Introduzione al “Sir Gawain e il Cavaliere Verde”

di Nicolò Maggio ed Emilio Patavini


Il prossimo 30 luglio uscirà il film The Green Knight, scritto e diretto dal regista e sceneggiatore inglese David Lowery. Il film è di interesse per noi tolkieniani perchè è ispirato al poema (o, sarebbe meglio dire, ‘romance’) epico-cavalleresco Sir Gawain and the Green Knight, opera in Middle English del XIV secolo, di autore ignoto, che è stata ampiamente studiata dallo scrittore e filologo inglese John Ronald Reuel Tolkien, ed è diventata una delle sue fonti di ispirazione per l’elaborazione dei suoi racconti e romanzi.

Nei prossimi giorni pubblicheremo un ulteriore articolo in cui affronteremo le varie caratteristiche, il cast, ed i temi simbolici del film, rintracciabili nei trailers lanciati dalla casa di produzione A24. Frattanto vi presentiamo il poema originale e la sua trama.

Il poema

Il romance Sir Gawain and The Green Knight (in originale Sir Gawayne and the Grene Knyȝt), scritto intorno al 1370 in Middle English, è un poema di 2530 versi in metrica allitterativa (metro utilizzato dalla maggior parte della poesia medievale in antico inglese), e narra la storia di Galvano, pescando a piene mani dal ciclo arturiano, come la maggior parte dei romance medievali.

Il poema è a noi giunto in un solo manoscritto, il Cotton Nero A x: “Cotton” si riferisce alla collezione di Sir Robert Bruce Cotton, che organizzò la propria biblioteca ponendo i busti degli imperatori romani in cima a ogni scaffale (da cui “Nero” in riferimento all’imperatore Nerone); “A” si riferisce al primo scaffale e “x” al decimo manoscritto.1 Tale manoscritto è conservato presso la British Library di Londra e oltre al Sir Gawain contiene altri poemi scritti in versi allitteranti: Pearl, Purity, Patience.

Londra, British Library, Cotton MS Nero A X

Si crede che tutti i componimenti del manoscritto siano opera dello stesso autore anonimo, soprannominato dagli studiosi – senza troppa fantasia – Gawain-poet o Pearl-poet, perché sono accomunati dallo stesso dialetto del medio inglese, quello delle Midlands occidentali, di cui Tolkien era nativo.

Secondo il filologo e anglista Piero Boitani, allievo dell’Inkling J.A.W. Bennett (1911-1981), Sir Gawain è «il romanzo più interessante e più bello prodotto su suolo inglese e certamente uno dei migliori risultati dell’intera tradizione romantica inglese».2

La trama del poema

Come già detto, il romance Sir Gawain and The Green Knight ha come protagonista Galvano, cavaliere della Tavola Rotonda e giovane nipote di Re Artù.

La Corte di Camelot è lo sfondo nel quale si svolge l’evento che dà inizio a tutta la narrazione. Il giorno di Capodanno, nel bel mezzo dei festeggiamenti natalizi, Re Artù, Ginevra e i cavalieri della Tavola Rotonda sono intenti a godere della pace e dell’abbondanza di cibo e vivande.

Ai vv. 90-96 del poema, l’anonimo poeta racconta che Artù si era preso l’impegno di non mangiare

«finché non gli fosse narrata
la strana storia (vncouþe tale) di qualche avventura,
di qualche gran meraviglia cui prestar fede,
di antichi o di armi o di altre avventure»

P. Boitani (a cura di), Sir Gawain e il Cavaliere Verde, Adelphi, Milano 1986, p. 33.

La richiesta del re è subito esaudita, perché entra in scena e si rende manifesto l’«unheimlich», per dirla con Freud, l’elemento perturbante, che si presta benissimo alle atmosfere decisamente ‘dark fantasy’ che saranno evocate dal film.

Infatti, irrompe nella Corte il “meraviglioso”, rappresentato da un misterioso quanto minaccioso cavaliere, caratterizzato dal colore verde che ne riveste, totalmente, persona e armamento. La corte di Artù entra così «nella dimensione del meraviglioso, nella “illusione” e nella “magia”»3 (chiamate nel testo originale fantoum and fayryȝe). Si accede dunque al mondo del sovrannaturale, a Féerie, di cui il Cavaliere Verde è emissario: questo personaggio viene descritto ai vv. 136-141 come «un prodigioso cavaliere, alto e possente in misura dei più alti della terra di mezzo, dal collo alla vita tanto grosso e robusto, coi lombi e le membra così lunghi e gagliardi, che quasi un troll sulla terra sembrava che fosse (half etayn in erde I hope þat he were); ma era un uomo tuttavia, il più grande che vivesse».4 Al v. 681 è però chiamato aluisch mon, che Tolkien tradusse con «elvish man».

