Beowulf – edizione Bompiani
J.R.R. Tolkien – Christopher Tolkien (curatore)
Beowulf. Con Racconto meraviglioso
Traduzione di Luca Manini
Bompiani
Copertina rigida: novembre 2014, 542 pp.
Brossura: ottobre 2019, €16, 544 pp.
Source: del recensore
Tra le edizioni italiane del Beowulf non può mancare quella di Tolkien: il poema tanto amato dal Professore ha visto la luce nel 2014, con l’immancabile curatela del figlio Christopher. Dalle inesauribili miniere paterne, Christopher ha saputo estrarre una quantità impressionante di materiale, benché negli archivi della Bodleian Library ve ne sia molto altro ancora che aspetta di essere portato alla luce della pubblicazione. Questo volume contiene una Prefazione e una Introduzione alla traduzione firmate da Christopher, quest’ultima sulla storia dei testi B(I), B(II) e C, cioè le diverse varianti della traduzione in prosa di Tolkien. Infatti, nelle pagine seguenti è riportata la versione in prosa di Tolkien (con testo in inglese moderno a fronte) nell’ottima traduzione italiana di Luca Manini. È bene spendere qualche parola proprio sulla traduzione di Tolkien e sulla scelta che sta dietro alla sua pubblicazione. La traduzione in prosa di Tolkien, completata nel 1926, si distingue per forza espressiva ed evocativa, e per la cura minuziosa del dettaglio, propria di Tolkien, che traspare dalle scelte lessicali. Prendiamo a esempio quelli che possono essere considerati come i versi più agghiaccianti del poema, dove si racconta dell’avanzata di Grendel verso Heorot, che secondo alcuni[18] ricorda nell’originale il suono del rintocco di una campana:
«Ðā cōm of mōre under mist-hleoþum
(Beowulf, vv. 710-711)
Grendel gongan, Godes yrre bær.»
Ecco come li rende Tolkien, riproducendo perfettamente il ritmo e il tono dell’originale:
«He came now from the moor under misty fells, Grendel walking. The wrath of God was on him.»
(“Egli giunse, dalle brughiere, sotto colline coperte di foschia, Grendel, camminando. L’ira di Dio lo sovrastava”; Beowulf, vv. 662-663, pp. 70-71)
Per guidare il lettore, occorre anche dire che la numerazione dei versi della traduzione di Tolkien non corrisponde a quella convenzionalmente adottata per il poema. A p. 23, Christopher scrive che il padre «decise di fare una traduzione che fosse il più vicina possibile al significato esatto di ogni singolo particolare del poema antico-inglese, più fedele al “senso”, insomma, di quanto potesse esserlo una traduzione in “versi allitterativi”, ma che conservasse alcune suggestioni del ritmo dell’originale». Infatti, quella di Tolkien è una traduzione che rinuncia alla tentazione di imitare e riprodurre il metro allitterativo tipico dell’antica poesia anglosassone, per puntare invece sul ritmo della prosa. Scrive Catherine McIlwaine che «Tolkien completò una traduzione in prosa del poema nel 1926. Poco dopo divenne professore di Anglosassone a Oxford. Concepì quella traduzione come un ausilio allo studio, non come una versione sostitutiva del poema, che elogiò in quanto “opera in versi costruiti con abilità e rigore”. Battuta con macchina da scrivere su fogli di carta sottili in caratteri minuscoli, era già in cattive condizioni ai tempi di Tolkien, come si può vedere dalle annotazioni che completano le parole mancanti al termine delle righe»[19].
