J.R.R. Tolkien: una vita

 

Il film Tolkien di Dome Karukoski è passato nei cinema, per lo più nel silenzio. Nonostante Tolkien sia un autore molto noto ed un biopic su di lui prometteva senza dubbio un successo importante, anche se forse non tanto grande quanto quello ottenuto da altri film biografici come quello su Stephen Hawking La teoria del tutto o su Freddie Mercury e i Queen Bohemian Rapsody, la casa di produzione pare non aver investito a sufficienza nella pubblicizzazione e nella distribuzione, con la conseguenza che Tolkien non è finito nel dimenticatoio semplicemente perché la sua esistenza fin dal principio è stata notata da pochi selezionati. Avremmo preferito quantomeno un discreto successo come l’ebbe a suo tempo il film biografico su Lewis Viaggio in Inghilterra.

Per un tolkieniano questa è una cosa molto triste, sicuramente, dato l’amore che tutti gli appassionati de Il Signore degli Anelli provano per il suo autore, uno dei pochi, se non forse l’unico, per i cui appassionati è importante non solo l’aspetto biografico in quanto tale, ma anche la conoscenza della sua persona tutta intera, dall’attività accademica, alle passioni, le amicizie… Nonostante ciò, questo film è stato anche molto criticato perché non perfettamente filologico: le scene mescolano un po’ gli eventi accaduti a Tolkien durante la sua vita, le date vengono usate piuttosto liberamente, ed inoltre ci sono eventi propriamente inventati o distorti per esigenze cinematografiche. Questo in generale non è piaciuto agli studiosi, mentre tanti appassionati hanno criticato il film soprattutto perché non avrebbe trattato gli aspetti religiosi della vita di Tolkien e le sue convinzioni cattoliche. Come se ciò non bastasse poco prima dell’uscita la Tolkien Estate ha pubblicamente sconfessato un suo coinvolgimento nei lavori, e questo ha ulteriormente indebolito la pellicola, che dunque è uscita nel mezzo del fuoco incrociato della poca pubblicizzazione, della scarsa distribuzione, delle critiche di appassionati e studiosi (cominciate anch’esse prima dell’uscita ufficiale del film nelle sale) nonché della presa di distanza della Tolkien Estate stessa. Grazie al lavoro di tutti questi elementi combinati un possibile (a parer nostro sicuro) successo si è trasformato in un fiasco a livello mondiale, non avendo gli incassi coperto nemmeno metà del budget iniziale. Questo è davvero un peccato: il giovane regista meritava un trattamento diverso, questo film e Tolkien stesso meritavano un trattamento diverso. A nostro avviso, infatti, Dome Karukoski è riuscito ad instillare nel film poesia e alcuni dei sentimenti che agitavano i cuori di quei giovani studenti d’inizio secolo, la cui generazione fu spezzata dalla Prima guerra mondiale.

Gli aspetti presenti nella pellicola sono molteplici. Prima, non in ordine di apparizione, è la grande amicizia nata sui banchi di scuola tra Tolkien e gli altri membri del TCBS nonché lo slancio a seguire le proprie inclinazioni anche contro la volontà dei genitori da un lato strizzano l’occhio ad un classico del genere come L’attimo fuggente, pur non commettendone gli errori, dall’altro descrivono molto bene la loro voglia di essere protagonisti di grandi cose. Proprio il rapporto coi genitori, tra l’altro, è una delle colonne portanti del film: la relazione di Tolkien con sua madre e il suo tutore, quella di Gilson col padre e di Smith con sua madre, sono una delle parti della pellicola su cui il regista insiste di più. A ragione, dato che una delle chiavi di lettura più importanti delle opere di Tolkien è proprio il rapporto coi genitori. Inoltre, in una lettera nella finzione cinematografica scritta da Smith, poco prima di essere ucciso in battaglia, possiamo ritrovare quegli ideali e quel lascito che, come il film giustamente suggerisce, segnarono per sempre la vita di Tolkien:

 

“Mio caro John Ronald,

è mia somma consolazione sapere che, se stasera cadrò, resteranno parecchi membri del TCBS a dar voce a ciò che ho sognato e noi tutti pattuito. Che la morte di uno dei suoi membri non può, ne sono convinto, dissolvere i TCBS. La morte può renderci abominevoli e inutili singolarmente ma non può mettere fine ai Quattro Immortali! Possa Dio benedirti mio caro John Ronald, e possa tu dire le cose che io ho cercato di dire, quando non ci sarò più a dirle”

 

Per dare un’idea della filologicità spirituale del film su questo punto, citiamo la vera lettera di Smith così come è riportata da Carpenter nella biografia

 

“La mia principale consolazione è che se finirò nei guai questa notte – sarò fuori, in servizio, tra pochi minuti – ci sarà sempre un membro del grande TCBS che racconterà che cosa sognavo e su che cosa eravamo tutti d’accordo. Poiché la morte di uno dei suoi componenti non può, ne sono profondamente convinto, dissolvere il TCBS. La morte può renderci ripugnanti e inermi come individui, ma non può porre fine agli Immortali Quattro! Una scoperta che sto per comunicare anche a Rob, prima partire di questa notte. E la scriverò anche a Christopher. Possa Dio proteggerti e benedirti, mio caro John Ronald, e possa tu raccontare le cose che ho cercato di dire, anche dopo che io non sarò più qui per raccontarle, se questo sarà il mio destino.

