Intervista a John Garth sul suo ultimo libro: “I mondi di J.R.R. Tolkien. I luoghi che hanno ispirato la Terra di Mezzo”

Vuole condividere con noi una piccola lettura del libro così possiamo avere un assaggio di ciò che ci aspetta? Ci piacerebbe anche vedere la copertina; è semplicemente un libro bellissimo, hanno fatto davvero un bel lavoro.

Pensavo di sfogliare semplicemente alcuni capitoli. Dunque, il capitolo Dall’Inghilterra alla Contea parla dell’arrivo di Tolkien in Inghilterra, dell’immediata attrazione per questa terra, dell’influenza che ne ha ricavato e ovviamente, tra le altre cose, della Contea. Parlo delle influenze di Tolkien da più lontano, da tutto il mondo, nel capitolo Quattro Venti, che quindi non riguarda specificamente i luoghi, ma più che altro la cultura, però ritengo che sia fondamentale per comprendere pienamente il pensiero del Professore. Poi c’è un capitolo in cui parlo di come Tolkien iniziò e continuò a incorporare l’Inghilterra (o la Gran Bretagna) nella sua storia mitica, cosicché in tutti i suoi racconti sulla Terra di Mezzo l’Inghilterra (o la Gran Bretagna) sono il risultato della Terra di Mezzo stessa, anche se ne Il Signore degli Anelli si tratta del risultato di un futuro molto lontano.  Il capitolo La terra di Lúthien contiene una fotografia del ponte di Great Haywood, dove Tolkien visse con Edith nel 1917, un altro posto che entrò nella sua mitologia. Un’altra componente essenziale, tra quelle che passano in secondo piano leggendo Lo Hobbit e magari anche Il Signore degli Anelli, è il mare. Per questo c’è un capitolo molto ampio su questo argomento, La costa e il mare, che si è rivelato, per me, il più affascinante, e che mi ha riservato il maggior numero di scoperte. In Le radici delle montagne si trova una bella foto della Lauterbrunnental, in Svizzera, a cui si è largamente ispirato per Gran Burrone. Seguono un capitolo su fiumi, laghi e canali, uno sulle foreste… È stata una grande sfida decidere cosa inserire e come dividere gli argomenti. Per scriverlo, ho impiegato circa sette mesi. Torri e palazzi tratta di torri, essenzialmente torri divine, e l’idea che l’unione di un’importante civiltà con gli dèi porti alla conoscenza, alle leggende, alla saggezza.  In Luoghi di guerra approfondisco temi già trattati in Tolkien e la Grande Guerra. In realtà, nel mio precedente libro, non parlo particolarmente dell’influenza della guerra su Il Signore degli Anelli, perché ho detto che ne Il Signore degli Anelli c’è la sua reale esperienza di guerra, ma ne parlo in quest’ultimo libro. Artigi e Industria è un altro capitolo…

Mi ha chiesto di leggere un estratto. Uno dei modi che ho usato per inserire molte informazioni e commenti è stato quello di aggiungere delle sezioni di approfondimento. Così, mentre il testo principale si trova sulla parte superiore della pagina, su sfondo marrone pallido si trovano questi brevi inserti, il che potrebbe stizzire la persona che vuole leggere il libro tutto di seguito: in questo modo bisognerebbe decidere a che punto della pagina fermarsi. C’è anche una grande quantità di riferimenti incrociati all’interno del testo perché, inevitabilmente, qualsiasi cosa che io abbia detto, qualsiasi luogo che io abbia descritto in un capitolo, potrebbe avere bisogno di essere trattato anche in un altro. Vorrei leggere tre estratti, tutti relativi a Warwick, la città in cui Tolkien e Edith si sposarono nel marzo 1916. Si trova nelle West Midlands: partendo da Londra in macchina in direzione nord-ovest, credo che in due ore si arriverebbe a Warwick. È una città storica, con un castello. L’approfondimento si intitola Una mitologia per l’Inghilterra:

«Fin dalla più tenera età sono stato addolorato per la povertà del mio amato paese», disse Tolkien, «non aveva storie proprie… non della qualità che cercavo, e trovavo (come ingrediente) nelle leggende di altre terre». 

