William Morris e J. R. R. Tolkien: la nascita della letteratura fantastica moderna
L’Europa del XIX secolo è attraversata da un imponente e originale revival di forme, stili, modelli letterari d’età medievale: sono le ‘chanson de geste’, i ‘romance’ in antico inglese, le saghe epiche del Nord Europa, le composizioni trobadoriche, le liriche in ‘langue d’oc’, ad essere riscoperte e pubblicate, spesso fortemente rielaborate, in sintonia con la nascente sensibilità romantica, e a rappresentare, per molti intellettuali, il mito fondatore delle origini etniche/nazionali, la cui ricerca rappresenta il filo conduttore che lega gli Stati europei oppressi e in lotta per l’indipendenza.
Johan Gottfried Herder scopre, ad esempio, la poesia popolare tedesca e la eleva a simbolo del ‘Volkgeist’, lo “spirito del popolo” unificatore e nazionale; Jacob Bodmer recupera e pubblica i poemi germanici il Parzival e il Nibelunggenlied, che ispireranno numerosi autori, pittori e artisti romantici, come Richard Wagner; James Macpherson rielabora canti e ballate gaelici, scrivendo quello che è stato a ragione giudicato il falso del secolo, I Canti di Ossian, poema frutto di invenzione ma presentato e sentito come autenticamente medievale, destinato a divenire, nel corso del Romanticismo, il simbolo di quello spirito nordico medievale e di quei valori di purezza, valore, spiritualità che si volevano rifondare nel XIX secolo.
Un atteggiamento cui Morris, come già anticipato, non resta estraneo ma è anzi attivamente partecipe alle intemperie culturali e poetiche del tempo.
Per l’artigiano delle Arts and Crafts il Medioevo rappresenta un tempo/spazio nostalgico, di cui avverte la perdita inevitabile nella società moderna; questa è infatti colpevole, secondo l’autore, di aver sacrificato il vero eroismo, la bellezza antica, il rapporto etico con la natura, le virtù cristiane di comunione e opera in nome della Chiesa, per fini personalistici e a vantaggio di interessi materiali (l’industrializzazione, l’urbanizzazione, lo sfruttamento delle campagne, la nascita della società del capitale).
Il Medioevo morrisiano, da ricreare tanto in architettura, nell’artigianato, nell’opera letteraria e nell’attività umana, è un modello di fratellanza universale e comunità organica, da far rinascere nella società capitalistica moderna come alternativa valida, sia economica e sociale, tramite, ad esempio, una forma di neo-corporativismo cristiano su esempio delle Gilde medievali di Arti e Mestieri o la rivalutazione dell’artigianato manuale ad opera d’arte, che artistica e religiosa.
Questi intenti sono sinceramente perseguiti da Morris nella sua attività politica – egli stesso è un sostenitore del socialismo utopistico, tesoriere e fondatore della Lega Socialista dal 1884 – intellettuale, nell’ideazione delle sue Arts and Craft, tendenti a ripristinare idealizzati e virtuosi modelli medievali, così come nell’opera architettonica (si pensi alla già citata Red House) e nella militanza con i Preraffaelliti.
Tuttavia il Medievalismo di Morris ha anche un aspetto letterario che, fortemente avverso all’accademismo e al recupero del romanzo realista di molti ambienti intellettuali dell’Inghilterra del suo tempo, si identifica ed emerge per essere anti-realista, fantastico, surreale e, a tratti, allegorico; ripescando la “materia di Bretagna” e le saghe germaniche Morris scrive una raccolta di poemetti in versi dedicati all’amata Jane, La difesa di Ginevra (The Defence of Guenevere, 1858), Il Paradiso Terrestre (The Earthly Paradise, 1868-1870), un poema epico in quattro libri dal titolo Storia di Sigurd il Volsungo e la caduta dei Nibelunghi (The Story of Sigurd the Volsung and the Fall of Niblungs) del 1876, versione inglese del poema originale, e sette romanzi cavallereschi – in ordine: La Casa dei Lupi (The House of the wolves, 1888), Le Radici delle Montagna (The Roots of the Mountains, 1889), La Storia della Pianura Scintillante (The Story of the Glittering Plain, 1890), Il Bosco Oltre il Mondo (The Wood Beyond the World, 1894), La Fonte ai Confini del Mondo (The Well at the World’s End, 1895), L’Acqua delle Isole Meravigliose (The Water of the Wondrous Isles, 1896), Il Diluvio Universale (The Sunderling Flood, 1896) – e, da filologo ed esperto conoscitore di lingue germaniche e di antico inglese, traduce le antiche saghe islandesi, tra le quali la Heimskringla (con Eirikur Magnusson) e il Beowulf dall’inglese antico, insieme a A.J. Wyatt.
