GLI ARAZZI DI AUBUSSON /3: “Le Sale di Manwë – Taniquetil”

La Cosmologia di Arda dietro il disegno

La tripartizione visiva dell’illustrazione sussiste sulla base della cosmologia che Tolkien elaborò in quel periodo per il legendarium. All’interno della complessa cosmologia di Arda, troviamo infatti l’importante idea delle tre Arie: Vaitya, Ilwë e Vilna.

Queste sono citate per la prima volta nel Libro dei Racconti Perduti (The Books of Lost TalesPart I), nella III sezione (il testo è noto in Italia col titolo Racconti Ritrovati) a cura di Christopher Tolkien. Si tratta della sezione dal titolo “La Venuta dei Valar” e la “Costruzione di Valinor“:

Così Rúmil narrò: «Ed ecco levarsi Manwë Súlimo e Varda la Bella. Varda, quando la Musica fu suonata, aveva pensato alquanto all’aria, candida e argentea, e alle stelle. I due ora si dotarono di ali potenti e viaggiarono veloci fra le tre arie. Vaitya è quella scura e lenta che si dispiega attorno al mondo e al suo esterno, mentre Ilwë è azzurra e chiara e scorre tra gli astri; infine giunsero a Vilna, grigia, dove gli uccelli possono volare sicuri.

Vaitya, Ilwë e Vilna sono i nomi che ritroviamo anche in un vecchio disegno di Tolkien. Qui il mondo viene riprodotto in sezione e sotto forma di vascello. Il titolo del disegno, infatti, è I Vene Kemen che sta a significare La Forma della Terra o Il Vascello della Terra.

I Vene Kemen, “La forma della Terra” o “Il Vascello della Terra”

Il vascello ci mostra sulla sinistra la nostra montagna Taniquetil e nell’angolo a destra i nomi delle tre Arie. Ora, il testo ci informa come ognuna delle Tre Arie sia caratterizzata da un colore, elemento che può aiutarci a riconoscere ciascuna di queste nell’acquerello del Taniquetil. Ma è necessario prestare attenzione anche ad un altro passo del testo della sezione sulla Venuta dei Valar in cui si parla di Ilmarin, in cima al Taniquetil:

Innanzi tutto su Taniquetil fu costruita un’ampia dimora per Manwë e innalzata una torre di guardia. Da qui egli spediva i fulminei falchi e li accoglieva al proprio ritorno, e in giorni più recenti vi giungeva spesso Sorontur, Re delle Aquile, cui Manwë donò molta potenza e saggezza. Il palazzo, di marmi bianchi e blu, si ergeva tra campi innevati, mentre i tetti erano di una tela tessuta con l’aria azzurra detta Ilwë, che si trova sopra la bianca e la grigia. La tela era opera di Aulë e della sposa, e Varda la cosparse di stelle.

La presenza delle stelle in Ilwë e il fatto che quest’Aria intessa i tetti di Ilmarin lascia intendere che l’area più alta nell’acquerello sia proprio Ilwë. Eppure questa sappiamo essere la seconda e non la prima, ovvero Vaitya. Questa suddivisione delle tre Arie risulta quindi essere solo un primo passo per analizzare l’opera pittorica del Taniquetil. Sarebbe perciò errato credere che tutte le tre Arie siano presenti nell’acquerello. Inoltre la seconda area dell’acquerello è di colore grigio perciò rappresenterebbe l’Aria Vilna.

Per fare il passo successivo è necessario riferirsi ad un altro testo elaborato successivamente. Infatti è in un testo degli anni Trenta edito da Christopher Tolkien The Ambarkanta: Of the Fashion of the World, nella V sezione di The Shaping of Middle Earth (che a sua volta è il IV volume della History of Middle-earth) che Tolkien ci spiega chiaramente la cosmologia della Terra di Mezzo e del continente di Aman.

Nella prima Era il mondo era circolare ed essenzialmente piatto. In esso ritroviamo le tre Arie, ma i loro nomi sono differenti: Vaitya, Ilwë e Vilna diventano Vaiya, Ilmen e Vista. Ma ecco che troviamo una nuova distinzione, che interessa la sola Vista, l’aria respirabile. Essa infatti è a sua volta divisa in due parti: una parte inferiore chiamata Aiwenórë o Bird-land (“Terra degli uccelli”) e una superiore Fanyamar o Cloudhome (“Casa delle nuvole”). Ecco quindi che possiamo identificare le tre fasce dell’acquerello di Tolkien: la prima in alto è Ilmen, le altre due sono entrambe parte di Vista (in mezzo troviamo Fanyamar e in basso Aiwenórë). Ricordiamo che questa illustrazione risale però al biennio 1927-28, mentre i quattro nomi appena citati si trovano a partire dagli anni Trenta. È assai probabile quindi che la loro concezione fosse già da tempo nella mente dello scrittore, ma fosse stata espressa meno chiaramente nel Libro dei Racconti Perduti.

(segue a p. 4)