Egli crebbe in un’epoca in cui la mitologia era considerata vitale per l’identità delle nazioni. Ma la “Materia della Gran Bretagna”, l’enorme corpus di storie medievali su re Artù e i suoi cavalieri, era di origine celtica e intrisa di influenza francese. Anche il grande poema epico anglosassone Beowulf era essenzialmente scandinavo. Confrontate con la tradizione della Grecia, della Finlandia, del Galles e di altri luoghi, le leggende inglesi autoctone gli sembravano qualcosa di poco valore. Rese nuovamente popolari durante la sua giovinezza, erano per lui sia una frustrazione che uno stimolo creativo.

Il colossale festival Warwick Pageant del 1906 testimonia la comune passione per un passato storico e leggendario. Con 80.000 persone giunte nella cittadina per assistere a cinque giorni di spettacoli, il Times affermò che nulla di simile poteva essere stato messo in scena dai tempi della regina Elisabetta I. È stato un esempio pionieristico della “febbre da spettacolo” o “spettacolite” che ha travolto l’Inghilterra nei decenni successivi.

Brevi rappresentazioni teatrali vennero eseguite sul prato del castello di Warwick. Una di queste rievocava la sconfitta degli invasori vichinghi pagani avvenuta mille anni prima per mano della figlia di re Alfred, Ethelfleda, Signora di Mercia. Altre scene avevano poca o nessuna base storica, mostravano druidi che tentavano di sacrificare bambini innocenti; o antichi signori britannici di Warwick come Gwar il Possente; o gente di città medievali che trasportavano la testa tagliata del mostruoso Dun Cow, con i suoi occhi ancora lampeggianti e le sue narici ardenti. La maggior parte di queste, proveniva da una storia quattrocentesca di Warwick dello storico John Rous, il quale aveva inventato alcune leggende e altre le aveva tratte dall’inattendibile Historia Regum Britanniae di Goffrey di Monmouth del XII secolo. Forse è stato in parte con questo festival in mente che Tolkien scrisse una poesia su Warwick in cui la descrive come una «città che sta svanendo» dove l’ «antica memoria è in declino». Qualunque sia la realtà dei fatti, egli era frustrato dall’incoerenza e dalla mancanza di ricchezza mitica in tali leggende locali. Fu questo, insieme ai fulgidi esempi delle grandi mitologie di altre nazioni, a spingerlo a tentare di creare «un corpus di leggende più o meno connesse… che io potessi dedicare semplicemente all’Inghilterra, al mio paese».

Ed ora torniamo al testo principale:

Nelle prime concezioni di Tolkien e nei Racconti Perduti, l’Isola Solitaria e la Gran Bretagna sono il medesimo posto. Il suo lessico del 1915 della lingua elfica Quenya chiama Tol Eressëa “Faëry, Inghilterra”. Con la sua inclinazione anglosassone, e in linea con le abitudini più diffuse al tempo, Tolkien usa il nome “Inghilterra” per l’intera isola geografica della Gran Bretagna, comprese la Scozia e il Galles. Come Giovanni di Gand in Shakespeare, che parla di “questa isola regale… questo suolo benedetto… questa Inghilterra”. L’isola di Tolkien deriva la sua beatitudine dal suo passato elfico e da una presenza elfica elusivamente persistente. The Lonely Isle (L’Isola Solitaria, ndr), un poema ambientato ai giorni nostri, la descrive come una terra dove ancora
«nel silenzio le fate dal cuore nostalgico
danzano su morbide melodie intessute da arpe e viole».


Oltre a legare la sua patria alla sua mitologia, Tolkien la intreccia anche con la sua vita personale. The Lonely Isle, scritta in Francia nel 1916 dopo aver attraversato la Manica verso le trincee della Somme, anela in modo più intenso ad una città in particolare:
«Ho una gran voglia di te e della tua bella cittadella
dove echeggiando tra i luminosi olmi a sera
in un’alta torretta interna risuona una campana:
O solitaria e scintillante isola, addio!»

La “cittadella” è Warwick, dove Tolkien aveva trascorso momenti felici con Edith Bratt negli ultimi tre anni e dove i due si erano sposati a marzo.