L’imponente Cavaliere Verde sfida il re e la sua corte proponendo un “gioco” mortale costituito da uno scambio di colpi:

If any so hardy in þis hous holdez hymseluen,
Be so bolde in his blod, brayn in hys hede,
Þat dar stifly strike a strok for an oþer»

(vv. 285-287)

«Se in questa casa qualcuno si considera sì coraggioso,
sì ardito di cuore, sì folle di testa,
che osi impavido sferrare un colpo in cambio di un altro»

(traduzione di Emilio Patavini)

Vale a dire: chiunque dei cavalieri abbia abbastanza coraggio potrà afferrare l’ascia del Cavaliere Verde e sferrargli un colpo a patto di ricevere, dopo un anno e un giorno, lo stesso colpo dal Cavaliere Verde stesso.

Galvano, giovane nipote di Artù, forte e audace ma anche impulsivo e testardo, accoglie la sfida sia per salvare il suo re sia perché sa di essere il più giovane dei cavalieri, in un certo senso il meno importante, la cui perdita potrebbe essere tollerata, ed inoltre la sfida potrà rappresentare un’occasione di crescita personale.

Galvano, afferrata l’ascia, decapita, quindi, con un colpo netto la testa del Cavaliere Verde che rotola via sanguinante; ma questi, incredibilmente, sopravvive e, raccolta la testa, balza sul suo cavallo (verde) ed intima a Galvano di rispettare la parola data e di incontrarsi fra un anno e un giorno esatti presso la “green chapel”, la cappella verde, luogo mistico da cui proviene la magica creatura e la cui ubicazione è sconosciuta.

Da questo momento ha inizio il viaggio che attraversa luoghi perigliosi, con incontri con strane creature e ardue prove di coraggio.

Svolta nel ciclo narrativo del Gawain, è l’arrivo del protagonista presso un castello nobiliare che incontra lungo la via, dopo aver attraversato numerosi pericoli: è la dimora di Lord Berilak e di sua moglie, i quali lo accolgono favorevolmente e lo ospitano con tutti gli onori riservati a un nobile signore (è possibile vedere nel castello la metafora della dimora stessa di Galvano, l’accogliente Camelot, ma anche una tentazione ad abbandonare la missione in quanto costituisce, con le sue comodità e ricchezze, un luogo comodo, di ristoro, dove l’eroe rischia di venir meno alla parola data, di non compiere il balzo necessario per fare il suo ingresso nella sfera sociale degli uomini, degli adulti, dei cavalieri).

Bertilak rivela a Galvano che la “Cappella Verde” è sita a meno di due miglia dal castello e propone all’eroe di soggiornare per alcuni giorni nel castello: si apre un nuovo ciclo di “scambio di doni”. Lord Bertilak infatti propone al protagonista, prima di andare a caccia, uno scambio, la preda catturata in cambio di ciò che Galvano otterrà durante il giorno (secondo la tradizione dello scambio dei doni).

«’Yet firre’, quoth the freke, ‘a forwarde we make:
Quat-so-ever I wynne in the wod, hit worthes to youres;
And quat chek so ye acheve, chaunge me therforne»

(vv.1105-1107)

Traduzione: «Ma ancora – disse – facciamo un patto: qualunque cosa io riesca a cacciare nel bosco, essa appartiene a voi; e qualunque profitto voi abbiate, lo scambierete con me».

Irrompe però l’elemento femminile: Lady Bertilak, donna attraente e affascinante, visita Galvano nella sua camera da letto, cercando di sedurlo ma ottiene da questi solo un unico bacio.

Quando Bertilak ritorna dalla caccia dona a Galvano il cervo (simbolo archetipico, sin dalla mitologia greca, della rigenerazione vitale, della longevità e del ciclo della rinascita della vita) che ha ucciso, di contro il suo ospite risponde donando a Bertilak il bacio della donna, senza rivelare da chi lo ha ricevuto.

La tentazione della dama si ripete il giorno successivo ma la dama riceve da Galvano due baci, prontamente scambiati il giorno successivo con un cinghiale (simbolo dell’energia della ferinità selvaggia e di coraggio indomito) catturato da Lord Bertilak (non a caso Gawain riceve proprio la testa della fiera, gesto che rimanda al “joke” della decapitazione iniziale).

