro influenze sul legendarium, e del rapporto tra Tolkien, il fantasy e la fantascienza. Nel 2019 ha tenuto una conferenza su Tolkien dal titolo “Tolkien Ritrovato”. È stato membro della Tolkien Society inglese e ha scritto articoli e recensioni per Amon Hen: Bulletin of the Tolkien Society, LibriNuovi (http://librinuovi.net/) e Liberidiscrivere (https://liberidiscrivere.com/). È intervenuto in varie puntate della web-radio “La Voce di Arda”. Nel dicembre 2020 è entrato a far parte della redazione di Tolkien Italia.