Incontrare Tolkien / III. Giochi di Ruolo

 

Notoriamente il gioco di ruolo, così come suggerisce il nome, si basa sulla capacità dei giocatori di interpretare un particolare personaggio in un determinato contesto, creato e guidato dal “capogioco” che prende il nome di master. Il master determina l’andamento dell’avventura, lasciando però ampio spazio all’iniziativa personale e all’intelligenza tattica dei singoli partecipanti. La particolarità di questi sistemi di gioco è l’interazione tra un ampio e approfondito sistema di regole e la casualità data dal lancio di dadi, che determinano la riuscita o il fallimento di un’azione scelte dal personaggio/giocatore finendo quindi per condizionare l’andamento della campagna.

Questa definizione però è alquanto riduttiva, perché in realtà l’esperienza del GdR è decisamente più ampia e profonda di quanto si possa immaginare.

Pur sembrando un paradosso, in una modalità di gioco basata principalmente su mondi e personaggi di fantasia quasi nulla è lasciato completamente all’immaginazione: per permettere che l’esperienza interpretativa sia la più coerente e realistica possibile intervengono delle regole molto approfondite, raccolte in ampi e talvolta costosi manuali. Questi contengono tutte le informazioni principali sia per quanto riguarda la creazione del mondo dove i personaggi andranno a muoversi, sia per la creazione dei personaggi stessi – andando a stabilire cosa possono assumere quanto a tratti razziali, abilità, capacità di combattimento e via dicendo.

Perché in un gioco interpretativo vi è la stringente necessità di imporre così tante regole?

La risposta a questo quesito è alquanto semplice, ma non banale: proprio perché nella sfera delle interpretazioni di personaggi di fantasia non esistono limiti, un mare di sconfinate possibilità conduce inevitabilmente a illogicità, caos e incoerenze che renderebbero il gioco astruso, intricato e per niente godibile.

Eppure vi è un elemento di caos nell’architettura del gioco, rappresentato dai dadi, che all’apparenza sembrerebbe confutare la necessità di regole sopra indicata. Anche in questo caso, pur sembrando un paradosso, la presenza di un elemento imprevedibile serve ad impedire che il gioco da assolutamente caotico diventi noiosamente prevedibile: se non esistessero i dadi a determinare il successo o il fallimento di un’azione, sapremmo sin da subito, ad esempio, che l’indomito cavaliere abbatterà l’orrendo orco in forza delle sue caratteristiche e delle sue armi, ma se il dado decretasse con un “1” che un crampo al polpaccio lo costringerà a crollare su se stesso?

La bellezza e la difficoltà del gioco di ruolo stanno proprio in questa capacità del master di saper creare avventure entusiasmanti partendo dal background che il sistema di gioco offre, oltre che in quella dei giocatori di saper modellare dei personaggi sulle “limitazioni” proposte e modulare le azioni in base agli imprevisti che i dadi generano.

Un altro aspetto da tenere certamente in considerazione è l’elemento “personale” del gioco di ruolo che lo rende così attraente: ognuno di noi almeno una volta nella vita ha immaginato le gesta di un eroe immaginario, domandandosi cosa farebbe in determinate circostanze e come risolverebbe determinati problemi; pur essendo composto da manuali, pedine, schede da compilare e dadi da lanciare su una plancia a quadratini, il gioco di ruolo offre la concreta possibilità di trasformare quelle domande ipotetiche in realtà, potendo osservare il nostro beniamino prendere vita e crescere, magari in un modo che non ci si aspettava.

Grazie quindi a questa possibilità decisamente unica nel suo genere, il gioco di ruolo diventa terreno di prova in cui un aspirante scrittore lancia il proprio protagonista (o antagonista) per saggiarne le qualità e la consistenza, o meglio ancora, l’intera avventura, con tutti i personaggi e i mondi coinvolti, vengono trasposti in un’opera letteraria.

Sul mercato esistono manuali per giochi di ruolo che offrono le più disparate ambientazioni: dal classico fantasy medievale al gotico vampiresco, dallo steampunk al futuristico, pertanto ogni gusto è soddisfatto, e vi è solo l’imbarazzo della scelta.

