Giovanni Costabile racconta i Seminar e il volume
“Tolkien the Pagan? Reading Middle-earth through a Spiritual Lens”: puoi spiegarci di che tipo di uscita si tratta e qual è la sua importanza nel mondo degli studi tolkieniani?
E’ importante perché la Tolkien Society con la scelta di questo tema ha dimostrato al di là di ogni possibile dubbio l’interesse verso l’approfondimento di quella religiosità e spiritualità tolkieniana che insieme al suo rilievo accademico e senza esserne cosa del tutto distinta rileva la grandezza dell’uomo, alcuni dicono persino del santo, e del Professore, contro lo snobismo residuo (o residuato?) di certa intellighenzia che vorrebbe relegarlo nello scaffale del fantasy insieme a Percy Jackson ladro di fulmini o che so io. Per disarmarlo, insomma. Non è una tattica nuova, anzi se ne parlava non casualmente in una conferenza veronese di qualche tempo fa su Tolkien tenuta proprio dall’Associazione Italiana Studi Tolkieniani, quindi dove a parte l’ospite ignara Verlyn Flieger per cui facevo da interprete allora a mia volta ignaro dei metodi AIST, di tutto si parlava tranne che di Tolkien. E si parlava invece, non casualmente, dell’uso bellico delle vignette satiriche che ridicolizzavano il nemico allo scopo di disincantarne l’aura simbolica di terrore, ed ecco quindi un proliferare di uniformi in gonnella, ufficiali ubriaconi e conigli fucilieri. La misura del ridicolo naturalmente rivela in controluce, più ancora che la bravura del vignettista, la portata del timore e della minaccia. Così allo stesso modo ogni volta che si controincanta la religione tolkieniana si dimostra la grandezza e il rilievo della stessa, nel modo più naturale possibile. Ma questo per l’appunto non è il metodo della Tolkien Society inglese, che ha preso invece la questione di petto, come dimostra un simile tema per un Tolkien Seminar.
Perché viene detto sul sito che il call for papers è stato much contested?
Much contested perché, a riprova di quanto detto, subito si sono levate alte le proteste di alcuni disturbatori sedicenti cristiani, ai quali a quanto pare avrebbe dato fastidio la titolatura riferentesi a Tolkien pagano, senza notare il punto interrogativo o forse leggendolo necessariamente come portatore di una proposta anziché foriero di dubbio. Inutile sottolineare la pretestuosità di una simile lettura, dal momento che la Tolkien Society rappresenta Tolkien sotto ogni aspetto, se ne può considerare a minor titolo probabilmente solo del figlio Christopher, suo esecutore letterario, del resto dei familiari e della Tolkien Estate alla stregua di suo portavoce, e non ha mai dimostrato alcuna riserva verso gli aspetti religiosi e cristiani del Tolkien uomo e scrittore, né a livello personale né artistico. Ma, di nuovo, basterebbe solo questo seminario a dimostrarlo. Tra l’altro questi agenti provocatori hanno preso di mira proprio la studiosa Dimitra Fimi, tra tutti, esempio encomiabile di fedeltà al dettato tolkieniano e autrice di un precedente intervento seminariale e relativo saggio sull’influenza dei Padri della Chiesa orientali su Tolkien. Insomma, qui non solo siamo al paradosso, ma anche al ridicolo.
Il tuo saggio all’interno è il testo di una relazione che hai tenuto al Tolkien Society Seminar, svoltosi a Leeds il primo luglio 2018 prima dell’inizio dell’IMC, l’International Medieval Congress. Puoi raccontarci un po’ la giornata e il contesto entro cui hai tenuto la tua relazione?
Il Tolkien Seminar si tiene in uno dei migliori hotel di Leeds ogni anno (il 2019 farà eccezione solo per via della speciale celebrazione Tolkien 2019 a Birmingham). Il programma è ricco e si incomincia già dalla mattina, con una fitta kermesse di interventi della durata di 20 minuti + 10 di discussione. Vi è una pausa caffè a metà mattina e una pausa pranzo verso le 13, in entrambe le quali si trova occasione di proseguire quelle discussioni su questioni sollevate dagli interventi che i 10 minuti previsti per il dibattito di ogni relazione non hanno permesso di concludere. Ciò succede anche dopo la conclusione della giornata verso sera, quando chi si può trattenere poi si trasferisce in un vicino pub del centro a bagnarsi l’ugola continuando a discettare di Tolkien come una rara compagnia di Elfi che si fermasse a Brea. Dico Brea per via del pub, ma Leeds è città tolkieniana nel midollo e meriterebbe anche solo questo un discorso a parte, visto che si sa come Tolkien insegnasse proprio nella sua University all’inizio degli anni 20, prima della cattedra a Oxford, e come proprio lì abbia curato la sua famosa edizione del Sir Gawain e il Cavaliere Verde. Proprio su quest’ultimo verteva tra molte altre questioni l’intervento più prezioso a mio avviso nell’intero seminario, quello di Jessica Yates, che ho quasi pianto per non aver ritrovato nei Proceedings. Si trattava infatti del cavallo di Gawain, Gringolet, e di come il suo nome originariamente coincidesse con quello della mitica barca di Wade, Wingalet, finendo per diventare in Arda Vingilot, la nave di Earendil. Uno di quegli interventi che meriterebbero in effetti di fare pubblicazione a sé, e chissà che non la vedremo. Io ci spero.
Solo alcuni degli interventi del Seminar sono stati selezionati per la pubblicazione: è evidente come per te questo sia un riconoscimento di valore non indifferente. Come mai in Italia questi riconoscimenti non arrivano e ci sono tante difficoltà?
In Italia fondamentalmente sei fortunato e molto convinto di voler fare la tua ricerca se ancora la porti avanti nonostante tutti gli ottimi motivi per lasciar perdere che ti vengono continuamente presentati, in alcuni casi arrivando anche ad offese e insulti, in altri a veri e propri atti vandalici, censure forzate di prepotenza barbarica (ma i Goti, come diceva Tolkien, erano bravi ragazzi, e allora ancor di più in confronto a certi individui), ogni genere di traviamento e fraintendimento delle tue parole, accuse di nazismo, fascismo, franchismo, zapatismo e chi più ne ha più ne metta, fino al classico paventare presunta follia se non proprio pericolosità criminale. Insomma, solo chi prende ciò che fa con la serietà che si deve a un tema religioso può trovare la forza e la convinzione, ma io parlerei proprio di Fede, Speranza, Carità, maiuscole come Virtù Teologali e non semplici parole, necessarie ad andare avanti. Grazie per le gentili domande e ci tengo a precisare che nutro la stessa stima per la nobile iniziativa più che lodevole e lusinghiera in questo come in altri casi.