Le fonti, naturalmente, sono quelle del Medioevo “nordico”, dalla Saga dei Volsunghi al Ciclo Arturiano, dal Beowulf ai ‘romance’, le stesse che ispireranno Tolkien nella creazione della Terra di Mezzo, di Arda e delle vicende de Il Signore degli Anelli e Il Silmarillion.
Proprio Morris è, infatti, insieme a George MacDonald (autore di Le fate dell’ombra del 1858 e de La principessa e i goblin del 1872), considerato il padre del fantasy moderno e, come confermato anche dai più approfonditi studi recenti, l’ispiratore di due tra i più grandi scrittori di letteratura fantastica del XX secolo, J. R. R. Tolkien e l’amico e collega C. S. Lewis, autore de Le Cronache di Narnia.
Specie in Tolkien è possibile riscontrare una scelta di tematiche che vengono anticipate da Morris (il viaggio esperienziale dell’eroe, la tentazione del protagonista, la caduta, il rischio della corruzione, la rinascita virtuosa, il rifiuto dell’industrializzazione e della “macchina”, la crisi dell’individualità, la nostalgia del passato, l’amore sofferto), ma le connessioni letterarie sono ancora più profonde e sono, anzi, rafforzate dalla profonda conoscenza e dalla considerazione che il professore di Oxford nutre nel corso della sua carriera e attività, per le opere di William.
L’influenza di Morris su Tolkien è stata ampiamente riconosciuta da diversi autori nel corso del tempo: W.G. Hammond e C. Scull ne parlano nella loro The J.R.R. Tolkien. Companion and Guide (2005); Michael Perry ne fa menzione in una specifica voce dell’enciclopedia di Michael Drout (J.R.R. Tolkien Encyclopedia: Scholarship and Critical Assessment, 2007); nel suo Tales before Tolkien, pubblicato nel 2003, Douglas Anderson include un racconto breve di Morris, The Falk of the Mountain Hall; Jessica Yates ha stilato una bibliografia contenente una settantina di voci di opere riguardanti l’influenza di Morris su Tolkien; un’edizione de Le Radici delle Montagne, conosciuta e posseduta da Tom Shippey, riporta sulla copertina la dicitura: «A book that inspired J.R.R. Tolkien» (“Un libro che ha ispirato J.R.R. Tolkien”).
Lo stesso Tolkien menziona, nel corso della sua carriera, l’opera di Morris. Nell’ottobre 1914 Tolkien scrive alla sua fidanzata e futura moglie Edith Bratt una lettura in cui racconta:
Fra le altre cose che faccio sto provando a trasformare una delle storie, una gran bella storia e molto tragica, in un
racconto breve nello stile dei romanzi di Morris con brani di poesie in mezzo.
Il testo a cui Tolkien da riferimento sarebbe poi diventato La storia di Kullervo e sarebbe diventato il materiale di partenza di uno dei tre Grandi Racconti del Silmarillion: il Racconto dei Figli di Húrin. Sempre nel 1914, Tolkien vinse un premio universitario in denaro, e tra ciò che comprò con la somma ricevuta vi erano tre opere di Morris, menzionate, tra l’altro, dallo studioso italiano Oronzo Cilli, che conta ben undici opere del preraffaellita appartenute a Tolkien. Anche trenta anni più tardi, per la precisione nel 1941, Tolkien tenne una conferenza su Morris e sul poema Sigurd il Volsungo, come ci confermano Scull e Hammond.
Del resto Morris rientra tra gli autori più letti tra la fine dell’Ottocento e gli anni della Prima Guerra Mondiale, accanto a H. G. Wells, Rider Haggard, John Buchan, anche quest’ultimo molto apprezzato da Tolkien: La Pianura Scintillante (1891) fu stampato almeno sette volte prima del 1912 e, come ha annotato Paul Fussell nel suo grande libro La Grande Guerra e la memoria moderna:
Al fronte, tra il 1914 e il 1918, difficilmente si trovava un letterato che non avesse letto La Fonte ai confini del mondo e non ne fosse rimasto folgorato in gioventù.