Con un sistema di gioco del genere allora viene da domandarsi come mai questo abbia un seguito decisamente meno ampio, già rispetto ai videogiochi.

Innanzitutto, c’è da dire che, proprio per la sua architettura, il Gioco di Ruolo non è adatto a tutti, nonostante l’intento dei creatori sia quello di renderlo il più inclusivo possibile. La ragione del problema è che, per quanto si possa semplificare, resta comunque un gioco le cui regole da memorizzare sono comunque tante e ci vuole molto tempo e pazienza per prendere dimestichezza con un sistema così complesso: questo particolare è in grado di scoraggiare molti potenziali giocatori (pur riconoscendo che ultimamente ci si è impigriti parecchio e tutto ciò che prevede uno sforzo cognitivo superiore è scartato a priori), unito anche al fatto che spesso i manuali hanno costi non proprio alla portata di tutte le tasche.

Un altro aspetto della poca popolarità del GdR è da riscontrare anche nel fatto che, proprio per la sua conformazione, spesso si finisce per formare gruppi alquanto chiusi, poco disposti ad aprirsi a nuovi membri se non per mere ragioni di simpatia o di flirt, impedendo ai “non addetti ai lavori” e ai neofiti di vederne l’aspetto divertente ed entusiasmante; eppure, per ragioni di equità, bisogna anche osservare come proprio questa conformazione riesca ad aiutare persone con difficoltà di interazione sociale ad interfacciarsi con altre persone in un contesto che offre loro la sicurezza che tutto è sotto controllo.

Quello del GdR quindi è un mondo ludico alquanto complesso, ma superate le difficoltà iniziali, offre un modo di giocare diverso dal solito, capace di coinvolgere il giocatore in un modo unico e profondo, dove è praticamente impossibile annoiarsi grazie alla capacità di inventare da zero ogni volta nuove avventure, nuove sfide, nuove conquiste.

Abbiamo già accennato a come esistano molteplici tipologie di manuali per ambientare le avventure negli scenari più disparati; ovviamente il mondo di Tolkien non si è sottratto a questa immissione, avvenuta già nel 1974 con il popolarissimo Dungeons&Dragons, ancora oggi riconosciuto come il GdR per antonomasia.

Nonostante i mondi fantastici di D&D avessero poco a che vedere con la Terra di Mezzo, tra le razze giocabili presenti nel manuale comparivano anche gli Hobbit, i Warg e il Balrog. Gary Gigax, uno degli autori del gioco, dichiarò infatti che l’opera di Tolkien aveva influenzato molto la concezione dello scenario, nonostante non ne fosse un grande estimatore e preferisse lo Sword & Sorcery più alla maniera di Conan il Barbaro. Questo legame esplicito però durò poco: Gygax stesso raccontava (in un post ancora reperibile in rete1) della lettera che lui e i colleghi della TSR ricevettero da parte della Middle-Earth Enterprises con l’ingiunzione di eliminare dal gioco tutti i riferimenti appartenenti al mondo tolkieniano. Sparirono così gli Hobbit e nacquero gli Halfling.

Per avere il primo GdR ufficiale della Terra di Mezzo dobbiamo attendere il 1984, quando la Iron Crown Enterprises diede alle stampe “MERP”, ovvero Middle-Earth Role Play (pubblicato in Italia nel 1991 dalla Stratelibri come “GIRSA”: Gioco di Ruolo del Signore degli Anelli). Questo gioco contava sulla licenza della Middle-Earth Enterprises e venne accolto con grande entusiasmo da tutta la comunità dei giocatori.

Il sistema di regole era basato su quello di Rolemaster e contava sull’ampio uso di tabelle da incrociare per determinare l’esito dei tiri di dado. L’ambientazione invece si collocava in un periodo che precede di circa 1400 anni gli eventi de Il Signore degli Anelli, ritagliandosi così la possibilità di inventare fatti, situazioni e personaggi originali, che ancora oggi influenzano la visione della Terra di Mezzo di molti appassionati.

