Le Case di Guarigione sono Speranza

Vi riproponiamo la riflessione che Mauro Toninelli ha maturato e diffuso in occasione del Tolkien Reading Day 2020.


Si chiamano proprio così: The Houses of Healing, Le Case di Guarigione. 

Oltre ad essere il titolo di uno dei capitoli de Il ritorno del Re, uno dei volumi che compone Il Signore degli Anelli, sono un luogo importante nel racconto, anche se apparentemente secondario. Purtroppo è uno di quelli che non si ricordano, è uno di quelli che non porta con sé il fascino di un reame elfico, che non ha rovine pregne di storia, che non affascina per il misterioso che nasconde, che non imprime nella mente la sua potenza e maestosità, che non incute timore. E si potrebbe andare avanti elencando i motivi per cui molti luoghi delle opere di Tolkien restano nell’immaginario comune dei suoi lettori. Questo è un luogo che ci si può persino dimenticare di citare nei film (per la verità nella versione estesa Le case di Guarigione sono presenti in una scena in cui Aragorn ed Éomer che assistono Éowyn).

Eppure mai luogo fu denso di significato come Le Case di Guarigione, in modo particolare nella situazione in cui si sta vivendo questo Tolkien Reading Day (25 marzo 2020).

Nelle Case di Guarigione sono ricoverati i malati dove curatori e volontari si prendono cura di chi è colpito dalla malattia e, in modo particolare da un male insanabile, che essi chiamavano l’Ombra Nera perché derivava dai Nazgûl e “coloro che ne erano colpiti piombavano lentamente in un delirio sempre più profondo per poi passare al silenzio, a un freddo micidiale, e infine alla morte”1. È il luogo dove vengono ricoverati i malati di Gondor; è il luogo in cui, durante la guerra dell’Anello oltre ai molti feriti nelle battaglie contro Sauron, sono portati Faramir, Éowyn e Merry: il primo, capitano di Gondor, ferito da una freccia avvelenata, mentre la principessa di Rohan e il giovane hobbit, scudiero di re Théoden, segnati nel corpo e nello spirito per aver trafitto e ucciso il Re Stregone.

Le Case di Guarigione sono il luogo della sapienza e della saggezza volte alla guarigione. Qui, tra i giacigli dei malati, più o meno gravi, si affrettano guaritori e volontari, giovani e vecchi, uomini di responsabilità e anziane donne di dedizione. Si alternano per rispondere alle esigenze portate dalla malattia e ai bisogni antropologici. Sapienza e saggezza sono necessarie entrambe per Tolkien in una Casa di Guarigione perché dove non arriva una può arrivare l’altra; entrambe, perché l’una risponde certamente alla conoscenza tecnica necessaria a guarire mentre l’altra accoglie il grido umano; entrambe, perché l’una si basa su studio e conoscenza applicate e l’altra su antichi saperi che raccontano qualcosa dell’uomo; entrambe, perché l’una risponde all’uomo col sapere e l’altra all’uomo con la vita. L’una e l’altra.

“In quel momento entrò l’esperto in erbe. «La vostra signoria ha chiesto della foglia di re, poiché tale è il nome che gli incolti danno a questa pianta», disse; «nella lingua nobile viene chiamata athelas, e coloro che comprendono qualche parola di Valinoreano…». «Io lo parlo», disse Aragorn, «e non m’importa che tu la chiami asëa aranion o foglia di re, purché tu ne abbia». «Chiedo perdono, sire!», disse l’uomo. «Vedo che sei colto ed erudito, e non soltanto un capitano di guerra. Ma purtroppo, sire, non teniamo questa cosa nelle Case di Guarigione, dove curiamo esclusivamente i malati o feriti gravi. Perché essa infatti non possiede alcuna virtù a noi nota, se non forse di addolcire un’aria malsana, o di allontanare una pesantezza passeggera. A meno, beninteso, che tu non dia retta a quelle vecchie strofe che donne come la nostra brava Ioreth ancor oggi ripetono senza afferrarne il significato.

Quando qui soffierà l’alito nero 

E dell’ombra mortal verrà l’impero

E svanirà la luce e il sereno,

Allora athelas imploreremo!

Vita ad ogni morente

In mano al re sapiente!