Nello stesso testo l’autore riporta le memorie dell’economista Hugh Quigley, Passchendaele and the Somme, dove quest’ultimo, giovane volontario, scrisse:
Il terrificante canale di Ypres… ricorda la pozza di veleno sotto l’Albero Secco de “La Fonte ai Confini del Mondo”, attorno alla quale giacciono corpi con «facce simili a cuoio»… contratte in una smorfia, come se fossero morti soffrendo. Tutto accadeva in una terra di orrore e raccapriccio da cui pochi ritornano, uguale a quel paese descritto da Morris ne “La Fonte ai Confini del Mondo”.
Riferimenti di questo tipo pullulano nella memorialistica di guerra, dove emerge un costante collegamento a La Fonte morrisiana: i canali contaminati, i campi distrutti, le terre desolate che si riempiono di trincee, fango e cadaveri, conseguenza delle terribili battaglie di Thiepval, Ypres, Yser, sono uno scenario agghiacciante che ridesta nei soldati l’assimilazione con «la terra di orrore e raccapriccio» stessa impressione che deve aver avuto C. S. Lewis, amico e collega di Tolkien, che acquista l’opera nel 1917, prima di partire per il fronte.
I soldati, tra i quali vi sono anche giovani studenti speranzosi come Tolkien e Lewis, ritrovano dunque nei romanzi cavallereschi di Morris non soltanto un momento di evasione dalla realtà ma anche un conforto, in quanto essi offrono un termine di paragone con le ansie, le paure e il terrore della guerra, dietro le quali sta comunque la possibilità di redenzione e salvezza: una funzione catartica, in fondo, che non può fornirgli invece il romanzo a sfondo sociale, come quello cui si ispirano i testi di Henry James.
Altri punti di contatto fra Tolkien e Morris sono da rintracciare nella volontà del TCBS, il gruppo di amici stretti di Tolkien nel periodo degli studi giovanili, di imitare la Confraternita Preraffaellita di Morris, e nella volontà di Tolkien di cominciare a dedicarsi alla scrittura di lunghi poemi narrativi, come il The Lays of Beleriand, iniziato negli anni Venti, su esempio del Paradiso Terrestre morrisiano e degli Idilli del Re di Tennyson (1859-1885), in controtendenza con una larga fetta dell’Accademia che si direziona, negli stessi anni, verso la poesia ironica, allegorica ed ermetica (come La Terra Desolata di T.S. Eliot) e verso il romanzo breve – riflessioni dalle quali è possibile desumere anche un certo anti-accademismo come punto di contatto tra i due autori, che pure ha ragioni e modalità diverse di esprimersi.
Certamente i poemi di Morris e Tennyson, così come i Canti di Roma antica di Macaulay (1842), hanno ispirato Tolkien nell’elaborazione delle sue opere, come La leggenda di Sigurd e Gudrun, che secondo Tom Shippey è un tentativo di eguagliare La storia di Sigurd il Volsungo (1876) dell’autore preraffaellita, mentre La caduta di Artù è certamente una replica agli Idilli del Re, alla Difesa di Ginevra e ad altri poemi arturiani.
I romanzi “onirici”: fra utopia medievale e socialismo rivoluzionario
Come già detto, nella vastità della produzione letteraria di William Morris, troviamo non solo opere che presentano caratteristiche in comune con il genere fantasy e, quindi, punti di contatto con l’opera di Tolkien, i poemi epici e i romanzi cavallereschi, nei quali avviene quella rielaborazione del Medioevo, caratteristica peculiare del fenomeno romantico e tipica in numerosi altri scrittori ottocenteschi (Ann Radcliffe e Horace Walpole, iniziatori del genere gotico; Bram Stoker, autore di Dracula; Alfred Tennyson, John Keats, Robert Louis Stevenson, ecc.), ma anche i romanzi “politici”, nei quali si riflette il manifesto utopico/socialista dell’autore.