Tolkien creò tre disegni araldici per i luoghi dell’Isola Solitaria che celebrano i punti salienti della sua vita con Edith – aggiungendo nomi e frasi in Gnomico, la seconda lingua che inventò per la sua opera.

I tre stemmi araldici dell’Isola Solitaria. Al centro si riconosce un pavone nello stemma di Kortirion sotto la torre.

Lo stemma di Cortirion o Kortirion sta per Warwick, dove Edith si era trasferita dopo il loro ricongiungimento del 1913. Gli alberi sono quelli che hanno ispirato Tolkien a chiamare la contea di Warwick “Alalminórë”, “Terra degli Olmi”, e sono presenti in un poema del 1915, Kortirion among the trees (Kortirion tra gli alberi, ndr). In primo piano c’è il pavone, spesso visto sulle cartoline contemporanee del castello di Warwick. Le torri ricordano forse quella che, secondo la tradizione di Warwick, un tempo sorgeva sul Tumulo di Ethelfleda, il terrapieno conico accanto al castello.

Una cartolina storica di Warwick con i pavoni

Tolkien la chiama “la torre di Ingil”, il signore elfico che per primo si stabilì sull’Isola Solitaria, secondo la prima versione della mitologia. Nel primo lessico l’isola è “Ingilnórë”, “Terra di Ingil” – un palese gioco di parole sull’Inghilterra. Il lessico assegna a Kortirion una dea di «amore, musica, bellezza e purezza» che lì risiede, Erinti, che ha una torre custodita da elfi, ma vive in un cerchio o ‘korin’ di olmi. Sembra rappresentare Edith, ma non si incontrerà mai più nella mitologia. Nel disegno araldico e nei Racconti Perduti, l’isola ha invece una regina elfica, Meril-i-Turinqi, che vive anch’ella in un ‘korin’, sulla cima di una collina, probabilmente ispirata al Tumulo di Ethelfleda’.

E ora vado al capitolo intitolato Terreni intessuti d’alberi:

Venendo creato apparentemente senza precedenti pianificazioni nel 1941, il più famoso luogo alberato fatato inventato da Tolkien era in realtà già stato abbozzato durante la sua gioventù. Gli studiosi hanno a lungo sottolineato il debito di Lothlórien nei confronti delle immagini medievali del paradiso – in particolare verso la terra paradisiaca e argentea di Pearl, un poema medio-inglese a cui Tolkien si accostava con riverenza e che aveva tradotto in maniera raffinata. Ci sono risonanze generali con il regno perduto nel romanzo di Henry Rider Haggard Lei. In più, il ‘flet’ o casa-albero di Galadriel e Celeborn, con il suo tronco d’albero all’interno, ricorda la terrestre sala dei Volsunghi germanici, costruita intorno ad un albero vivente, il Barnstock. Tolkien lo aveva descritto nel suo racconto della storia di Sigurd il Volsungo:
«vi giganteggia un albero
alto e di rami ricco
cui s’appoggia la casa
con stupor di chi guarda.
Fan da scuri le foglie
i rami fan da tetto…»

Tuttavia, l’influenza più importante per Lothlórien fu sicuramente la poesia del 1915 Kortirion among the Trees, una celebrazione della contea di Warwick come «la terra degli olmi, Alalminórë nei regni delle fate». L’olmo inglese, ‘Ulmus Procera’, soprannominato da uno scrittore «la quintessenza del paesaggio inglese», era una caratteristica dominante della fertile terra rocciosa del paese.

Lothlórien è una terra di alberi di ‘mallorn’, una specie inventata da Tolkien. Paragonò il ‘mallorn’ alla betulla – tronco eretto grigio e rami perpendicolari incurvati all’estremità – ma gli donò la stessa maestosità massiccia che lodava nell’olmo. In uno dei primi tentativi di lingua inventata, aveva fatto di “elm!” (“olmo!”, ndr) l’esclamazione elfica per “meraviglioso!”.

