“I Mondi di J. R. R. Tolkien”: commento

Quattro Venti e Antiche vestigia

Nel capitolo Quattro Venti, Garth porta all’attenzione dei lettori una fonte d’ispirazione per Tolkien poco conosciuta: La Canzone di Hiawatha di Henry Wadsworth Longfellow, che Oronzo Cilli, in Tolkien’s Library: An Annotated Checklist, registra tra i libri da lui letti. Infatti, quando Tolkien lavorò come lessicografo al progetto dell’Oxford English Dictionary, gli furono assegnate parole che iniziavano con W, tra cui wampumpeag, da cui deriva wampum: una parola di origine algonchina, appartenente cioè a una famiglia di lingue native americane della costa orientale del Nordamerica. Inoltre, bisogna ricordare che già tra le sue prime letture spiccavano racconti sui «pellerossa», storie in cui «c’erano archi e frecce […], e lingue strane, e sguardi fugaci su un tipo di vita arcaico, e, soprattutto, le foreste», seconde solo alle storie della «terra di Merlino e di Artù» e di «Sigurd e dei Volsunghi»1.

Nello stesso capitolo colpisce l’originalissimo parallelo tra Zigûr (“Stregone”, nome in Adûnaico di Sauron) e le ziqqurat mesopotamiche. Per dirla con le parole di Lowdham (l’alter-ego di Tolkien nell’incompiuto The Notion Club Papers), l’Adûnaico possiede un «gusto vagamente semitico»2, e sempre lo stesso personaggio scrive nel Lowdham’s Report on the Adunaic Language: «La maggior parte delle radici dell’Adunaico erano triconsonantiche. Tale struttura ricorda in qualche modo il Semitico; e in questo l’Adunaico mostra affinità con il Khazadiano piuttosto che con il Nimriano»3. Il punto di collegamento sta nella maestria con cui Tolkien sapeva cucire insieme ogni dettaglio, creando un quadro d’insieme a dir poco sorprendente per la sua accuratezza. Ovviamente Tolkien, da buon filologo comparato qual era, aveva qualche conoscenza delle lingue semitiche: lo testimonia la struttura, anch’essa triconsonantica, della lingua dei Nani, paragonati agli Ebrei nella lettera 176, i quali, a loro volta, parlano una lingua semitica. (Ricordiamo che Tolkien tradusse il Libro di Giona dall’ebraico per la Jerusalem Bible). Ma c’è di più: grazie all’essenziale contributo di Oronzo Cilli, Tolkien’s Library: An Annotated Checklist, sappiamo che Tolkien, nella sua libreria personale, possedeva una Babylonisch-Assyrische Grammatik (“Grammatica assiro-babilonese”) della serie Clavis linguarum semiticarum (“Chiave delle lingue semitiche”), e anche The Babylonian story of the Deluge and the Epic of Gilgamish (“La storia babilonese del Diluvio e l’Epica di Gilgamesh”). Assiro e babilonese erano due varianti della lingua accadica, appartenente alla famiglia delle lingue semitiche, al pari di ebraico e arabo. Era quindi possibile che Tolkien, per la creazione dei propri idiomi, come Khuzdul e Adûnaico, traesse ispirazione da suoni, parole o strutture morfologiche di queste lingue, anche se, come nel caso di Mordor-Mordred, per quanto ne sappiamo, il collegamento ziqqurat-Zigûr potrebbe trattarsi di mera assonanza.

Zigûr è un nome che si presta a molte interpretazioni, tanto è vero che secondo Dale Nelson4 deve qualcosa a Gizur, l’antagonista di Eric Brighteyes (1891), romanzo scritto da Henry Rider Haggard, autore di cui Tolkien possedeva otto romanzi.

Uno di questi è La donna eterna (1887), che Garth cita a più riprese nei capitoli precedenti, soffermandosi poi in Antiche vestigia. Questo romanzo in particolare, è citato da Garth come «una delle storie preferite da Tolkien»5; inoltre, «[n]el 1966, l’intervistatore Henry Resnik chiese a Tolkien di nominare due o tre dei suoi libri preferiti. L’unica opera in particolare che Tolkien menzionò fu She: A History of Adventure (La donna eterna, 1887) di Haggard»6.

Già in Tolkien e la Grande Guerra, Garth aveva discusso dell’uso del nome Kôr, «il colle delle fate e la città su di esso vicino alle coste della Baia delle Fate»7, che corrisponde, nella geografia della prima versione del legendarium, a Warwick, città in cui Tolkien si sposò con Edith il 22 marzo 1916 presso la chiesa cattolica romana di Santa Maria Immacolata.

Anche nell’opera di Rider Haggard compare Kôr, «la rigogliosa pianura della città sotterranea sotto la desolata terra africana»8, simile, secondo Garth, al Bosco d’Oro di Lothlórien, paragonando l’Ayesha di Haggard alla Galadriel tolkieniana, mentre la morte di Ayesha, ne La donna eterna, è stata confrontata da Jared Lobdell con quella di Saruman.

Ma cosa collega Kôr a Warwick? Mi hanno sempre colpito le parole di Christopher Tolkien in merito all’origine del nome Kôr, nei Racconti Ritrovati, dove afferma che «gli elementi Kor- e War erano connessi etimologicamente»9. In questa versione del legendarium, Eriol il marinaio giunge a Tol Eressëa, l’”Isola Solitaria”, che corrisponde all’Inghilterra. Nella geografia della prima «mitologia per l’Inghilterra», compaiono forme Qenya e gnomiche di alcuni nomi di città inglesi, che secondo il mito elaborato in prima battuta da Tolkien, furono assegnate da Eriol ai suoi tre figli: Kortirion “Warwick” a Hengest; Taruktarna (Qenya) o Taruithorn (gnomico) “Oxford” a Horsa, e Tavaros(së) (Qenya) o Tavrobel (gnomico) “Great Haywood” a Heorrenda.