Tuo per sempre,

G.B.S.”

 

Come si può notare, le due lettere sono identiche, anche se si tratta di traduzioni diverse: nel film, infatti, sono state tagliate alcune parole non essenziali (evidenziate in grassetto nella nota[1] che riporta il testo originale, pressoché identico in entrambe le fonti). Questo testimonia che il regista ha colto in pieno quegli ideali e quel lascito che, come il film giustamente suggerisce, segnarono per sempre la vita di Tolkien, come sosteniamo non solo noi ma anche il già citato biografo Carpenter e uno studioso come John Garth, autore di Tolkien e la Grande Guerra: la soglia della Terra di Mezzo.

Nonostante la guerra, infatti, la corrispondenza tra gli amici del TCBS non si era mai interrotta: Tolkien esprime sentimenti simili a quelli di Smith in una lettera del 12 agosto 1916 dopo la morte di uno dei quattro, Rob Gilson. Il destinatario è Smith stesso:

 

“Se la grandezza alla quale noi tre certamente pensavamo (e la pensavamo più che sola santità o nobiltà) è davvero la sorte dei TCBS, allora la morte di uno dei suoi membri è solo un amaro vaglio di coloro che non erano destinati ad essere grandi – almeno direttamente. Dio ci conceda che questo non suoni arrogante – in verità mi sento più umile ed incommensurabilmente più debole e più povero ora. La grandezza che io avevo in mente era quella di un grande strumento nelle mani di Dio – uno che muove, uno che fa, persino uno che realizza grandi cose, in fin dei conti, uno che dà inizio a grandi cose.

La grandezza che Rob ha trovato non è in alcun modo minore – poiché la grandezza che io avevo in mente e con tremore come nostra, è senza valore se non immersa nella stessa santità di coraggio, sofferenza e sacrificio – ma è di un grado diverso. La sua grandezza è, ora in altre parole una questione personale con noi – di un tipo che ci farà tenere il primo luglio un giorno speciale per tutti gli anni che Dio vorrà concedere ad ognuno di noi – ma tocca i TCBS in quel preciso aspetto che forse – è possibile – era l’unico che Rob davvero sentiva – ‘Amicizia all’ennesima potenza’. Ciò che voglio dire, e che credo Chris volesse dire, e sono piuttosto sicuro che anche tu volessi dire, era che ai TCBS è stata accordata una scintilla di fuoco – certamente come gruppo, se non singolarmente, – che era destinata ad accendere una nuova luce, o, che è la stessa cosa, riaccendere una vecchia luce nel mondo; che i TCBS erano destinati a testimoniare Dio e la verità un modo più diretto anche dello spendere le loro vite in questa guerra.”[2]

Venendo invece alla ingiusta critica dell’assenza della religiosità e del cattolicesimo di Tolkien in questo film, ci chiediamo anzitutto cosa si intenda per “mostrare il cattolicesimo di Tolkien”, augurandoci che non si pensi ad un’idea stereotipata di fede, o peggio, ridotta a macchietta. Noi, invece, convinti che non ci sia autore che più di Tolkien abbia dato importanza a non esibire la sua fede ed alla riservatezza su una cosa tanto intima affinché non sfociasse nel ridicolo, abbiamo notato come, in realtà, vi sia una forte presenza di fede in questo film. C’è da notare anzitutto che nella versione home video tutti potranno verificare, ad esempio, come tra scene tagliate ve ne sia una in cui padre Francis impartisce la Comunione o come il regista nel suo commento faccia riferimenti ampi ed importanti alla fede di Tolkien, spiegando le sue scelte per la versione cinematografica, o per la resa dei personaggi, dimostrando conoscenze degne di un appassionato esperto e di un regista non improvvisato. Proprio nella versione cinematografica abbiamo riferimenti chiari e precisi al cristianesimo: un Crocifisso grande come tutto lo schermo nel bel mezzo della battaglia della Somme, oppure il canto alla King Edward’s School. Infatti, era quella una scuola anglicana e si vede che, nella prima scena ivi ambientata, mentre tutti gli altri studenti intonano un canto religioso anglicano, Tolkien è disorientato perché è l’unico cattolico, o per lo meno non protestante. Questo è rappresentativo anche di una profonda sensibilità del regista nei confronti della situazione dei cattolici in Inghilterra: una scena di pochi secondi come quella poteva essere tagliata e la scuola introdotta diversamente, dunque la sua presenza non è certo casuale. Ricordiamo che a tutt’oggi la situazione dei cattolici in Inghilterra è problematica, perché i vertici della politica inglese, dalla casa regnante al primo ministro, sono ancora anglicani per norma, i regnanti, e per tradizione, i politici e nella società permangono ancora buona parte dei pregiudizi che si nutrivano ai tempi di Tolkien.

