William Morris

Da William Morris alla Terra di Mezzo: Il Gothic Revival Vittoriano e la nostalgia romantica per il Medioevo

di Nicolò Maggio


Personalità creativa, irrequieta, William Morris rappresenta, con la sua eclettica opera e attività, un punto di svolta nel Gothic revival inglese: è lui a farsi erede della lezione dei “profeti” del Neogotico, Pugin e Ruskin, a vivere il ritorno alla Natura simbolica dei Preraffaelliti, immerso nel gusto letterario e vittoriano per i poemi cavallereschi. Ed inoltre Morris è, con la sua attività ed opera, fra gli autori che ispireranno Tolkien e Lewis nella creazione dei loro immaginari universi mitici e narrativi.

Primo designer moderno, pittore, editore, attivista politico legato ai circoli del socialismo utopistico inglese, poeta e scrittore, appassionato di architettura e restauri di opere medievali, l’intera attività di Morris si configura come un imponente ritorno al Medioevo: un recupero che è insieme di natura romantica, letteraria ed etica ma anche “pratico”, inerente alla sfera lavorativa, creativa e costruttiva.

Formatosi all’Università di Oxford, dove subirà l’influenza del pensiero ruskiniano, Morris si dedicherà inizialmente all’architettura, per poi seguire lo studio e la passione per l’arte e la pittura; entrò quindi a far parte della confraternita dei Preraffaelliti, insieme ai colleghi Dante Gabriele Rossetti, Edward Burne-Jones, Madox Brown e Philip Webb. Gli interessi del gruppo erano tesi a rievocare su tela un Medioevo romantico e letterario, di stampo arturiano o tennysiano, utilizzando modalità stilistiche tratte dalla pittura medievale precedente l’età di Raffaello: i caratteri da rievocare erano quelli della spontaneità e del naturalismo, la quotidianità delle scene, la luminosità e la vivacità dei dipinti tramite l’utilizzo di colori accesi, l’attenzione ai particolari, l’assenza di margini scuri.


La Belle Iseult di William Morris (1858). Modella per l’opera fu sua moglie, Jane Burden.

Se in pittura Morris non conseguì mai gli stessi alti risultati dei colleghi, rimane comunque esemplare, per il gusto e l’ambientazione medievale, il suo La Belle Iseult (“La Bella Isotta”), che dipinse nel 1858, ricorrendo a sua moglie come modella, la bella Jane Burden. L’opera rispecchia i canoni tipici del movimento preraffaellita, fondati sul riportare alla sfera del quotidiano personaggi dell’epica cavalleresca e arturiana, di fatto umanizzati, sulla rappresentazione di un Medioevo fantastico e mitico, nell’esaltare ideali politici ed etici (ad esempio il corporativismo fra artigiani o il gusto per il bello e la natura, da difendere contro l’avanzata della tecnologia), innovativi e rivoluzionari per quel tempo, collegandoli al rivisitato passato medievale e quindi datando gli stessi di legittimazione e “veste” storica.

E difatti la Ginevra morrisiana, nel morbido corpo e nel bel volto della Burden, è rappresentata in una scena semplice e abituale, nell’atto di allacciarsi una cintura dorata situata al di sopra di una semplice e candida veste bianca dai motivi rosati, medievale nel concetto e nell’idea ma in realtà riproducente un tessuto che richiamava i grandi velluti quattrocenteschi. L’abito, in velluto broccato bianco con rosati motivi geometrici, presenta una bottonatura dorata centrale sul busto aderente, un colletto ricamato d’oro, maniche rosse anch’esse ben aderenti, con interno nero (come si nota dal polsino risvoltato).

Lo sfondo è quello di una stanza d’interni nella quale spiccano i candidi drappeggi delle tende e delle lenzuola, in sintonia, per colori e motivi, con l’abito di Ginevra/Jane. Nello spazio circondante la regina compaiono numerosi ornati e oggetti, modelli “estetici” che le botteghe delle Arts and Crafts avrebbero prodotto qualche anno più tardi (sono un valido esempio le carte da parati con motivi floreali su sfondo blu e rosso, cui rimandano le decorazioni parietali presenti sullo sfondo della scena dipinta).  Candido è inoltre il volto della Jane/Ginevra, in sintonia con il colore dell’abito, in un ricercato contrasto con il rosso delle maniche e di una parte dello sfondo, delicato e dall’espressione severa, a tratti malinconica (quasi a voler esprimere la nostalgia sentimentale per un’età ormai scomparsa, quel Medioevo incorrotto e comunitario, vivo solo nei ricordi), ma che ne sottolinea, oltre alla mera bellezza estetica, la raffinatezza e l’eleganza. Sull’ordinata acconciatura castana è presente una corona floreale, in un gioco di rimandi che riporta ai motivi arborei tanto cari a Morris e presenti sullo sfondo della stanza dipinta. 

