“La filosofia di Tolkien” (P. Kreeft), intervista alla traduttrice

Da qualche mese la casa editrice Homeless Book ha pubblicato un libro di Peter Kreeft su J.R.R. Tolkien intitolato La filosofia di J.R.R. Tolkien: la visione del mondo ne «Il Signore degli Anelli». Questo libro è uno dei pochi che tratti Tolkien da un punto di vista filosofico senza però uscire dalla prospettiva dello scrittore inglese, ma anzi, ricercandola.

La critica che gli è stata mossa è stata quella di usare troppe citazioni di Lewis per spiegare Tolkien: un procedimento senza dubbio discutibile, ma Kreeft lo fa con la consapevolezza dell’estrema vicinanza dei due autori ed arricchendo il testo di riflessioni per il lettore. Sotto molteplici aspetti il suo è un testo introduttivo alla filosofia, in quanto Tolkien viene trattato ponendogli quelle che secondo Kreeft sono le principali domande della filosofia. Questo piega un po’ i testi tolkieniani verso il metodo scelto, mentre dovrebbe essere il metodo a piegarsi verso i contenuti. Tuttavia, il libro di Kreeft non fa mai dire a Tolkien qualcosa che il nostro autore non avrebbe voluto né lo piega a una sua interpretazione personale, come tantissimi critici inavvertitamente o consapevolmente fanno. Esso, dunque, è un utile sussidio alla comprensione di Tolkien, unico nel suo genere ed approccio, oltre che un valido ed interessante testo introduttivo alla filosofia occidentale.

Per presentarvelo adeguatamente, abbiamo intervistato la sua traduttrice Sara Ridolfi.


Grazie Sara per aver accettato di essere intervistata da me a nome dei Tolkieniani Italiani!

Grazie a te, Giuseppe, e a voi per questa opportunità!

Per prima cosa Sara, la domanda di rito: quando hai conosciuto Tolkien e come?

Come molte persone della mia generazione, ho sentito parlare di Tolkien per la prima volta quando è uscito al cinema il primo capitolo della trilogia dei film del Signore degli Anelli. Nel 2001 frequentavo il liceo, ed ero già una lettrice accanita, ma non mi ero mai avvicinata al “fantasy”. Dopo aver visto il primo film, ho voluto assolutamente leggere il libro; l’ho finito in 45 giorni prendendolo in biblioteca e l’ho letto in ogni momento libero dalla scuola o dallo studio.

Ci sono degli aspetti di Tolkien che preferisci e parti delle sue opere che ti hanno fatto riflettere? Ci sono delle frasi o dei personaggi che ti sono rimasti nel cuore?

Peter Kreeft

La cosa che mi ha colpito di più in Tolkien è senza dubbio la sua capacità di creare popoli “fantastici” rendendoli reali, gli hobbit e gli elfi prima di tutto. Come dice anche Kreeft nel libro, non conoscevamo davvero gli elfi prima di aver letto di loro nel Signore degli Anelli, e abbiamo l’impressione che siano proprio loro gli “elfi” autentici. Il discorso vale ancora di più per gli hobbit, che non esistevano prima, ma che ora ci appaiono molto verosimili; tanto che la parte che preferisco del libro è senza dubbio il capitolo iniziale in cui vengono descritte le abitudini e la storia degli hobbit. Questo è un merito grandissimo di Tolkien, l’essere riuscito a farci credere veramente in un mondo fantastico. Personalmente, sono molto affezionata al carattere di Bilbo, e alla storia degli Ent e delle Entesse. 

Secondo te, questo libro di Peter Kreeft per che pubblico è consigliabile? Che impressioni ne hai ricevuto mentre traducevi?

Questo libro è pensato soprattutto per un pubblico che abbia già familiarità con Il Signore degli Anelli, e che si interessi di filosofia, ma non per forza studiosi o accademici. Penso che sia un libro scritto da un appassionato di Tolkien per altri appassionati di Tolkien. A mio giudizio le parti “filosofiche” sono spiegate bene ed in maniera semplice e diretta, anche per chi, magari, non è avvezzo ai termini specialistici. 

Parliamo un po’ dei contenuti del libro. Quali sono secondo te le idee fondamentali di Kreeft? Rispecchiano le idee di Tolkien? Kreeft riesce veramente ad esprimere la filosofia di Tolkien o quello apposto al libro è un titolo messo per attirare i lettori?