Il terzo e ultimo giorno la donna, in vesti succinte e ancora più seducente dei giorni precedenti, tenta ancora di conquistare il suo ospite, ricevendo però in cambio solo tre baci. Alla tentazione, che è poi il tema portante di tutto il romance, Galvano resiste e reagisce sublimando nella sua mente la figura femminile della “castellana”, rivolgendo le sue preghiere a Santa Maria, la Madre di Cristo.

Lady Bertilak rappresenta da un lato la tentazione femminile massima, intesa come componente assolutamente negativa, in grado di far sviare l’eroe dalla sua missione, di fare in modo che egli venga meno alla parola data, la “trawthe”, (più che alla virtù della castità), dall’altro un elemento “oppressivo”, incarnando la repressione materna, che tenta di impedire al figlio/Gawain di emanciparsi, compiendo il suo destino e abbandonando la sua dimora (il rifiuto della sessualità da parte di una donna/ostacolo, rende Galvano indipendente – a renderlo tale, secondo il critico letteraro e studioso Peter Bewer, è invece il rifiuto della sessualità nella sua totalità, ma non è questo lo spazio per tali approfondimenti).

La dama regala quindi a Galvano una cintura di colore verde in grado di proteggerlo da ogni colpo subito, fascia che è anche il simbolo della consapevolezza ormai acquisita da Gawain della propria forza, della propria capacità di resistere alle tentazioni e, finanche, del suo “potere” sul sesso femminile (secondo l’ottica del tempo).

La sera stessa Bertilak ritorna con una volpe (da sempre simbolo di astuzia e furbizia, rappresenta quindi tutte le volte in cui Gawain è stato in grado di “passarla liscia”, eludendo il Signore del Castello ma anche rimandando la sfida con il Cavaliere Verde, ma è anche simbolo di sessualità, quindi della tentazione), ricevendo in cambio da Galvano i tre baci, ma non la cintura, che Galvano tiene per sé – è questo il peccato più grave di Galvano, perché per affrontare il Green Man, verrà meno alla parola data a Bertilak, seppur per una causa legittima.

Partito il giorno successivo per la Cappella Verde, Galvano trova li il suo sfidante intento ad affilare l’ascia, e si prepara a ricevere il colpo, secondo i patti stabiliti.

il Cavaliere Verde si prepara a mozzare la testa di Galvano, ma per ben due volte finge i colpi mentre la terza volta lo colpisce dolcemente sul collo, causandogli solo una piccola ferita (segno che dovrà portare per sempre, in quanto simbolo della sua colpa non tanto nel non aver resistito alle tentazioni della dama, semplificate dalle due finte del colpo da parte del cavaliere/Bertilak, quanto della sua scelta di tenere per sé la cintura).

La scalfitura sul collo prova anche il superamento dall’autorità della figura paterna e dai complessi di inferiorità (in termini di forza, vigore, coraggio, ecc.) del figlio nei confronti del padre: il Green Knight si rivela infatti essere il signore del castello, Bertilak de Hautdesert, e spiega che l’intero gioco è stato organizzato da Morgana, sorella e nemica di Artù. Galvano, sconvolto e preda dei sensi di colpa in un primo tempo, attribuisce la colpa di quanto accaduto alle “male arti femminili”, in un tentativo di giustificarsi di fronte a quella che assume i contorni della figura paterna, ma i due uomini si chiariscono cortesemente e Galvano torna a Camelot, dove indosserà perennemente la cintura come segno di vergogna per la sua incapacità di mantenere la parola data a Lord Bertilak. Allo stesso tempo Artù decreta che tutti i cavalieri della Tavola Rotonda d’ora in avanti devono indossare una fascia verde, in onore dell’avventura vissuta da Galvano ma anche a testimoniare il loro già avvenuto “rito” di iniziazione attraverso la strada che conduce all’emancipazione, alla piena coscienza delle proprie capacità, all’affermazione nel mondo in quanto Uomini, in quanto Cavalieri di Camelot.

(segue a p. 2)


Note:

1 Cfr. M.D.C. Drout, “Medieval Manuscript” in M. D. C. Drout (ed.), J. R. R. Tolkien Encyclopedia. Scholarship and Critical Assessment, Routledge, New York – London 2007, p. 404.

2 P. Boitani (a cura di), Sir Gawain e il Cavaliere Verde, Adelphi, Milano 1986, p. 16.

3 Ivi, p. 11.

4 J.R.R. Tolkien, Sir Gawain e il Cavaliere Verde, cit., p. 34.