Il movimento Arts and Crafts

L’opera di Morris è inoltre caratterizzata dal rifiuto per la produzione industriale di decorazioni o architetture, e dall’amore per il ritorno all’artigianato manuale, elevato ad opera pienamente artistica. Per Morris l’arte doveva essere accessibile a tutti e priva di giudizi di merito, e l’arte applicata doveva godere di pari dignità della pittura e della scultura. In linea con questi principi filosofico-artistici, nel 1860 con l’aiuto dell’amico Webb, Morris costruì la Red House per la moglie Jane, dimora dalle caratteristiche medievaleggianti, da lui stesso arredata e considerata da molti, per semplicità volumetriche e scelte stilistiche, il primo esempio architettonico di edilizia moderna.                 

Da questa esperienza Morris maturò la scelta di produrre manufatti di artigianato nelle forme tradizionali, ispirato anche dal realismo quotidiano delle pitture dei Preraffaelliti; con Webb, Rossetti e Burne-Jones, fondò nel 1861 la Ditta Morris, Marshall, Faukner & Co, una vera e propria società commerciale che si occupava della produzione di vetrate dipinte per chiese neogotiche, mobili medievali, stoffe, argenterie, carta da parati, arazzi, eseguiti con metodi tradizionali.       
L’impresa dava inizio al movimento delle Arts and Crafts, la rinascita dell’artigianato e delle corporazioni di arti e mestieri su modello (ideale) delle corporazioni medievali.  

Il movimento, in attività sino alle soglie della Seconda Guerra Mondiale (dal 1861 al 1940), aveva lo scopo di criticare, riformare e rivoluzionare il gusto ottocentesco delle arti decorative e il modello di produzione di massa degli oggetti, tipico del capitalismo industriale, colpevole di standardizzare i prodotti d’arte rendendoli privi di originalità e specificità. Morris e i suoi proponevano quindi il ritorno al lavoro manuale e il recupero dell’eleganza e raffinatezza delle lavorazioni artigianali antiche, per creare prodotti artistici nuovi. Un ideale di gusto che veniva riproposto ed elaborato sulla base di un Medioevo fantastico e mitico, ammirato e vissuto come tempo/luogo di integrazione fra tutte le classi sociali e momento del perfetto corporativismo precapitalistico ed insieme etico/religioso.
Tutti i prodotti dell’azienda Morris & Co., che comprendevano una grande varietà di oggetti artigianali di ispirazione medievale per la casa, come vetro colorato (molto richiesto per la costruzione e l’arredo delle Chiese neogotiche inglesi tra 1880 e 1890), arazzi, tessuti, carte da parati, abiti, tappeti e ‘chintz’ (tessuti di calicò stampati su legno), ricami, gioielli, damaschi di seta, uscirono ben presto dalla fucina preraffaellita che li aveva prodotti, e divennero una sorta di segno distintivo e di riconoscimento della società intellettuale, in particolare delle signore dell’alta borghesia inglese, che ruotava intorno agli artisti d’avanguardia e cercava modelli di vita alternativi. Se i temi e gli stili sono quelli desunti dall’artigianato medievale, anche nella tecnica Morris sceglie di ricorrere all’antica procedura della xilografia a mano, un processo di stampa manuale lento e meticoloso che, tuttavia, consentiva la realizzazione di prodotti raffinati ed unici. 

William Morris

Modello floreale realizzato da William Morris (design su legno) utilizzando il processo di xilografia a mano.

Morris fu inoltre uno dei primi artisti a disegnare motivi decorativi affinché venissero riutilizzati da altri artigiani nelle loro opere, e fu in questo, involontariamente, il padre del design industriale moderno, caratterizzato dalla produzione in serie, che lui, paradossalmente, tanto osteggiava. Tra le sue decorazioni più note vi sono i pannelli e gli affreschi a soggetto arturiano per la libreria dell’Università di Oxford e le carte da parati a motivi floreali, tratti da erbari medievali, come la Margherite del 1864.  Il Medioevo romantico come sogno e alternativa, da modello letterario e artistico, diventa con Morris persino oggetto di uso quotidiano, d’arredamento, alla portata di “tutti”, e consegnato, quindi, alla moda popolare.