No, non credo che il titolo sia uno specchietto per le allodole; il libro è proprio una panoramica sulle idee filosofiche e morali di Tolkien, con un focus particolare sul Signore degli Anelli. Kreeft vuole forse mostrare come le convinzioni dell’uomo Tolkien emergano chiaramente dalla sua opera di scrittore, e trasformandosi in fiction siano anche più immediate da comprendere per il lettore; il tutto però non è fatto, secondo Kreeft, in maniera artificiosa, per farci una “lezione”; la morale che sta dietro al Signore degli Anelli è la morale in cui credeva Tolkien, ed è una morale in cui anche il lettore tende a rispecchiarsi. Kreeft cerca di dividere le varie tematiche filosofiche che compongono il libro per analizzarle in dettaglio.

Quali sono secondo te i punti di forza di questo libro? E le sue debolezze? Nonostante queste ultime, ne ho rilevate io stesso, a parer mio è un libro da consigliare. Ti trovi d’accordo?

Sì, assolutamente. Il punto di forza di questo libro sta, secondo me, nella maniera semplice e diretta con cui è spiegata nel dettaglio la visione filosofica di Tolkien, in modo da essere comprensibile per chiunque sia appassionato del Signore degli Anelli; io stessa, leggendolo e traducendolo, ho compreso e scoperto molti aspetti sia del libro che dello scrittore che avevo solo “intuito” durante la lettura del Signore degli Anelli e del Silmarillion. Un punto debole può essere forse il continuo riferimento a Lewis, un autore amatissimo da Kreeft ma che magari non risulta così attinente al Signore degli Anelli; alcune delle citazioni di Lewis, in ogni caso, sono delle vere e proprie perle, altre magari risultano eccessive e potevano essere evitate a favore, magari, di ulteriori rimandi allo stesso Tolkien.

Tradurre questo libro è stata una bella esperienza, soprattutto da tolkieniana quale sei?

Sì, sono stata molto felice quando ho visto il titolo del libro che dovevo tradurre, e il libro non mi ha delusa; la sua traduzione è stata la più complessa che abbia fatto, soprattutto per via delle numerosissime citazioni ad una gran quantità di libri ed autori diversi, che ho dovuto ricercare nelle traduzioni italiane, per cui avevo sulla scrivania una cinquantina di libri diversi! Non avevo mai letto, ad esempio, l’epistolario Lettere (1914 – 1973), che ho amato particolarmente e che adesso è probabilmente il primo libro di Tolkien che rileggerei. Quindi si può dire che è stata l’esperienza che mi ha reso veramente una tolkieniana.

Dopo l’uscita della nuova traduzione de Il Signore degli Anelli a cura di Ottavio Fatica, la nostra rete dei Tolkieniani Italiani si è molto adoperata per parlare di traduzione e di traduzioni. Come ti approcci tu alla traduzione di un testo, quali sono i tuoi metodi e le tue finalità?

Secondo me la cosa più importante in una traduzione è riuscire a mantenere lo stile dello scrittore, pur cercando di adattarlo alla lingua italiana e alle sue costruzioni. Avendo io tradotto per ora solo saggistica, non mi sono mai trovata di fronte alla difficoltà di dover riportare in italiano la musicalità e lo stile esatto di un romanzo; nei saggi, quello che importa è il contenuto e lo stile di solito è abbastanza omogeneo. Di solito io tendo a tradurre il testo una prima volta diciamo “alla buona”, per poi ritornare sui punti precedenti, una volta compreso bene tutto, per sistemare eventuali errori di concetto e di stile. Ma sono una perfezionista, perciò il risultato non mi accontenta mai!

Dato che conosci i testi tolkieniani e sei una professionista, potresti darci una tua opinione sia personale, quindi soggettiva, che professionale, quindi più oggettiva possibile, delle traduzioni dei testi tolkieniani che hai letto o con cui hai una maggiore confidenza?

