“I Mondi di J. R. R. Tolkien”: commento

Dall’Inghilterra alla Contea

Come capitolo iniziale, non si poteva non partire dall’Inghilterra, il paese che Tolkien amava – e qui avrebbe certamente aggiunto: «non la Gran Bretagna e certamente non il Commonwealth (grr!)»1. È un’idea di Inghilterra idealizzata ed evanescente quella che ritroviamo nella Contea, il locus amoenus della Terra di Mezzo. Il creatore degli hobbit si diceva cresciuto «nella “Contea” in un’epoca pre-meccanizzazione»2: quella “Contea” è il sobborgo di Sarehole, in cui trascorse gli anni felici dell’infanzia, tra vecchi mulini e prati verdi, che arrivò a considerare come «una sorta di paradiso perduto», ammettendo di aver preso l’idea degli hobbit «dalla gente del villaggio e dai bambini»3. Ma, ben presto, anche Sarehole venne travolta dai tumulti di Isengard. Infatti, di essa Tolkien non ne trovò più traccia, quando, nel 1933, rivisitò il villaggio, ormai completamente inghiottito dall’industriale Birmingham. Garth suggerisce che l’episodio può avere ispirato il capitolo The Scouring of the Shire. A questo proposito, le parole di Tolkien, pronunciate durante una cena in suo onore in Olanda, nel marzo del 1958, suonano molto significative: «Guardo a Est, Ovest, Nord, Sud, e non vedo Sauron; ma vedo che Saruman ha molti discendenti. Noi hobbit non abbiamo armi magiche contro di loro»4.

Per chi invece si stesse chiedendo dove è possibile trovare l’Inghilterra che si avvicini di più alla vera essenza della Contea, ricordiamo che il Professore scrisse che essa è simile «a un villaggio del Warwickshire nel periodo intorno al Giubileo di Diamante [nel 1897]»5. Partendo da questa affermazione, di non poca importanza, si delinea un «paesaggio intellettuale» (come è stato definito nel titolo di un saggio di E. L. Risden6

), fatto di ricordi personali e di suggestioni letterarie. Infatti, nella Terra di Mezzo, la Contea è il luogo in cui un lettore inglese può familiarizzare maggiormente. Questo senso di appartenenza è dato anche dalla nomenclatura. Basta prendere una mappa dell’Oxfordshire e delle contee limitrofe: se si confrontano i toponimi riportati con quelli della Contea, ci si renderà conto di quanto suonino genuinamente inglesi.

Ecco alcuni esempi che ho trovato:

Buckland (Alliata-Principe: Terra di Buck; Fatica: Landaino), lo troviamo nel Berkshire, Buckinghamshire, Devon, Dorset, Hertfordshire, Kent, Somerset, Surrey e Worcestershire.
Come scrive Garth, deriva dall’antico inglese (OE) bōc-land “terra posseduta in forza di un documento”.
Bucklebury (Alliata-Principe: Buckburgo; Fatica: Borgodaino), nel Berkshire. In Guide to the Names in The Lord of the Rings, Tolkien scrive a proposito di questo toponimo: «Il -le in Buckle- o è un’alterazione di Buckenbury, con l’antico genitivo plurale in –en(a), oppure una semplificazione di Buckland»7.
Chetwood (Alliata-Principe: Bosco Cet; Fatica: Bosco Chet), cfr. Chetwode (Buckinghamshire), a venti miglia da Oxford; citato nel Domesday Book come Ceteode. Questo toponimo è molto interessante: la sua etimologia suggerisce che è formato da un elemento celtico (cfr. gallese coed) e dall’anglosassone wudu, entrambi per “bosco, foresta”. Lo stesso gioco si ritrova in Brill (sempre nel Buckinghamshire), dove convivono due elementi: uno celtico (*brigā > cornico bre, gallese bre, bryn) e anglosassone (OE hyll), entrambi per “colle, altura”, che ha ispirato Bree (Alliata Principe: Brea). Parimenti anche in Carrock troviamo due elementi con lo stesso significato: gallese carreg “pietra, roccia (nei nomi propri)” + inglese rock “roccia”.
Coomb (Alliata-Principe/Fatica: Conca), cfr. Combe, nel Berkshire, Dorset, Herefordshire e Oxfordshire. Dall’anglosassone cumb “valletta tra le colline, stretta valle”, presente anche in italiano come comba, cfr. gallese cwm “valle stretta e profonda”.
Nobottle (Fatica: Novadimora), cfr. Nobottle Grove Hundred, nel Northamptonshire (East Midlands), citato nel Domesday Book come Neubote. Formato da OE níwe “nuovo” + OE botl “casa, abitazione, residenza”.
Newbury (Fatica: Novoburgo), nel Berkshire.
Stock (Alliata-Principe: Scorta; Fatica: Magione), nell’Essex. Dall’anglosassone stóc. Dice il Bosworth Toller’s Anglo-Saxon Dictionary (p. 923): «Una parola che si trova perlopiù in nomi locali, da solo o in composti. Il significato sembra essere luogo, come quello di stów (nel primo caso, forse, un luogo recintato, cfr. (?) staca), ed entrambi i termini rimangono ora soltanto come toponimi».
Woodhall (Alliata-Principe: Boschesi; Fatica: Boscasilo), nel Lincolnshire. Etimologia: anglosassone wudu “bosco” + anglico (dialetto dell’anglosassone) hal(l) “dimora, grande residenza, maniero”.