Soffermiamoci sulle note lasciate da Tolkien in merito al nome Kortirion: «L’elemento Kôr è derivato da un precedente Qoră, a sua volta preceduto da un Guoră; ma da Guoră proviene anche (cioè in gnomico) la forma Gwâr. […] Cosicché Kôr=Gwâr, e Kortirion=*Gwarmindon (l’asterisco indica una forma ipotetica, non registrata). Il nome in effetti usato dallo gnomico presentava gli elementi rovesciati, Mindon-Gwar. (Mindon, come Tirion, significava e continuò a significare “torre”. Il senso di Kôr/Gwâr qui [cioè nel taccuino C; nota mia] non è riportato, ma sia nel racconto L’avvento degli Elfi, sia nel dizionario dello gnomico il nome è spiegato con allusione alla rotondità del colle di Kôr.) L’annotazione procede (usando forme antico inglesi): “In Wíelisc [gallese] Caergwâr, in Englisc Warwíc”. Così l’elemento War- in Warwick è derivato dalla medesima fonte elfica di Kor in Kortirion e di Gwar in Mindon-Gwar»10.

Nella lista delle ventotto «civitates Britanniae» (“città di Britannia”) dell’Historia Brittonum, Nennio cita al diciottesimo posto Cair Guricon, che secondo il cardinale John Henry Newman (di cui padre Francis Xavier Morgan, tutore di Tolkien, era allievo) corrisponde a Warwick11. Secondo studi più recenti12, è da riferirsi invece a Wroxeter, villaggio dello Shropshire, sul fiume Severn; mentre Caer Weir, nel Libro Rosso di Hergest (Libro di Taliesin, XLVI), potrebbe essere spiegato con Durham o con Warwick13. Anticamente, la città di Warwick era denominata Caer Gwayr14, dal nome di un cugino di re Artù15; mentre nell’Historia Regum Britanniae, Geoffrey di Monmouth scrive di «Artgualchar, conte di Guerensis, oggi chiamata Warwick»16.

(Nota: Caer < britonnico *kagro-, in gallese significa “fortezza, roccaforte, castello, cittadella”.) Forse, aggiungo io, l’ispirazione per la parola Qenya Kôr potrebbe derivare dal gallese cor, propriamente “nano”, ma anche “gnomo” (da cui i Coraniani, uno dei tre flagelli dell’isola di Britannia riportati nel racconto gallese di Lludd e Llefelys, parte del Mabinogion), poiché allora gli Elfi erano chiamati Gnomi, in quanto possessori di γνώμη, nel senso greco di “giudizio, intelligenza”, benché Tolkien fu poi costretto a optare per Elfi, abbandonando Gnomi, «poiché è praticamente impossibile dissociare il nome dall’associazione popolare con lo gnomus=pygmaeus di Paracelso»17.


Note

1 J. R. R. Tolkien, C. Tolkien (a cura di), Il Medioevo e il fantastico, Bompiani, Milano 2004, p. 201

2 J. R. R. Tolkien, C. Tolkien (ed.), Sauron Defeated, Houghton Mifflin Company, Boston-New York 1992, p. 241 (trad. mia)

3 Ivi, p. 415 (trad. mia)

4 D. Nelson, Nineteenth and Twentieth Centuries Literary Influences in M. D. C. Drout (ed.), J. R. R. Tolkien Encyclopedia: Scholarship and Critical Assessment, Routledge, New York-London 2007, p. 369 (trad. mia)

5 J. Garth, I Mondi di J. R. R. Tolkien. I luoghi che hanno ispirato la Terra di Mezzo, cit., p. 134

6 D. Nelson, Nineteenth and Twentieth Centuries Literary Influences, cit., p. 368 (trad. mia)

7 J. R. R. Tolkien, C. Tolkien (a cura di), Racconti Ritrovati, Bompiani, Milano 2013, p. 380

8 J. Garth, I Mondi di J. R. R. Tolkien. I luoghi che hanno ispirato la Terra di Mezzo, cit., p. 154

9 J. R. R. Tolkien, C. Tolkien (a cura di), Racconti Ritrovati, cit., p. 44

10 J. R. R. Tolkien, C. Tolkien (a cura di), Racconti Perduti, Rusconi, Milano 1987, p. 350

11 J. H. Newman, Lives of the English Saints, London: 1844, p. 93

12 Cfr. A. Breeze (2016) Historia Brittonum and Britain’s Twenty-Eight Cities, in Journal of Literary Onomastics: Vol. 5: Iss. 1, Article 1

13 Ivi, p. 12

14 Caer < britonnico *kagro-, in gallese significa “fortezza, roccaforte, castello, cittadella”.

15 Miss Prickett, Warwick Castle, in Historical Novel. Vol. II, London: 1815, pp. 78-79

16 Geoffrey of Monmouth, L. Thorpe (ed.), The History of the Kings of Britain, Penguin Books, London 1966, p. 227 (trad. mia)

17 J. R. R. Tolkien, H. Carpenter (a cura di), Lettere 1914/1973, cit., p. 504

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