I due riferimenti più forti al cattolicesimo e alla fede nel film, in ogni caso, sono padre Francis Morgan e Mabel Tolkien, il tutore e la madre di Tolkien. Come è chiaro a chiunque conosca un po’ la vita di Tolkien, padre Francis è spesso stato descritto come un tutore insensibile ed oppressivo a causa anche del divieto posto a Ronald di vedersi con Edith fino alla maggiore età: per questo motivo era figura fortemente a rischio in un film che presumibilmente avrebbe eliso di proposito dalla vita di Tolkien ogni riferimento al cattolicesimo e alla sua fede. Ciò che dal film emerge, invece, è un grande rispetto per la sua persona, tutta intera: non solo la sua attenzione all’educazione di Ronald, ma anche la sua dolcezza e paternità nei confronti dei fratelli Tolkien ormai orfani. Alla fine, arriverà anche ad accettare esplicitamente l’amore di Ronald ed Edith quando, al ritorno di Tolkien dalla Somme, andandolo a trovare in ospedale gli parla di come egli trovi conforto rifugiandosi nella liturgia e nelle cose antiche, e poi, un po’ en passant gli dice di essersi sbagliato su Edith, la quale gli è stata accanto per tutto il periodo della malattia. Questa è certamente una rappresentazione fedele della personalità dell’Oratoriano spagnolo, della sua fede e delle sue convinzioni. Che le idee di questo film siano giuste, con particolare riferimento alla figura di padre Francis, vogliamo dimostrarlo con questa citazione dal commento al film del regista stesso, il quale, riferendosi. Appunto alla scena nella quale Padre Morgan impone a Tolkien di non rivedere Edith, dice:

 

“Secondo le testimonianze, Tolkien visse come una tragedia il divieto impostogli da Padre Francis di non scrivere, né frequentare Edith sino ai ventuno anni. Secondo alcune opinioni, Edith era protestante, e forse ciò non andava a genio a Padre Francis. Anni dopo, Edith divenne cattolica, esaudendo la richiesta di Tolkien. Senza dubbio avremmo girato questa scena, se ci fossimo concentrati su quella fase della loro vita. Personalmente, non credo che la ragione del suo divieto sia di natura religiosa. Credo piuttosto che il prete, che è come un padre per Tolkien, voglia solo il meglio per i ragazzi, per John Ronald e Hilary. Da padre di famiglia, mi viene da chiedermi se, dal momento che è così giovane, egli provi davvero un sentimento genuino per Edith. Non è meglio che si concentri sulla scuola? I genitori di oggi si pongono le stesse domande. “Una cotta giovanile ostacolerà il futuro di nostro figlio?”. Inoltre, erano poveri. Padre Francis racimolava qualche soldo dallo smercio di Sherry in Spagna, e con quel denaro manteneva John Ronald e Hilary. Nonostante ciò, Tolkien voleva ottenere la borsa di studio, e per farlo doveva andare bene a scuola e portare a casa dei bei voti, altrimenti Oxford sarebbe rimasto un lontano sogno. In quegli anni, secondo l’usanza, i tutori o i genitori decidevano le sorti dei loro figli. In questo caso, Padre Francis stabilì che John Ronald avrebbe smesso di frequentare la donna che amava. Egli non si oppose. Tolkien rispettò il dettame di Padre Francis, benché non fosse d’accordo con lui. Ma egli gli voleva bene e lo ammirava, e spesso andava in chiesa. Abbiamo escluso quelle scene dal copione. Lo scopo è trasmettere il messaggio che la loro ammirazione è forte e reciproca.”

 

Mabel è un’altra figura che, come quella di padre Francis, nonostante il poco tempo concessole, stacca molto rispetto alle altre, anche se in generale tutti i personaggi del film sono tratteggiati con estrema cura, dedizione e abilità. Mabel viene presentata come colei che ha preso le decisioni fondamentali per i fratelli Tolkien, quelle decisioni che hanno instradato il nostro J.R.R. Tolkien per il resto della vita: l’amore per le lingue e le culture nordiche e gli antichi racconti e la fede cattolica. La scena sicuramente più toccante che la riguarda, nonché la più significativa, è l’arrivo a Birmingham. Ci si arriva di notte, nel mezzo dell’oscurità, e ciò che si vede è un nugolo di fabbriche, sporcizia, inquinamento… un ambiente ostile e spaventoso dopo la quiete e la bellezza della campagna di Sarehole. In questo contesto Mabel racconta ai figli di come le favole di quando lei era piccola raccontavano sempre di famiglie che, come la loro, all’improvviso si trovavano in povertà e ne sfuggivano trovando un tesoro. Ronald, tuttavia, replica che la gente non trova tesori nella vita reale. Lei risponde “Diciamo che ci sono tesori e tesori”.