Questi ultimi sono Il Sogno di John Ball (The Dream of John Ball, 1888) e Notizie da Nessun Luogo (News from Nowhere, 1891), appartenenti al così detto filone anarchico-utopistico, nei quali l’autore riflette il suo pensiero politico ma anche la profonda conoscenza delle società germaniche.
Entrambi i romanzi sono frutto della visione ideologica e sociale di Morris che, dallo studio delle saghe islandesi, riprende il tema del giudizio universale norreno, il Ragnarök, (evento scatenante la distruzione di Midgard e di Asgard, fonte di ispirazione, tra gli altri, per Richard Wagner, che rielabora il “Fato degli dèi”), e l’idea, in realtà una costruzione romantica, dell’egualitarismo delle società germaniche, che influenzeranno la sua personale idea di socialismo rivoluzionario. Nell’autore convivono, dunque, come parte di un’unica teoria, escatologia germanica e pensiero “messianico” marxista, quest’ultimo incentrato sul progredire delle società umane attraverso l’evoluzione dei modi produzione (organizzazioni sociali e produttive), quindi dal comunismo primitivo, attraverso diverse fasi storiche, al modo di produzione borghese/industriale e, infine, alla società comunista, lo stadio finale, nella quale scompare ogni forma di divisione per classi, raggiunta in conseguenza della rivoluzione del proletariato, destinato alla vittoria finale.
Siamo lontani dal netto ma inerte rifiuto della modernità espresso da Pugin, Ruskin e Carlyle, il cui pensiero non va oltre la teorizzazione: il Medievalismo di Morris è attivo, è portatore di una valenza positiva e sociale, caratterizzato da una visione progressista della società, è recupero del Passato tradotto in azione concreta.
Tornando ai romanzi, entrambi si aprono con una cornice onirica: il protagonista del Sogno di John Ball, il narratore stesso, anestetizzato dagli effluvi di uno strano papavero bianco (fiore simbolo di oblio, sonno eterno e storditezza), sogna di essere proiettato nel passato, in una rivolta contadina del 1381 nel più ampio contesto della Guerra dei Cent’anni, mentre in Notizie da Nessun Luogo, il protagonista William Guest (“Ospite”), nel quale si rispecchia l’autore stesso, addormentatosi nel corso di un’assemblea della Lega Socialista, viene catapultato, al suo risveglio, in una Londra futuristica nella quale non esistono più il lavoro salariale, lo sfruttamento capitalistico e le istituzioni autoritarie.
La rivolta contadina del predicatore John Ball, figura realmente esistita, con il quale il narratore/protagonista immagina di intrattenere un acceso dibattito politico e sociale, rivela l’intento rivoluzionario di Morris, incline a sostenere la ribellione dei ceti svantaggiati, i loro diritti sulla terra, contro i modelli di produzione feudale, incarnati nel romanzo dai signorotti locali e prefigurazione della dittatura della borghesia capitalistica dell’Inghilterra ottocentesca.
Morris guarda dunque indietro, al Medioevo, per rintracciare i modelli della rivoluzione proletaria da compiersi nel presente affinché si attui il sogno socialista rappresentato dalla Londra utopistica di Notizie da Nessun Luogo, una città libera da grandi stabilimenti industriali, dalla sporcizia, dalle tenebre e da società del profitto, immersa nel verde della campagna libera e spontanea, bagnata dalle limpide e cristalline acque del Tamigi, ora luogo ameno di ritrovo e pace.
Opera destinata a un vasto successo, Notizie da Nessun Luogo, ispirato agli ideali libertari dell’autore, fu definita dal principe P.A. Kropotkin come «la migliore descrizione di una società futura organizzata sotto il segno del comunismo anarchico», a sottolinearne l’incisività politica. Curiosamente, questo romanzo utopistico, di anticipazione e fantapolitica, è stato anche ricollegato alla nascente letteratura del genere fantascientifico e, in particolare, a La Macchina del Tempo (The Time Machine) di Herbert Gorge Wells del 1895 (pubblicato appena quattro anni dopo l’opera di Morris).
I poemi e i romanzi cavallereschi.
Il primo prodotto del medievalismo letterario morrisiano è La Difesa di Ginevra, pubblicata nel 1858, dedicato all’amata Jane. È una raccolta di poesie che fornisce una nuova visione, moderna, della donna medievale, che si schiera apertamente contro lo stereotipo dell’eroe maschile, campione dell’età vittoriana.