La critica principale mossa dai fan delle opere del Professore però riguardava l’uso della magia: gli autori non si vollero scostare troppo dall’idea di GDR fantasy predominante all’epoca e decisero di inserire nella Terra di Mezzo di MERP maghi e guaritori in abbondanza, sulla falsa riga dei mondi di D&D. Le note positive di questo titolo sono invece il grande numero di manuali editi (anche in italiano), suddivisi tra moduli geografici (molto ricchi, curati e dettagliati), moduli di avventure e supplementi alle regole.

Ultime, ma non meno importanti, sono le gradevoli illustrazioni di copertina a opera di Angus McBride.

Sull’onda del successo di MERP, la Iron Crown decise di pubblicare nel 1999 una versione “light”, allo scopo di intercettare nuovi giocatori meno esperti e meno propensi a cimentarsi con i regolamenti complessi della prima versione: arrivò così Lord of the Rings Adventure Game (edito in Italia come Gioco di Avventura del Signore degli Anelli). Oltre a un regolamento più snello la differenza principale col predecessore stava nella cronologia dell’ambientazione, collocata nell’anno 3018 della Terza Era, ovvero in concomitanza ai fatti della Guerra dell’Anello.

Il 22 settembre 1999 però la Iron Crown Enterprises perse i diritti sulle opere di Tolkien, chiudendo così l’epoca di MERP, mentre un anno più tardi la casa editrice dichiarò bancarotta.

Non era però di certo finita l’era dei GdR nella Terra di Mezzo. Nel 2002, sull’onda del successo dei film di Peter Jackson, assistiamo alla comparsa di The Lord of the Ring Roleplay Game, edito da Decipher e tradotto anche in italiano. Il gioco, che oltre alla licenza ufficiale della Middle-Earth Enterprises poteva contare sull’apparato iconografico dei film, non ebbe il successo sperato e nel giro di pochi anni le pubblicazioni cessarono. Il gioco, nonostante contenesse alcuni espedienti interessanti per ricreare le atmosfere della Terra di Mezzo risultava troppo legato ai prodotti cinematografici e troppo poco ai libri, mentre il sistema di gioco usato, il CODA System (creato dalla Decipher per il suo primo titolo, ispirato all’universo di Star Trek), puntava troppo sul combattimento e poco sugli altri aspetti del Gioco di Ruolo. Dal punto di vista temporale questo titolo mirava a far immergere i giocatori nella Terza Era, soprattutto negli anni precedenti il viaggio della Compagnia dell’Anello, ma forniva elementi per poter ambientare le proprie avventure anche nella Quarta Era.

Nel 2006 si chiudeva definitivamente questa parentesi, ma al contempo si gettavano le basi per la nascita del gioco che tutti gli amanti di Tolkien stavano aspettando: verso la fine della prima decade degli anni 2000 la Cubicle 7 decise di acquistare i diritti per la realizzazione di un nuovo GDR nella Terra di Mezzo e affidò il progetto a un game designer italiano, Francesco Nepitello. Questi, con l’aiuto del collega di sempre, Marco Maggi, si mise subito al lavoro potendo contare su un vantaggio estremamente importante: Nepitello è prima di tutto un grande conoscitore dell’opera di Tolkien, uno di quelli con (idealmente) la History of Middle-earth sempre sul comodino. Nepitello e Maggi furono i primi a creare un sistema di gioco studiato appositamente per ricreare le ambientazioni della Terra di Mezzo, dando risalto ad aspetti come il viaggio, i momenti di ristoro presso le Case Accoglienti, le udienze al cospetto dei grandi rappresentanti dei Popoli Liberi e persino gli influssi che l’Ombra può avere anche sui cuori più nobili e puri quando questi sono soggetti ad angoscia o timore per la propria Terra o i propri cari. Un’altra scelta azzeccata fu quella di non “gettare in pasto” ai giocatori tutta la Terra di Mezzo: il manuale base è ambientato nelle sole Terre Selvagge del nord, praticamente a cavallo di Bosco Atro, e si colloca su una linea temporale che parte pochi anni dopo la riconquista di Erebor e la morte di Smaug.