A nostro avviso questo passo, del tutto inventato dal regista, è comunque significativo di come Mabel vivesse la propria nuova fede e di cosa avesse trovato all’Oratorio fondato da Newman e nella conoscenza di padre Francis: un tesoro. Il tesoro per cui vendere tutti gli averi. Un modo di pensare che riecheggia il brano del Vangelo di Matteo: “Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto in un campo; un uomo lo trova e lo nasconde di nuovo, poi va, pieno di gioia, e vende tutti i suoi averi e compra quel campo.” (Mt 13, 44) Non a caso John Henry Newman espresse un pensiero molto simile, seppure in un contesto molto diverso e con un riferimento biblico differente. Infatti, varie volte in Inghilterra circolò la voce che lui stesse per lasciare la Chiesa Cattolica, e nel 1862 fu questa la sua risposta pubblica:

 

“Io qui professo ex animo, con un assoluto assenso e consenso interiori, che il Protestantesimo è la più tetra delle possibili religioni; che il pensiero della funzione Anglicana mi fa rabbrividire ed il pensiero dei trentanove articoli mi fa sussultare. Ritornare alla Chiesa d’Inghilterra! No! ‘La rete è stata spezzata e noi siamo stati liberati[3].’ Dovrei essere un perfetto idiota (per usare un termine mite), se nella mia vecchiaia io abbandonassi ‘la terra dove scorrono latte e miele[4]’per la città della confusione e la casa della schiavitù.”.[5]

 

In conclusione, vorremmo sottolineare quanto bene il film di Karukoski evidenzi come la vita che Tolkien ha vissuto, le sue esperienze e le sue difficoltà, gioie e riflessioni quotidiane siano confluite nelle sue opere. Per questo riteniamo non solo e non tanto che lo studio della biografia sia fondamentale negli studi tolkieniani, ma anche che la comprensione della persona dello stesso Tolkien possa aiutare nella, o meglio, essere anche la comprensione della sua eredità a noi. Siamo dunque lietissimi di invitarvi ad ascoltare in diretta o in differita la prossima puntata della webradio “La Voce di Arda” del 15 novembre alle 21, intitolata “J.R.R. Tolkien: una vita” ove noi due discuteremo della vita di Tolkien in una specie di tavola rotonda con Simone Claudiani e con ospite d’onore lo studioso spagnolo José Manuel Ferrández Bru (con la traduzione di Chiara Alberghini), primo di una serie di ospiti stranieri che vorremmo avere ed invitare sulla nostra webradio. Per chi non lo sapesse, egli è autore del libro “J.R.R. Tolkien e Francis Morgan: una saga familiare”, e ci parlerà proprio di tantissime delle tematiche trattate nel biopic legate alla vita del sacerdote che crebbe Tolkien e fu studente e segretario personale di John Henry Newman.

Vi aspettiamo in diretta alle 21 il 15 novembre su https://www.spreaker.com/user/simoneclaudiani, o in differita quando potete e preferite, e grazie per aver letto il nostro articolo!

 

Greta Bertani

Giuseppe Scattolini


[1] “My chief consolation is that if I am scuppered tonight – Iam off on duty in a few minutes – there will still be left a member of the great T.C.B.S. to voice what I dreamed and what we all agreed upon. For the death of one of its members cannot, I am determined, dissolve the T.C.B.S. Death can make us loathsome and helpless as individuals, but it cannot put an end to the immortal four! A discovery I am going to communicate to Rob before I go off to-night. And do you write it also to Christopher. May God bless you, my dear John Ronald, and may you say the things I have tried to say long after I am not there to say them, if such be my lot.” Lettera di G.B. Smith, citata in Carpenter “A Biography”, Houghton Mifflin Company, Boston, 1977, p. 86.

[2] J.R.R. Tolkien “La realtà in trasparenza – Lettere”, curato da H. Carpenter, tr. a cura di Cristina de Grandis, lettera n. 5, pag. 12.

[3]Newman qui cita, probabilmente a memoria, il salmo 124,7: Noi siamo stati liberati come un uccello dal laccio dei cacciatori: il laccio si è spezzato e noi siamo scampati.

[4]Cfr. Es. 3,8

[5] Wilfrid Ward, The life of John Henry Cardinal Newman, Longmans Green and Co. Ltd., London, 1927, p.581, traduzione di Greta Bertani.

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