Domanda insidiosissima! Cominciamo con il mio parere soggettivo: io sono affezionata, come tutti, alla traduzione “classica”, quella di Vittoria Alliata di Villafranca, avendolo io letto sempre in quella edizione, ed essendo anche la traduzione da cui sono stati ricavati i nomi presenti nei film e quindi nell’immaginario comune del mondo di Tolkien. Quando si è parlato per la prima volta di una nuova traduzione, come molti sono stata diffidente: che bisogno c’era di cambiare una traduzione secondo me quasi perfetta, molto suggestiva nelle immagini evocate, e tra l’altro approvata dallo stesso Tolkien, un filologo? La nuova traduzione non è malvagia, affatto, ed in certi casi è più attinente al testo originale della precedente (l’esempio più lampante è quello di Sam, in cui nella prima traduzione veniva lasciato il nome originale che in italiano non ha molto significato, mentre con “Samplicio” è stato trovato un modo di rendere proprio il senso del nome in lingua originale), ma risulta comunque estranea, quasi un sacrilegio ai nomi a cui tutti siamo abituati. Aragorn il “Forestale”, ad esempio, lo trovo ridicolo, mi fa venire in mente Aragorn su un fuoristrada che pattuglia i boschi del Parco Nazionale del Gran Sasso. Ora passo alla mia opinione oggettiva: la traduzione è fatta bene, e se non avessi mai letto il libro la apprezzerei a pieno; quindi probabilmente la nuova generazione di tolkieniani si affezionerà ad essa come noi ci siamo affezionati a quella di Vittoria Alliata; questo è anche il ragionamento che abbiamo fatto quando abbiamo deciso di inserire le citazioni dalla versione di Fatica.

Credi che le opere di Tolkien possano o debbano essere proposte a un pubblico più vasto di quanto ne abbiano adesso? Il libro di Kreeft può essere un utile strumento per una maggiore diffusione del pensiero e dell’opera di questo nostro autore?

Certamente è utile continuare a proporre Tolkien alle nuove generazioni, così come è stato proposto a noi, e di questo il gran merito va ai film, che lo hanno fatto conoscere al grande pubblico, invogliandoci alla lettura e in alcuni casi facendoci proprio scoprire l’autore. Purtroppo però rimane un autore fortemente legato al genere, per cui chi non ama il fantasy difficilmente si prenderà la briga di affrontare un “mattone” di oltre 1000 pagine; non arrivando così a scoprire la grandezza di Tolkien e della sua scrittura, che potrebbe essere apprezzata anche da chi non ama il fantastico. 

Ultimamente il dibattito in Italia ci ha portato ad interrogarci sul ruolo delle traduzioni da una lingua all’altra, nonché a proporre la lettura dei testi tolkieniani in lingua originale. Sulla nostra Radio la Voce di Arda abbiamo addirittura organizzato un corso di lettura di Tolkien in lingua inglese. Tu cosa ne pensi? Secondo te è importante tradurre i libri da una lingua all’altra, specialmente quelli di e su Tolkien in italiano? Secondo te quella di leggere in lingua originale è una buona proposta? Quanto può essere valida e quanto pubblico può esserne interessato o accoglierla a tuo giudizio? Il ruolo di un bravo traduttore o di una buona traduzione saranno mai sostituiti?

Pur conoscendo io l’inglese, e pur preferendo guardare film e serie tv religiosamente in lingua originale, ti devo rispondere che, personalmente, amo leggere i libri in italiano per potermeli godere appieno, e capirne subito il senso. Quindi il ruolo del traduttore è fondamentale, e deve trattarsi di un traduttore molto bravo per quanto riguarda appunto la narrativa, altrimenti c’è il rischio di perdersi qualcosa. Leggere Tolkien in inglese può essere interessante, ma come approfondimento, dopo averlo letto in italiano, e quindi mi sembra una proposta molto valida appunto per gli appassionati (con una minima conoscenza dell’inglese, ovviamente) per poter cogliere alcuni aspetti che vanno inevitabilmente persi nel passaggio da una lingua (germanica) all’altra (neolatina). 

Ultima domanda, curiosità di ogni tolkieniano: hai mai visto le due trilogie di Peter Jackson, il film de Il Signore degli Anelli di Ralph Bakshi e il biopic dedicato a Tolkien di Dome Karukoski? Cosa pensi delle riduzioni cinematografiche dedicate a Tolkien e che idea ti sei fatta della serie tv prossima ventura firmata Amazon?

Sì, ho visto per la prima volta la trilogia del Signore degli Anelli al cinema ai tempi dell’uscita, come quella de Lo Hobbit, e poi più volte nel corso degli anni – io preferisco riguardare quella de Lo Hobbit (perché Bilbo è il mio personaggio preferito, lo ammetto; e poi c’è un drago che parla, suvvia!). Il film di Bakshi non l’ho mai visto, ma recentemente ho recuperato il biopic, che mi è sembrato un po’ freddino. Non mi sono fatta nessuna idea sulla serie Amazon, per non partire prevenuta; spero non cerchino di farne un GOT, perché stravolgerebbe completamente tutto; per il resto, sono aperta alle novità.

Qui la Scheda Libro della casa editrice

Giuseppe Scattolini

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