di Cristina Casagrande
Le donne dell’autore
John Ronald Reuel Tolkien (1892-1973) si sposò con una sola donna che gli diede 4 figli. Edith Bratt, la sua futura sposa, aveva 19 anni quando conobbe Ronald Tolkien, tre anni più giovane. Entrambi erano giovani orfani, accolti in casa della famiglia Faulkner e presto diventarono amici. Non passò molto tempo che i due iniziarono a provare amore l’uno per l’altra, Edith era una donna elegante e eccezionalmente bella e i modi fini di Ronald sicuramente erano attraenti anche per lei.
In principio il tutore del futuro autore de Il Signore degli Anelli, padre Francis Morgan, proibì a Ronald di fidanzarsi con Edith finché egli non fosse maggiorenne. Questa restrizione accese ancora di più la sua passione per la donna amata e Tolkien aspettò di avere 21 anni per poter rendere ufficiale il fidanzamento. A 24 anni, Edith già era promessa sposa di un altro uomo ma, persuasa dai sentimenti per il suo antico amore, pose fine a quel fidanzamento per poter restare con Ronald Tolkien.
Nel marzo del 1916 i due si sposarono, ebbero dei figli e l’idillio durò per tutta la vita di entrambi; dopo la morte di Edith, Tolkien decise di scrivere “Lùthien” come epitaffio per la sua amata e dopo la sua morte i figli scelsero di apporre “Beren” sulla lapide del padre.
La relazione con Edith fu certamente una delle più importanti per la comprensione dell’autore sulle donne, che finì per riflettersi, magari inconsciamente, nella creazione del suo universo letterario. Sebbene la sua storia d’amore nel Mondo Primario – quello che chiamiamo reale – fosse all’inizio piuttosto romantica, lui aveva una visione abbastanza realista delle relazioni tra uomini e donne.
In una lunga lettera scritta al figlio Michael afferma:
«In un tale amore inevitabile, spesso amore a prima vista, cogliamo una visione, suppongo, del matrimonio come sarebbe dovuto essere in un mondo incorrotto. In questo mondo caduto abbiamo come uniche guide la prudenza, la saggezza (rara nei giovani, troppo tardi con l’età) un cuore puro, e la fedeltà a volontà. […]
La mia storia è così eccezionale, così sbagliata e imprudente sotto quasi quasi ogni aspetto, che rende difficile consigliare prudenza. Eppure i casi difficili producono cattive leggi; e i casi eccezionali non sono sempre buoni esempi per gli altri.»1
Durante la loro vita da coniugi, Ronald e Edith Tolkien ebbero diversi disaccordi. Lei era una donna timida e semplice, non era un’intellettuale e con difficoltà si adattava allo stile di vita dei professori di Oxford e alle loro consorti. Oltretutto Edith non aveva in comune con il marito neanche la stessa religiosità. Lui era un cattolico convinto e lei si convertì al cattolicesimo sotto la sua influenza, fu felice della sua scelta ma spesso non era convinta quanto lui in materia di fede.
Cosciente delle difficoltà nelle relazioni tra uomo e donna che la vita gli insegnò, Tolkien non scrisse solo storie d’amore impossibili, dove uomo e donna giocavano il ruolo di eroi vincendo ogni male per stare insieme. Scrisse anche di relazioni problematiche, come la storia di Aldarion ed Erendis, una coppia di sposi umani che vivevano insieme uno contro la volontà dell’altro, riluttanti – o di Aredhel e Eöl, una coppia di sposi elfici i cui stili di vita contrastanti compromettevano la libertà e l’individualità nella loro relazione.
Un altra donna, non meno importante, influenzò molto la visione del mondo di J.R.R. Tolkien. Era sua madre, Mabel Tolkien, che morì molto giovane, a 34 anni, vittima del diabete. Lei fu la principale responsabile di due delle più grandi passioni di Tolkien: la lingua e la religione. Fondamentalmente furono questi due elementi che generarono il suo Legendarium, l’universo mitologico che accoglie i suoi racconti.