In un’intervista2Nepitello dichiarò che non poteva immaginare in un gioco ambientato nella Terra di Mezzo scene che sarebbero stato all’ordine del giorno in D&D: un cavaliere di Rohan, un soldato della Cittadella di Minas Tirith, un elfo di Bosco Atro, un Nano di Erebor e un Hobbit della Contea seduti tranquillamente a un tavolo del Puledro Impennato intenti a pianificare la loro prossima avventura! Nel gioco che Cubicle 7 pubblicherà nel 2011, dal titolo “The One Ring” (“L’Unico Anello” in italiano, edito da Giochi Uniti), la Terra di Mezzo è quella descritta da Tolkien alla fine della Terza Era, un mondo dove i Popoli Liberi hanno quasi completamente rinunciato alle antiche alleanze, dove un nobile di Rohan non ha mai visto un elfo e un nano e considera gli Hobbit creature appartenenti alle leggende. Il titolo ha conquistato subito pubblico e critica, grazie anche a un ottimo comparto grafico che vede il contributo di John Howe, sbancando nel 2012 i prestigiosi Ennie Award. Dal quel momento l’editore ha cominciato a sfornare una grandissima quantità di supplementi, sempre di altissima qualità e con un’aderenza quasi maniacale alle opere del Professore.

Il giudizio degli appassionati è unanime: “The One Ring” è il miglior gioco mai creato per vivere avventure nella Terra di Mezzo.

Il nostro viaggio però non finisce qui. Siamo giunti a un lieto fine grazie a Nepitello e Maggi, ma manca ancora qualcosa per chiudere il cerchio: tutto era iniziato con gli Hobbit che, in barba al copyright, facevano la loro comparsa nella prima edizione del GdR per eccellenza, Dungeons&Dragons, ma questa “ferita” per tutti gli amanti di Tolkien e del GdR è stata sanata nel 2016 quanto Cubicle 7 ha pubblicato Adventures in Middle-earth, un manuale che permette di integrare le meccaniche originali di The One Ring sul regolamento di Dungeons&Dragons, creando finalmente il prodotto ufficiale che unisce questi due mondi tanto amati. Questo prodotto, edito anche in Italia nel 2017, da NeedGames, ha il pregio di portare (nel modo estremamente filologico di Nepitello) la Terra di Mezzo al grande pubblico del Gioco di Ruolo, Questi ultimo due prodotti sono in grado di soddisfare tutte le richieste dei giocatori amanti delle opere di Tolkien, la missione è finalmente compiuta.

Due note per concludere: esistono alcuni prodotti fanmade, non licenziati ufficialmente e distribuiti gratuitamente on-line che meritano attenzione. Uno è il francese (disponibile anche in italiano) Terza Era3e l’altro il nostrano Tirnath-en-Él Annûn4, setting basato sul sistema di gioco “FATE” che immerge i giocatori negli anni che vanno dal 1300 al 1975 della Terza Era, puntando l’accento sui fatti che riguardano il Regno di Arnor. Inoltre, Cubicle 7 ha annunciato per il 2019 (inizialmente era previsto per il 2018, poi la data è stata posticipata) il lancio, tramite la piattaforma Kickstarter, di un “misterioso” Box deluxe riguardante Moria, disponibile sia per The One Ring che per Andventures in Middle-earth5. Ma non solo: sulla pagina facebook dell’editore, il 22 febbraio 20196, è apparto su post con delle foto che ritraggono Nepitello nella sede di Cubicle 7 assieme agli altri dello staff di The One Ring e, secondo quanto si legge, Nepitello sarebbe tornato lì “for plotting and planning”. A quanto pare l’attrazione fatale tra GdR e Terra di Mezzo è destinata a durare e a produrre nuove entusiasmanti avventure per gli amanti di questi due straordinari mondi.


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