Opere principali e cardine dell’attività di Morris

Tra le commissioni più note della Morris & Co., che aveva il suo centro nel laboratorio di tessitura di Merton Abbey, sono da menzionare le vetrate e i pannelli colorati per le sale del Palazzo Reale di San Giacomo e la sala verde del South Kensington Museum, con motivi floreali, realizzati da Morris, Burne-Jones e Philipp Webb; le finestre, dalle figure realizzate su modelli medievali, della Chiesa di Tutti i Santi di Wilden (Stourport on Severn), progettate da Burne-Jones su commissione del facoltoso politico e uomo d’affari Alfred Baldwine, dedicate ai membri delle importanti famiglie dei MacDonald, Baldwine e Burne-Jones; le finestre colorate con soggetti e temi dell’epopea arturiana per l’Abbazia di Malmesbury; la serie di seri arazzi sulla Cerca del Graal, motivo tratto dal ‘romance’ La Morte di Re Artù di Thomas Malory (1485), realizzato per il facoltoso avvocato William Knox, per arredare la sala da pranzo della sua dimora neogotica, la Stanmore Hill (nel Middlesex), nel 1890. La serie di sei arazzi, alla quale lavorarono Burne-Jones, Morris e Jon Henry Dearle,  era così scandita:

  1. I cavalieri della tavola rotonda convocati alla ricerca dalla strana damigella;
  2. L’armamento e la partenza dei cavalieri;
  3. L’impossibilità di Sir Lancillotto di entrare nella Cappella del Santo Graal;
  4. Il fallimento di Sir Gawaine : Sir Gawaine e Sir Uwaine alla cappella in rovina;
  5. La nave;
  6. La visione del Sacro Graal a Sir Galahad, Sir Boros, e Sir Percival.

Alle produzioni già in corso, Morris, nel 1870, aggiunse quella di miniature su carta e pergamena e più tardi, nel 1891, aprirà una stamperia a Londra, la Kelmscott Press, che, fino alla sua chiusura, pubblicherà splendide edizioni di classici inglesi, decorate e illustrate con motivi medievali, ispirate alle incisioni di Dürer e degli incunaboli del XV secolo.

Un’altra importante attività di Morris fu la creazione della Società per la Protezione degli Edifici Antichi nel 1877, tutt’ora in attività.

Per molti versi Morris riesce a mettere in atto, nella resa pratica ed effettiva, molte delle teorie ruskiniane, tanto quelle costruttive, quanto quelle etiche, morali e religiose, se si pensa, ad esempio, alla passione per le tecniche lavorative tradizionali, ereditate dalle Arti e Mestieri, all’applicazione dell’artigianato “medievale” e alle prime formulazioni sul restauro conservativo dei monumenti gotici.

In questo ideale Medioevo romantico, fantasticato ed inventato, Morris individua il punto cardine di riferimento della sua poliedrica attività: estetica e Natura, amore cortese, ideali cavallereschi ed eroismo a servizio della fede, artigianato ed arte uniti dal medesimo valore sociale e morale, il fantastico, l’eleganza e la spontaneità originaria dell’uomo. Nel Medievalismo vittoriano, che trova espressione in Morris, nelle Neo Corporazioni d’Arti e Mestieri, nell’opera dei Preraffaelliti, è possibile leggervi le stesse caratteristiche che animeranno il Morris scrittore di poesie, poemi di ispirazione medievale e primi scritti di genere fantasy, motivi anticipatori e ispiratori dell’opera di J.R.R. Tolkien. Ad esempio si pensi al ripristino dell’ordine e della società “antica”, alla struttura ciclica del viaggio secondo lo schema “andata e ritorno”, formula nota ai lettori attraverso il diario/pseudobiblium di Bilbo Baggins ne Lo Hobbit, al senso di struggimento inappagato, alla cornice narrativa con viandanti che raccontano storie e leggende di una terra ormai scomparsa e tramandata attraverso i ricordi – similmente al sentimento nostalgico dei romantici per il Medioevo – o ancora al tema del Paradiso Terrestre, che nel Silmarillion, il corpus del legendarium tolkeniano, diventa Aman, il continente che ospita il Reame Beato di Valinor. Diventato una moda comune, con queste caratteristiche, il sogno del Medioevo giungerà sino ai nostri giorni.


Per saperne di più sull’influenza di Morris su Tolkien limitatamente alle arti visive, vi consigliamo la lettura di questo articolo pubblicato su Tolkieniana.net

(segue a p. 2)