Temo che sia solo una filastrocca, sorta nella fantasia delle vecchie comari. Lascio che tu stesso ne interpreti il significato, ammesso che ne abbia uno. Ma ci sono dei vecchi che la adoperano tuttora come un infuso contro il mal di testa». «Allora, in nome del re, va’ a cercare qualche vecchio meno erudito ma più saggio che ne tenga in casa qualche foglia!», gridò Gandalf.2

E più avanti per ricordare la connessione necessaria alla vita offerta dalla saggezza. Ecco le espressioni della vecchia Ioreth:

«Ebbene! Chi l’avrebbe mai creduto?», disse Ioreth a una donna che le stava accanto. «Quell’erba è migliore di quanto non pensassi. Mi fa ricordare le rose d’Imloth Melui, quand’ero ancora una ragazza, e non vi era re che potesse pretendere fiore più bello»3.

Leggere oggi quel capitolo è di grande impatto emotivo oltre che aprire gli occhi a una profonda verità perché porta noi uomini del 2020 a fare i conti con la nostra realtà. Oggi per noi, più che altre volte, ricorda le nostre Case di Guarigione, gli ospedali, quelle che stanno rispondendo con tanta sapienza e certamente saggezza umana all’emergenza che ci sta colpendo.

Ma le Case di Guarigione e i guaritori, va ricordato, ci sono anche negli altri momenti. Nella normalità del vivere quotidiano c’è sempre la possibilità di una situazione drammatica e sempre c’è chi attende per offrire sapienza e saggezza, nella giusta misura, per accompagnare nel momento della difficoltà, della malattia dell’avvicinarsi della morte. 

Non sono un luogo irrilevante. 

Sono un luogo fondamentale per il vivere dell’umanità. 

Ma la grandezza delle Case di Guarigione in Tolkien non si esaurisce qui. 

Al di là del ruolo narrativo ne Il Signore degli Anelli poiché sono il luogo in cui Aragorn si rivela come re, proprio in funzione del suo potere taumaturgico, le Case di Guarigione sono luogo della speranza. Basti pensare a quel che si trova scritto in The war of the Ring, l’ottavo volume di The History of Middle-Earth:

my father wrote […] that Gandalf and Berithil bore Faramir to ‘the houses of the sick’, but the changed this to ‘the Houses of Healing’. (mio padre scrisse […] che Gandalf e Berithil portarono Faramir alle Case dei malati, ma l’ha cambiato con Le Case di Guarigione)4.

Tolkien nel suo continuo e costante lavoro sulle parole nel tentativo di trovare il termine in grado di dire meglio l’ispirazione, la realtà intravista, cambia il nome delle Case abbandonando la definizione che le identifica come luogo della malattia preferendo dire che quel luogo non è il posto della guarigione. Sono le Case per coloro che si trovano nella sofferenza ma che guardano oltre la sofferenza. Sono le case di coloro che sperano nella guarigione, nella salute, nella salvezza, nella vita. Le Case della Guarigione offrono, attraverso la loro presenza, attraverso la presenza di chi vi lavora, la concretezza della speranza e dell’umanità nel momento della battaglia per la vita. 

Le Case di Guarigione dicono in una città, in un regno, in una umanità che, nonostante tutto, c’è ancora chi crede nella speranza, chi si batte per la speranza: è possibile la speranza della vita. E non resta una speranza vana perché è possibile guarire. Nell’anima e nel corpo.

Ecco perché, anche in un momento come questo, rileggere Il Signore degli Anelli può aiutare. Le nostre Case di Guarigione, i nostri curatori sapienti e saggi funzionano e dicono alla nostra società malata, non solo nel corpo ma anche nello spirito, che una speranza c’è.

Ed ogni alba la rinnova. 

Anche se non sarà per il 25 marzo, non fa male rileggere Le case di Guarigione.

Forse ce n’è proprio un gran bisogno. 


1 J.R.R. Tolkien, Il ritorno del re. Il Signore degli Anelli. Parte III, Bompiani, Milano 2014, p. 200. 

2 J.R.R. Tolkien, Il ritorno del re. Il Signore degli Anelli. Parte III, cit., pp. 207-208.

3 J.R.R. Tolkien, Il ritorno del re. Il Signore degli Anelli. Parte III, cit., p. 209.

4 J.R.R. Tolkien, The War of the Ring, HarperCollins, London 2015, p. 379. Traduzione di chi scrive. 

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2 Replies to “Le Case di Guarigione sono Speranza”

  1. Sempre pronti a criticare, a volte anche giustamente, ma oggi sono lì, i guaritori e tutti gli infermieri, si ammalano e muoiono. Spero che una volta passato tutto ce ne ricordiamo. Ma a volte abbiamo la memoria corta.

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