Tuttavia, esisteva anche una traduzione in versi, rimasta purtroppo inedita oltreché incompleta. Agli inizi di questo secolo, il Professor Michael D.C. Drout, Direttore del Centro di Studi Medievali del Wheaton College, Norton, Massachusetts, tentò di pubblicare un’edizione in due volumi che proponesse la traduzione parziale in versi e la traduzione completa in prosa, assieme ai commenti e ai problemi testuali discussi dallo stesso Tolkien. Ottenne l’autorizzazione a procedere dalla Tolkien Estate, che approvò il progetto, e cominciò a lavorarvi agli inizi del 2002, come ha scritto sul suo blog. Ma prima che Drout avesse terminato il suo progetto, la Tolkien Estate ritirò l’autorizzazione per pubblicare la sua edizione, e così la traduzione in versi è rimasta tra le carte del MS Tolkien 29 della Bodleian Library. Nella sua recensione dell’edizione americana di Beowulf: Traduzione e Commento, apparsa su Tolkien Studies, Drout scrive: «L’aver escluso la traduzione poetica allitterativa dall’edizione mi lascia più perplesso. Questa traduzione è ottima poesia, più fedele all’originale sia nella forma che nel contenuto, di qualunque altra traduzione poetica del Beowulf. A eccezione di W.H. Auden, Tolkien era forse il miglior poeta allitterativo del XX secolo, e con ogni probabilità la traduzione poetica sarebbe piaciuta ai lettori più di quanto apprezzeranno quella in prosa. Gli studiosi avrebbero potuto confrontarla con le altre composizioni e traduzioni allitterative di Tolkien. Nella mia “valutazione di fattibilità” ho proposto di presentare sinotticamente la traduzione allitterante e quella prosastica, laddove entrambe presenti, con la traduzione poetica a sinistra e quella in prosa a destra, e posso ancora dire che nell’edizione si sarebbe potuto adottare tale approccio senza troppa difficoltà»[20].
Della traduzione in versi di Tolkien, il figlio Christopher ha pubblicato, in questa veste editoriale, solo due brevi estratti. Alle pp. 24-25 confronta la traduzione del padre in versi allitterativi (vv. 210-224) con la versione in prosa pubblicata nel 2014. Si propone qui una versione più estesa dello stesso episodio (vv. 210-228), che si può trovare nel saggio Tradurre Beowulf[21]:
«Beowulf e i suoi compagni salpano
Time passed away. On the tide floated
under bank their boat. In her bows mounted
brave men blithely. Breakers turning
spurned the shingle. Splendid armour
they bore aboard, in her bosom piling
well-forged weapons, then away thrust her
to voyage gladly valiant-timbered.She went then over wave-tops, wind pursued her,
fleet; foam-throated like a flying bird;
and her curving prow on its course waded,
till in due season on the day after
those seafarers saw before them
shore-cliffs shimmering and sheer mountains,
wide capes by the waves: to water’s end
the ship had journeyed. Then ashore swiftly
they leaped to land lords of Gothland,
bound fast their boat. Their byrnies rattled,
grim gear of war. God thanked they then
that their sea-passage safe had proven.»
Il secondo estratto si può trovare alle pp. 247-248 delle Note al testo: si tratta della traduzione in versi allitterativi di Beowulf, vv. 3148-3155:
«Woeful-hearted
men mourned sadly their master slain
while grieving song Gothland-maiden
with braided hair for Beowulf made,
sang sorrowladen, saying oft anew
that days of evil she dreaded sorely
dire deeds of war, deaths and slaughter,
shameful serfdom. Smoke rose and passed.»
Se si deve entrare nell’insidioso terreno delle speculazioni, credo che Tolkien avrebbe preferito veder pubblicata la propria traduzione in versi, anziché quella in prosa, poiché, come lui stesso spiega nella prefazione alla nuova edizione della traduzione in prosa di J.R. Clark Hall (prefazione pubblicata anche sotto il titolo di Tradurre Beowulf), «[l]’intento adeguato di una traduzione in prosa è quello di fornire un sussidio allo studio»[22], e anche Christopher Tolkien, in veste di curatore, nota che «questa è un’opera di mio padre (diversa in questo da tutte le edizioni da me curate dei suoi scritti, tranne una), che non è stata da lui concepita come tale» (p. 7). In una lettera conservata nell’archivio della Oxford University Press, che non compare nell’epistolario curato da Humphrey Carpenter, qui pubblicata a p. 16, Tolkien (da poco trasferitosi da Leeds a Oxford per ricoprire la cattedra di Anglosassone) confessa a Kenneth Sisam, suo ex tutor: «Ho tradotto integralmente il Beowulf, ma non ne sono molto soddisfatto». Con ciò non voglio affatto sminuire il valore della presente pubblicazione o della traduzione in prosa che essa contiene, ma solo puntualizzare che sarebbe stata un’edizione più completa e ancora più apprezzabile se fosse stata inclusa anche quella in versi. Tornando alla nostra edizione, alla traduzione bilingue seguono le note al testo, che consistono in correzioni e lezioni differenti dei testi, spesso su suggerimento di C.S. Lewis, e nella maggior parte dei casi rimandano al corposo Commento di oltre duecento pagine.