I valori recuperati da un mondo medievale romanzato sono qui capovolti: istinti sessuali, sovversione, la perdita dell’onore a causa della passione rovinosa, sono gli elementi che rendono originale il testo, nel quale emerge la brillante capacità creativa e ironica di Morris che, prendendo spunto dalla Morte di Re Artù di Malory, crea un personaggio originale, voluttuoso, ambiguo e subdolo, una Ginevra inedita che tenta la sua difesa personale a tutti i costi contro le accuse di adulterio per le quali è stata processata.
Di diversi intenti è il poema Il Paradiso Terrestre, pubblicato nel 1870. Poema narrativo, si rifà al folklore dei paesi del Nord Europa, all’epica classica e alle saghe islandesi, presentando temi diversi. La vicenda del poema ha per protagonista un gruppo di vagabondi norvegesi in cerca della terra dalla vita eterna. Sfuggiti alla pestilenza, stanchi delle sofferenze del mondo, i compagni prendono il mare verso Occidente dove, secondo antiche leggende, si trova la «terra immortale dove nessuno invecchia» ma, non avendola trovata, ritornano indietro stanchi, provati, «piegati e grigi», dopo lunghi vagabondaggi.
Giungono infine in un’antica città senza nome, sita in un mare lontano, dove è ancora in auge il culto degli dei greci. Ospitati benevolmente trascorreranno qui il resto della loro vita. Ogni mese i viandanti partecipano ad una festa in cui vengono raccontate due storie o racconti, uno narrato da un saggio della città e un altro narrato da uno dei vagabondi (stile che ricorda la narrazione ciclica del Decameron): ventiquattro storie per dodici mesi, delle quali dodici di argomento classico raccontate dai greci e dodici trattanti la materia norrena e l’epica medievale (per tale motivo il poema morrisiano è suddiviso in dodici libri). È qui presente qui un tema caro a Tolkien: quello della mancanza struggente e della ricerca vana (umana) della Terra Immortale, che nell’Universo Tolkeniano diviene Aman o Valinor, il Reame Beato dei Valar, accessibile soltanto agli Immortali (le poche eccezioni riguardano Frodo e Bilbo, che vengono accolti in ricompensa per i dolori patiti in vita e per la missione alta che hanno perseguito con abnegazione, per il Bene superiore – a scapito, ad esempio, di una “vita tranquilla” nella Contea, come nel caso di Frodo).
Verso la fine degli anni Settanta del XIX secolo Morris comincia a interessarsi maggiormente alle saghe islandesi, traducendone alcune delle più importanti, ma anche ad avvicinarsi maggiormente alla forma narrativa tipica del ‘romance’ medievale, preferendo componimenti più brevi, sullo stile dei romanzi cavallereschi.
I temi e i personaggi delle sue nuove opere sono modelli archetipici, figure auliche, potenti e ideali, che muove all’interno di una cornice fantastica dove vige costantemente la lotta fra il Bene e il Male.
In particolare è attraverso lo studio di due saghe islandesi, la Saga di Gunnlaugs e il Grettla, che Morris giunge a definire lo scopo della letteratura di finzione: rappresentare la realtà tramite emozioni umane pure, forti, incorrotte perché primigenie, e fornire così un esempio massimo da poter mettere in pratica nel vissuto quotidiano.
Il frutto, sotto forma di poema, di questa sua concezione, che sarà ripresa dal genere fantasy moderno e che si riscontra nei valori universali cui tende l’epica di Tolkien, è La storia di Sigurd il Volsungo e la Caduta dei Nibelunghi del 1876. Il poema riprende lo schema del romance per quanto riguarda temi e struttura: attraverso la quest dolorosa di Sigurd, dominata da un destino atemporale, l’autore vuole dimostrare come soltanto affrontando, soffrendo e, infine, vincendo le prove della vita, sia possibile raggiungere lo stadio di coscienza “finale”, una condizione pura e salvifica.
Il romance più compiutamente fantasy di William Morrisè La Fonte ai Confini del Mondo, pubblicato nel 1896. La narrazione ha per protagonista l’eroe Ralph, che attraverso una fantastica quest inizierà la ricerca di un pozzo mistico, situato ai confini del mondo conosciuto. Morris qui riadatta gli ideali cavallereschi di amore, generosità ed eroismo cristiano, rappresentati da personaggi tratti dagli antichi poemi cavallereschi, situandoli in una nuova cornice medievaleggiante e fantastica, che fa da contraltare al mondo moderno.
