Tolkien: pagano o cristiano?

 

di Giuseppe Scattolini

Una delle tematiche più difficili da affrontare in merito a Tolkien è la tematica di natura religiosa. È certamente la più difficile sotto molteplici aspetti, perché non solo ci pone di fronte alla necessità di essere oggettivi in un tema che ci coinvolge intimamente, ma anche perché a livello intellettuale la religione in sé è una grande sfida. Penso che sia chiaro a tutti perché la tematica religiosa ci coinvolge intimamente: tanto i credenti che i non credenti vorrebbero che Tolkien avesse le loro stesse idee, ed io ritengo che tutto il dibattito sul Tolkien cristiano e il Tolkien pagano nasca proprio dall’esigenza delle persone e degli studiosi di vedere riflesse le proprie convinzioni più intime nei testi tolkieniani. Che la religione sia una grande sfida
invece non è chiaro a tutti, seppure sia davvero così. Penso che nessuna dimostrazione possa essere tanto efficace quanto un esempio: nella storia dell’umanità tante persone intelligentissime si sono avventurate nella teologia e sono state persone di grande fede, non per ultimo e non per primo Tolkien. Dunque, o sono degli illusi di massa, o la religione e la fede sono davvero delle grandi sfide, soprattutto di natura intellettuale oltre che umana, che si creda o no, qualsiasi fede si professi e qualunque sia la religione cui si sente di appartenere.

Da parte mia, non ho intenzione di dirimere la questione tra gli appassionati e gli studiosi. Altri lo hanno fatto, secondo me con risultati mediocri: si è sempre corso dietro a cosa pensavano gli altri e non si è mai riflettuto con serietà e rispetto in merito a cosa pensasse Tolkien realmente. Io, dunque, mi limiterò ad esprimere e a commentare le sue parole. In merito alla religione, due sue lettere sono molto dibattute, e possono essere delle eccellenti chiavi di lettura di tutto il problema se ben capite.

Sono le lettere 142 e 165.
La lettera 142 venne scritta da Tolkien a padre Robert Murray in risposta a una del sacerdote amico di famiglia. I curatori del testo delle Lettere, Carpenter e Christopher Tolkien, ci spiegano i contenuti della lettera di Murray, al fine di farci comprendere la risposta di Tolkien stesso. Si evince da quanto essi scrivono non solo che padre Robert non mise mai in dubbio la cattolicità dell’opera, che egli aveva captato nella lettura  della parte di romanzo che aveva a disposizione, ma anche che, testualmente, essa era compatibile con la Grazia divina1.

Paragonava anche la figura di Galadriel a quella della Vergine Maria. Nella sua risposta, che è appunto la lettera 142, Tolkien nelle prime righe della lettera non solo conferma le intuizioni di Murray al riguardo di Maria e della Grazia2, ma addirittura “rilancia” questa posizione  aumentando la posta in gioco. Scrive:

“Il Signore degli Anelli” è un’opera fondamentalmente religiosa e cattolica; all’inizio non ne ero consapevole, lo
sono diventato durante la correzione. Questo spiega perché non ho inserito, anzi ho tagliato, praticamente qualsiasi allusione a cose tipo la <<religione>>, oppure culti e pratiche, nel mio mondo immaginario. Perché l’elemento religioso è radicato nella storia e nel simbolismo. Tuttavia, detto così suona molto grossolano e più presuntuoso di quanto non sia in realtà. Perché a dir la verità, io consciamente ho programmato molto poco; e dovrei essere sommamente grato per essere stato allevato (da quando avevo otto anni) in una fede che mi ha nutrito e mi ha insegnato tutto quel poco che so; e questo lo debbo a mia madre, che ha tenuto duro dopo essersi convertita ed è morta giovane, a causa delle ristrettezze e della povertà che dalla conversione erano derivate.” (traduzione De Grandis)

Questa lettera molto dibattuta è sempre e costantemente mal citata: ecco perché all’inizio dell’articolo dicevo che tutto il dibattito sul Tolkien cristiano e il Tolkien pagano nasce “dall’esigenza delle persone e degli studiosi di vedere riflesse le proprie convinzioni più intime nei testi tolkieniani”. C’è chi cita questa lettera dicendo che Tolkien si ritrova a spiegare a un sacerdote come mai nel suo libro non c’è una più forte presenza cattolica o cristiana, magari allegorica come nelle opere del suo amico Lewis, mentre tutt’altri la citano per aprire e chiudere qualsiasi ricerca su Tolkien e la religiosità dei suoi testi con frasi del tipo “è lui che dice che la sua opera è religiosa e cattolica, punto, fine”. Ma Carpenter e Christopher pubblicarono queste lettere proprio per evitare entrambe queste cose, e cioè per spiegare come l’opera di Tolkien fosse cattolica, ma come fosse anche necessario comprendere il significato di questa cattolicità non allegorica e priva dell’intento di convertire per forza il lettore. Appunto per questo dico che bisognerebbe far parlare i testi prima delle nostre convinzioni personali.

 


1 “A positive compatibility with the order of Grace” si legge in inglese, e che questo significhi compatibilità con la dottrina o l’ordine della Grazia (a seconda che ci riferiamo alla traduzione della De Grandis o di Gammarelli) è indifferente perché, cattolicamente, la dottrina della Grazia è solo l’esplicazione, appunto dottrinale, di uno stato di cose oggettivo, l’ordine della Grazia, che è la presenza e l’attività della Grazia di Dio nel mondo. Personalmente penso che, dato il contesto, la traduzione non usuale di “order” con “dottrina” della De Grandis sia maggiormente corretta perché qui stiamo parlando di un’opera letteraria che non deve corrispondere a un dato di fatto, l’ordine, ma a una esplicazione cattolica di esso, la dottrina.

2 “Mi ha specialmente rallegrato quello che tu hai detto, stavolta e prima, perché tu sei più perspicace, specialmente sotto certi aspetti, di qualsiasi altro, e hai rivelato persino a me stesso alcune lacune del mio lavoro” nella traduzione della De Grandis. Tolkien qui evidentemente si riferisce a Murray come perspicace sotto certi aspetti più degli altri in merito al fatto che era riuscito a individuare il cattolicesimo presente nel Signore degli Anelli, mentre le lacune segnalate sono quelle critiche al testo, o meglio, quei consigli di revisione che Tolkien stesso aveva chiesto al sacerdote di dargli, come dicono Carpenter e Christopher nella loro presentazione della lettera.