La maestria di Tolkien nel creare toponimi che si potrebbero facilmente confondere con quelli dell’Inghilterra rurale deriva dall’approfondita conoscenza dei meccanismi con cui essi si sono formati e delle lingue di partenza che li hanno originati: anglosassone in primis. Christopher Tolkien raccontò a Wayne G. Hammond e Christina Scull che suo padre possedeva «una grande collezione di libri sui toponimi inglesi (tra cui nomi di campi, boschi, ruscelli, e le loro infinite varianti)»8; ricordiamo inoltre che Tolkien era membro della English Place-Name Society. Dando un’occhiata ai suddetti toponimi, non sarà di certo sfuggito come Tolkien, attraverso di essi, tracci delle coordinate ben precise, circoscritte all’area centro-occidentale dell’Inghilterra, che comprende parte delle Midlands e le contee di Oxfordshire, Worcestershire, Berkshire e Warwickshire: tutti luoghi che avevano a che fare con il Professore, lo confermano i suoi scritti. «Questo significava che gli hobbit sarebbero entrati in un antico paesaggio uguale a quello che circondava Oxford»9, scrive Garth. «Era un altro modo di associare la Contea all’Inghilterra rurale, dove il passato si poteva incontrare a non più di qualche chilometro di distanza»10. In questa prospettiva, sorprende pensare quanto fosse coerente il sistema dei nomi in Tolkien: basti pensare che nella Lettera 19, Tolkien identifica Tom Bombadil (che vive nella Vecchia Foresta, poco lontano dalla Contea) come un genius loci, e precisamente come «lo spirito della campagna (che va sparendo) di Oxford e del Berkshire»11; nella Lettera 294, allinea Hobbiton alla latitudine di Oxford: di conseguenza, anche la toponomastica dei nomi di quei luoghi seguirà modelli inglesi, di modo da apparire ben costruiti e credibili per lettori anglofoni.


Note

1 J. R. R. Tolkien, H. Carpenter (a cura di), Lettere 1914/1973, Bompiani, Milano 2018,

2 Ivi, p. 457

3 Intervista del Guardian a Tolkien, 1966 (trad. mia)

4 H. Carpenter, J. R. R. Tolkien. A biography, George Allen & Unwin, London 1977, p. 226 (trad. mia)

5 J. R. R. Tolkien, H. Carpenter (a cura di), Lettere 1914/1973, cit., p. 365

6 Vedi E.L. Risden, Tolkien’s Intellectual Landscape, McFarland & Company, Jefferson NC, 2015

7 W. G. Hammond – C. Scull (eds), The Lord of the Rings: A Reader’s Companion, HarperCollins, London 2014, p. 767 (trad. mia)

8 Ibidem

9 J. Garth, I Mondi di J. R. R. Tolkien. I luoghi che hanno ispirato la Terra di Mezzo, cit., p. 139

10 Ibidem

11 J. R. R. Tolkien, H. Carpenter (a cura di), Lettere 1914/1973, cit., p. 45

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