Il commento testuale è tratto a partire dal materiale intitolato “Lezioni dedicate al contesto e al testo, 1-1650”, con «molte aggiunte e modifiche posteriori» (p. 250), che il Professore utilizzava per lezioni e conferenze per il “corso generale” di Letteratura inglese, che prevedeva una prova di antico inglese e la lettura in originale del poema dall’inizio sino al v. 1650. Commento, questo, che «è, e può soltanto essere, una scelta personale fatta tra una mole molto ampia di documenti scritti» (p. 10). Tale selezione operata dal curatore raccoglie appunti note, discussioni, correzioni testuali e vuole essere una serie di «lezioni/commento» (p. 11), che per come era stata concepita presupponeva però una qualche conoscenza dell’antico inglese. La prima parte del commento (vale a dire fino a p. 421) è dedicata, come si è detto, agli studenti; la seconda parte consiste in lezioni rivolte ai filologi. Questo sterminato commento è un documento di inestimabile valore perché dalle sue pagine emerge ed echeggia la viva voce del Tolkien professore; lo stile, scrive Christopher Tolkien, è «diretto, spontaneo e comprensibile» (p. 252) e «i testi sono dunque pubblicati esattamente come egli li scrisse» (Ibid.).
Sarebbe difficile immaginarsi che Tolkien abbia studiato il Beowulf con così tanta passione senza produrre una qualche riscrittura del poema. Per questo motivo il curatore ha voluto includere in questa edizione il Sellic Spell (“Racconto meraviglioso”), che per stessa ammissione di Tolkien, è volto a ricostruire il racconto folcloristico (classificato come Bear’s Son Tale) che sta alla base del poema, raccontandolo con il tono e lo stile propri della fiaba e provvedendo a eliminare «gli elementi dell’eroico e dello storico» (p. 475). Anche in questo caso, il racconto è seguito da un confronto con le altre versioni e dal testo in antico inglese composto dallo stesso Tolkien, a dimostrazione della sua padronanza della lingua anglosassone.
L’ultima sezione si intitola La canzone di Beowulf e si compone di «due poesie, o due versioni della stessa poesia» (p. 536): Beowulf e Grendel e Beowulf e i Mostri, scritti in forma di ballate, e che Christopher Tolkien ricorda, quando aveva «sette o otto anni, negli anni trenta» (p. 537), di averle sentite cantare dal padre.
«Ascoltate adesso! Abbiamo udito narrare, noi, la gloria dei re dei Danesi delle Lance, di come quei principi, nei giorni che furono, compirono gesta valorose. Spesso Scyld Scefing strappò agli eserciti nemici, molti popoli invero, i seggi dove bevevano l’idromele, suscitò paura tra gli uomini, lui, sì, che bambino fu trovato, abbandonato a se stesso; visse abbastanza per trovarne consolazione e possente divenne sotto il cielo, e prospero visse, ricolmo d’onore, sinché quanti dimoravano vicino, oltre il mare dove galoppano le balene, dovettero ubbidire alla sua parola e pagargli il tributo – fu un buon re!»
(Beowulf, vv. 1-11b; p. 29)
Note:
[18] Cfr. H. Chickering, “Beowulf and ‘Heaneywulf’”, cit., p. 166
[19] C. McIlwaine, Tolkien: Il creatore della Terra di Mezzo, Mondadori, Milano 2020, p. 266
[20] M.D.C. Drout, ‘Beowulf: A Translation and Commentary together with Sellic Spell by J.R.R. Tolkien (review), in Tolkien Studies, vol. 12, West Virginia University Press 2015, p. 152 (trad. mia)
[21] J.R.R. Tolkien – C. Tolkien (a cura di), Il medioevo e il fantastico, cit., p. 108
[22] J.R.R. Tolkien – C. Tolkien (a cura di), Il medioevo e il fantastico, cit., p. 90