Ma il ‘mallorn’ è sinonimo di longevità, l’opposto dell’olmo. Il ‘mallorn’ non soffre l’inverno come gli altri alberi: in autunno le sue foglie diventano dorate, ma non cadono fino alla primavera, quando i suoi rami si riempiono di fiori d’oro. La tradizione inglese associa l’olmo alla caducità e alla morte. Il suo legname era utilizzato per bare e chiglie di navi. Aveva la reputazione di perdere rami senza preavviso, ed era notoriamente incline alle malattie, molto prima che la malattia dell’olmo olandese uccidesse circa trenta milioni di alberi britannici negli anni ’70. La mortalità incombe pesantemente su Kortirion among the Trees, come ci si potrebbe aspettare da una poesia scritta quando la generazione di Tolkien veniva decimata sui campi di battaglia in Francia e Belgio.

Sia in Lothlórien che in Kortirion, Tolkien vedeva gli alberi come gli alberi di una nave. Lothlórien è «simile ad una luminosa nave dagli alberi incantati». In estate, gli olmi di Kortirion sono come «alberi di navi verdi» a vele spiegate; ma in pieno inverno sono «come navi vaganti» in lontananza. Forse nel 1915, la lunga e stretta isola nell’Avon sotto il castello di Warwick, con alberi piantati dal giardiniere del XVIII secolo Capability Brown, aveva portato alla creazione dell’immagine di una nave alberata nella mente di Tolkien.

Lothlórien e Kortirion hanno una somiglianza riguardante gli alberi ancora più impressionante. Nei Racconti Perduti, l’elfa regina di Kortirion, Meril-i-Turinqi, vive su una collina tra gloriosi olmi in un cerchio di «tre piani decrescenti di fogliame luminoso». L’ispirazione per quella collina, il Tumulo di Ethelfleda a Warwick, non ha tale anello, ma attraversato l’Avon, nel Parco del Castello sorgeva il gruppo di alberi Lord Brooke, uno dei tanti alberi di collina che arricchiscono il paesaggio britannico.

Questo tipo di boschetti sembrano senza tempo anche se, in genere, vennero piantati dai proprietari terrieri del XVIII secolo per ragioni estetiche. Alcuni si trovano proprio in siti antichi, come il faggeto di Seven Sisters nelle Quantock Hills, dove Tolkien si recò almeno una volta con i suoi compagni Inkling C.S. Lewis e Owen Barfield nel 1937. La misteriosa figura di mago nell’acquerello di Tolkien del 1914 , Eeriness, cammina ai piedi di tre imponenti alberi di collina. Nel Silmarillion, i Due Alberi di Valinor si ergono sul verde tumulo Ezellohar. Anche altre persone hanno collegato tali gruppi con il potere invisibile. Alfred Watkins, nel suo libro del 1925 The Old Straight Track (Il vecchio binario rettilineo, ndr), sostenne che essi segnavano le “linee temporanee” dell’età della pietra. Per l’artista Paul Nash (1889-1946), i faggi di Wittenham Clumps, un sito dell’età del bronzo vicino a Wallingford nell’Oxfordshire, sembra che in antichità fossero significativi quanto le Piramidi. Come un cerchio, il gruppo collinare di Meril a Kortirion assomiglia alle formazioni di alberi inglesi come il Chanctonbury Ring sulle Sussex Downs. Nei Racconti Perduti, alla forma è dato un nome Quenya: “Korin“, «una grande siepe circolare, sia essa di pietra o di rovi o anche di alberi, che racchiude una zolla verde» – una definizione che la collega con boschetti sacri celtici e germanici e addirittura con gli ‘henge’ neolitici.

Meril e la ‘korin’ di Kortirion sono precursori di Galadriel e della sua città-albero di Caras Galadhon. Ma il luogo più importante di Lothlórien ricorda ancora di più il ‘korin’ di Meril – Cerin Amroth (Sindarin: ‘cerin’ “recinto rotondo”), un tumulo sormontato da un prato all’interno di una “doppia corona” di alberi disposti in cerchio. Qui, in un momento di visione, Frodo vede Aragorn, che gli appare come se fosse di nuovo giovane, pronunciare parole d’amore alla sua fidanzata Arwen. Nella sua memoria mentre scriveva questo, forse, Tolkien era di nuovo con Edith a Warwick, nella primavera della loro giovinezza.

(segue a p. 3)