Il viaggio dell’eroe si svolge simbolicamente da Ovest verso Est (la sede della fonte), cioè verso le origini della vita, dove nasce il sole; durante il viaggio l’eroe incontra civiltà sempre più antiche e primitive, simbolo dei valori originari da ripristinare nel mondo contemporaneo per riformarlo, e che è possibile acquisire nuovamente solo aspirando alla purezza delle origini (è la nostalgia dei luoghi lontani nello spazio e nel tempo che caratterizza Il Signore degli Anelli e Il Silmarillion).
Tramite la ‘quest’ Ralph cresce, raggiunge lo stato esistenziale perfetto e, una volta bevuta l’acqua del magico pozzo, meta della ricerca, è in grado di ripristinare i valori del passato incorrotto, portandoli a rinascere nel presente (si pensi a Frodo e al viaggio salvifico che compie per la salvezza della Terra di Mezzo, il ripristino dell’ordine naturale e la redenzione personale). Il viaggio di Ralph, secondo una prospettiva propria dei ‘romance’ medievali, come Galvano e il Cavaliere verde, è il viaggio dell’intera umanità, dell’eroe che compie la sua impresa finale non per il bene o la gloria personale ma il bene della comunità, di tutta la classe sociale cui sente di appartenere.
Il tema della ‘quest’ come viaggio impossibile della ricerca fantastica e come redenzione personale e del genere umano e la creazione di mondi in cui personaggi neomedievali vengono riadattati o inseriti in contesti narrativi e ideologici nuovi, sono due temi che Tolkien, lettore e conoscitore di Morris, porterà a piena maturazione con le sue opere, principalmente con Lo Hobbit o la riconquista del tesoro e Il Signore degli Anelli.
Il testo qui presentato è una versione aggiornata e pubblicata con il permesso dell’autore dei testi originalmente pubblicato sul blog Gli Annali della Terra di Mezzo.
Nicolò Maggio (05/12/1992). Medievista e dottorando di ricerca in "Scienze Umanistiche", è appassionato studioso dell'opera di Tolkien sin dall'adolescenza. Laureato in Scienze Storiche nel 2018 con voto 110/110 e lode presso l'università degli Studi di Messina, si occupa, in particolare, del rapporto e delle connessioni fra l'universum letterario tolkieniano e il Medioevo, tema al quale ha dedicato diversi articoli pubblicati su Tolkien Italia e sul suo blog "Gli Annali della Terra di Mezzo" (link: https://annalidellaterradimezzo.blogspot.com/?m=1.
Esperto di medievalismi (suo oggetto di studio cui ha dedicato diversi articoli scientifici), Maggio è appassionato a tutto tondo di letteratura fantastica, fantasy e fantascientifica; è stato relatore del Seminario sulle Religioni Fantastiche di Ariccia (7-9 luglio 2022), con un intervento dal titolo: "Howard Phillips Lovecraft: creatore di miti nel secolo dell’Irrazionalismo".
Collabora, inoltre, con la web Radio "La Voce di Arda" e scrive per la rivista scientifica "Axis Mundi", all'interno della quale ha pubblicato di recente alcuni articoli sull'opera di autori del fantasy e del fantastico, da Tolkien a Lovecraft, da Lord Dunsany a Wells, che sta cercando di porre in una chiave di lettura originale, simbolica e misterica, attraverso parallelismi e comparazioni letterarie.
Sono di prossima pubblicazione: "H.P. Lovecraft e J.R.R. Tolkien. Creatori di miti nel secolo dell'Irrazionalismo" (2023) per la rivista "Studi Lovecraftiani", "H.P. Lovecraft. Creatore di miti nel secolo dell'Irrazionalismo", per gli Atti del Seminario sulle Religioni Fantastiche di Ariccia (2023), il saggio "Terre immaginarie al di là del mare. Medioevo e medievalismi letterari nella Storia della Pianura Scintillante di William Morris e nell’opera di J.R.R. Tolkien" per la traduzione, inedita in Italia, di "The Sparkling Plain" di William Morris, a cura di Luca Manini (2023).