Si dice che quando era ancora un bambino Tolkien creò una storia che comprendeva un drago. «Non ne ricordo nulla, eccetto per un fatto filologico», ricorda Tolkien, «Mia madre non disse nulla del drago, ma mi fece notare che non si può dire “un verde grande drago”, ma che si deve dire “un grande drago verde”. Mi chiesi perché, e ancora me lo chiedo. Il fatto che me ne ricordi può essere significativo, perché per molti anni non credo di aver più provato a scrivere altre storie, e fui catturato dal linguaggio».2
Questo episodio non solo mostra che la madre era molto esigente dal punto di vista educativo ma fa risaltare anche la personalità perfezionista di J.R.R. Tolkien. La passione per le lingue aprì un universo di possibilità per la sua creatività letteraria. Una volta scrisse: «per me un nome viene prima e la storia segue».3
In quanto alla religione, l’esperienza della madre fu determinante nella sua vita.
Originariamente la sua famiglia era protestante ma dopo la morte di Arthur Tolkien, padre di Ronald e di suo fratello Hilary, Mabel incontrò nel cattolicesimo la consolazione che cercava. Si conosce poco circa la storia della conversione della madre, cosa esattamente la portò a cambiare religione, ma si sa che la sua famiglia, tanto i consanguinei quanto i parenti da parte dei Tolkien, non appoggiarono la sua decisione.
L’aiuto finanziario e la frequentazione con i familiari di Mabel diminuirono drasticamente e, insieme a loro, la sua volontà di vivere. Per Tolkien la madre fu come una martire dei tempi moderni, perché in qualche modo era morta per la sua fede. Dopo essere diventati orfani di entrambi i genitori, Ronald e Hilary Tolkien furono cresciuti da padre Morgan, amico di Mabel. Quantomeno l’educazione religiosa dei ragazzi era assicurata.
Sebbene avesse una conoscenza profonda della sua religione, Ronald aveva ragioni affettive per far diventare il cattolicesimo uno degli elementi più presenti nella sua visione, cosa che certamente influenzò le sue composizioni letterarie. Una volta in una lettera disse:
«Ovviamente Il Signore degli Anelli è un’opera fondamentalmente religiosa e cattolica; all’inizio lo è stata incoscientemente, ma lo è diventata consapevolmente nella revisione».4
Un altra donna molto importante nella sua vita fu la figlia Priscilla Tolkien, la più giovane e unica femmina dei quattro figli. Divenne la compagnia tanto attesa dalla madre ma era anche molto vicina al padre, con cui faceva passeggiate e teneva abbastanza spesso delle conversazioni. Tolkien era solito mandare lettere ai figli come se fosse Babbo Natale e le ultime, dirette a Priscilla, cessarono solo quando lei compì 14 anni.
Oltre alle donne della sua famiglia Tolkien ebbe anche alcune amiche, per la maggior parte sue studenti. Inoltre una di loro fu essenziale per l’inizio della sua carriera come autore. Elaine Griffiths fu sua studente, divenne amica di famiglia e ricevette una copia dattilografata dello Hobbit. Quando la ragazza iniziò a lavorare presso l’editore Allen&Unwin grazie a una raccomandazione del professore, Elaine raccontò de Lo Hobbit a Susan Dagnall, un membro del team di un progetto a cui stava lavorando. Susan alla fine entrò in contatto con il professore e la sua opera. Nel settembre dell’anno seguente, il 1937, l’opera venne pubblicata dalla casa editrice.
Helen Buckhurst era invece professoressa di lingua inglese a Oxford e fu orientata dal professor Tolkien nel suo percorso post-laurea. Divenne amica di famiglia e madrina di battesimo della sua ultima figlia, Priscilla. Stella Mills, Dorothy Everett e Simone D’Arnedenne furono amiche/colleghe di lavoro di Tolkien che entrarono in confidenza con la famiglia del professore – l’ultima visse per un anno a casa della famiglia Tolkien.
Note:
1 J.R.R. Tolkien, Lettere 1914/1973, Bompiani, 2018, pp. 84-85, lettera 43
2 Ivi, p. 340, Lettera 163 del 7 giugno 1955 a W.H. Auden
3 Ivi, p. 348, Lettera 165 del giugno 1955 alla Houghton Mifflin Co.
4 Ivi, p. 273, Lettera 142 del 2 dicembre 1953 a Robert Murray, S.J.
L’ articolo è interessante e ben fatto. Vorrei solo precisare che il Cattolicesimo e il Luteranesimo non sono due religioni distinte, bensì due confessioni del Cristianesimo.