Saruman, il Gestell e l’ombra della Tecnica: Tolkien e Heidegger tra mito e modernità digitale


L’idea di questo articolo nasce da un incontro al quale ho assistito, all’interno di un ciclo di seminari presso l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli sull’Intelligenza Artificiale: “Intelligenza artificiale per lo studio, la didattica e la ricerca”

Durante il seminario “Black Mirror/White Mirror. Sulla questione della tecnica tra realtà e immaginario”, il Prof. Gennaro Carrillo, professore ordinario di Storia del pensiero politico nel Dipartimento di Scienze umanistiche della UNISOB, ha molto discusso di Martin Heidegger e la sua riflessione sul rapporto tra tecnica, potere e dominio. Da appassionata, ascoltando queste parole, il mio pensiero è volato spontaneamente alla Terra di Mezzo. Chi conosce il mondo creato da J.R.R. Tolkien sa che la sua narrativa non è estranea al tema della trasformazione del mondo attraverso strumenti e potere. Il degrado della Contea, l’industrializzazione di Isengard, lo sfruttamento delle foreste: sono tutti frammenti narrativi che dialogano, almeno simbolicamente, con le domande della modernità.

Questa mia personale riflessione non intende sostenere una relazione diretta tra Tolkien e Heidegger, né attribuire influenze storiche non documentate. L’obiettivo è esplorare un confronto tematico, un dialogo possibile tra due diagnosi del rapporto umano con il mondo.

Tecnica e dominio: Saruman e il Gestell

Heidegger: la tecnica come paradigma, non come strumento

Heidegger descrive la tecnica moderna come un modo di guardare il mondo che riduce ogni ente a risorsa disponibile, organizzabile, sfruttabile. La chiama Gestell (“impianto”), ed è una struttura mentale prima ancora che materiale. La foresta non è più bosco, ma combustibile; il tempo non è esperienza, ma produttività; l’essere umano non è fine, ma ingranaggio.

La tecnica non è neutrale: trasforma l’ontologia.

Tolkien: Saruman come figura della tecnica moderna

Tolkien non elabora una teoria filosofica; sceglie la narrazione. Saruman incarna la logica del Gestell: trasforma la natura in industria, le razze in risorse da impiegare, la conoscenza in potere esecutivo. La sua caduta non deriva dall’amore per il male, ma dall’idea di poter riorganizzare il mondo secondo una visione razionalizzatrice.

Isengard non è solo una fortezza: è un laboratorio di modernità. Gli alberi diventano carburante, gli Orchi produzione militare, la natura infrastruttura. Il male non nasce dalla tecnologia, ma dalla riduzione dell’essere a funzione.

Se Isengard è tecnica come dominio, gli Ent rappresentano un rapporto diverso: ascolto, cura, tempo lungo. Sono il contrario dell’utilitarismo industriale; incarnano un modo di stare al mondo che Heidegger definirebbe “abitare poeticamente”.

La lotta degli Ent non è solo ecologica, ma ontologica: è la natura che recupera il diritto di essere ciò che è.

Due vie per uscire dalla tecnica

Heidegger cerca una conversione dello sguardo; Tolkien una conversione morale. Uno cerca un linguaggio che sveli l’essere; l’altro una narrazione che riconduca al Bene. La convergenza è nel rifiuto dell’idea che il mondo sia semplice materiale da plasmare.

Tecnica, IA e il nostro presente: tra Saruman e gli Ent

Se il mito tolkieniano può illuminare la modernità tecnologica, allora l’intelligenza artificiale diventa oggi un campo di prova. Non è di per sé distruttiva né salvifica: può essere usata come strumento di efficienza o come estensione della conoscenza condivisa.

Il rischio è -sarumanico-: usare l’IA come macchina organizzatrice totale, che ottimizza, produce, sostituisce e impone forma. Un uso che non si interroga sul senso.

Ma esiste un’alternativa: un uso degli strumenti digitali come ampliamento della parola, memoria, cura, ponte culturale. Un uso che riconosca il limite e non abolisca la complessità.

La domanda cruciale forse non è cosa l’IA può fare, ma che tipo di persone diventiamo usandola. Non si tratta di scegliere tra rifiuto o adozione entusiasta, ma di imparare un uso consapevole, critico e, in un certo senso, poetico della tecnica. Il conflitto non è tra magia e macchina, ma tra dominio e responsabilità. La tecnica può consumare la foresta o farci ascoltare il fruscio delle foglie con orecchie nuove. A decidere non è lo strumento, ma l’intenzione.


Note bibliografiche

• M. Heidegger, La questione della tecnica
• M. Heidegger, Saggi e discorsi
• J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli
• J.R.R. Tolkien, Lettere
• T. Shippey, J.R.R. Tolkien: Author of the Century
• Humphrey Carpenter, Tolkien: A Biography
• Verlyn Flieger, Splintered Light: Logos and Language in Tolkien’s World

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Napoletana, Classe '76. Mamma con un diploma da insegnante nel cassetto. Appassionata frequentatrice e fruitrice di cinema, videogiochi, serie tv, libri, musica. Incontra per la prima volta John Ronald Reuel Tolkien molto giovane, grazie a una cara amica. Entrata in questo grande gruppo di appassionati e professionisti grazie all’amico Giuseppe Scattolini, oggi fa parte dei coordinatori e collabora alla cura del gruppo revisori, del sito e delle pagine social di Tolkien Italia.