“Beowulf”: quale edizione scegliere?

Beowulf – edizione Carocci

Giuseppe Brunetti (curatore)
Beowulf
Carocci (2003)
€20
324 pp.
Source: gentilmente inviato dall’editore. Si ringrazia l’Ufficio Stampa della Carocci editore

Il testo fa parte della collana “Biblioteca Medievale”, in cui gli appassionati tolkieniani possono trovare, tra le altre cose, titoli come La battaglia di Maldon, Le gesta di Artù di Laȝamon, Il Sogno della Croce, Sir Orfeo, La Saga dei Völsunghi, Perla e la raccolta di saggi di Tolkien Il Medioevo e il fantastico. Il curatore di questa edizione è Giuseppe Brunetti, professore di Letteratura inglese all’Università di Padova. Si è occupato di poesia in antico inglese curando le edizioni de La Battaglia di Maldon (1998) e Beowulf (2003) per Carocci. Si è dedicato anche alle edizioni elettroniche di testi inglesi medievali con glossari, spogli, statistiche e concordanze: qui potete trovare il Sir Gawain e qui il Beowulf trilingue.  

All’inizio della sua sostanziosa Introduzione di oltre settanta pagine – fitte di note a piè di pagina –, Brunetti sintetizza le caratteristiche di questo poema attraverso quattro aggettivi:«teratologico eroico gnomico elegiaco». “Teratologico” perché il Beowulf è anzitutto la storia della lotta contro tre mostri: Grendel, la madre di Grendel e il drago. “Eroico” perché si tratta del più antico poema eroico germanico a noi giunto, e come scrive Brunetti a p. 8, «Il Beowulf è una rivisitazione dell’età eroica da parte di un poeta cristiano che sembra vederla in prospettiva veterotestamentaria»; o ancora, a p. 33: «il Beowul è un poema “moderno” in cui un presente cristiano ripensa un passato eroico e pagano». “Gnomico” perché il suo testo è ricco di massime e detti sentenziosi, come il discorso sapienziale di Hroðgar. “Elegiaco”, infine, perché il lamento del dolore e della transitorietà della vita umana, il ricordo dei tempi andati e il loro rimpianto sono le voci di fondo del poema. Questi quattro generi si fondono assieme e danno vita a quella meravigliosa composizione che è il Beowulf. Esso è infatti un poema polifonico oltreché polisemico, in cui convivono più voci, forme di discorso differenti e una commistione molto variegata di tutti i generi della poesia anglosassone, quasi come se lo elevassero a summa dell’intera produzione in antico inglese. Nel Beowulf troviamo infatti il racconto storico-leggendario, la syllīc spell (v. 2109) dai toni quasi fiabeschi, l’elegia di cui sopra, il canto della creazione (vv. 90b-98) che ricorda la poesia cristiana della scuola di Cædmon, l’alterco verbale con Unferð (flyting), il lamento funebre della donna geata, il panegirico dei cavalieri alla fine del poema.

Ma torniamo alla corposa Introduzione, che unitamente alle note costituisce una guida alla lettura molto approfondita ma non sempre facile da seguire se non si ha una cognizione generale del poema. Essa fornisce anzitutto un riassunto della storia e la cronologia degli eventi raccontati nelle quarantatré fitts, entrando così nella dimensione di fabula e intreccio, poiché il racconto del Beowulf procede tra «episodi e digressioni, ellissi, analessi e prolessi» (p. 16) e, per riprendere il tema dell’Introduzione a questo articolo, «Si possono distinguere fino a 28 digressioni ed episodi, per circa 450 versi nella prima parte e 250 nella seconda, che danno varietà e sfondo alla storia principale» (p. 18). Si passa poi ad analizzare la «non linearità del racconto» (p. 21), un intrico di vicende che procede per «andirivieni» (p. 19). In seguito vengono presentate le istituzioni sociali della società guerriera: famiglia, comitatus e regalità. Nella quarta sezione si analizzano gli elementi cristiani che il poeta intercala alle sue vicende eroiche e «intreccia fra storia e racconto» (p. 34), a confronto con l’ethos guerriero del poema. La quinta sezione è dedicata ai tempi e ai luoghi della storia ed esamina le kenningar impiegate nel poema per il mare – confine ultramondano –, per l’uomo, l’anima, il corpo ecc. La sesta esplora le forme di discorso, che abbiamo già elencato sopra, ma, come fa notare Brunetti, le tracce orali ci vengono presentate sin dai primi versi. Il poema ha inizio con wē … gefrūnon (vv. 1-2): gefrignan (“udire di”) è il primo verbo del Beowulf, che è «formula di rito che segnala la trasmissione orale della materia» (p. 43), ed è la formula del “sentito dire”. Segue un’ampia e articolata disamina dell’arte poetica (di venti pagine) che, come una vera e propria skáldskaparmál,entra nel merito del metro allitterativo, composti e parole poetiche. In questa sezione in particolare, la trattazione è molto tecnica, come per esempio nella spiegazione della cosiddetta costruzione ad apo koinou.

L’insieme degli elementi che lo compongono (Introduzione, Nota al testo, una nutrita Bibliografia, le Lezioni del MS. in cui vengono elencati emendamenti sulla base delle trascrizioni Wanley e Thorkelin, Note, Il frammento di Finnesburh in appendice e relative Note, per terminare con un Indice dei nomi) fanno di questo Beowulf edito da Carocci un’edizione critica a tutti gli effetti, con vasti apparati critici, ampie trattazioni, note esplicative che vertono su «problemi sia testuali che interpretativi» (p. 77) e meticolosità accademica. L’edizione è condotta su quella di Mitchell-Robinson (1998), rivista sull’edizione elettronica di Kiernan (1999). L’Introduzione fornisce tutto quello che c’è da sapere (o aspettarsi) dal poema. Richiede una certa conoscenza e preparazione alle spalle, e per questo non la consiglio per un primo approccio, ma è indirizzata più per gli studenti e gli appassionati più esperti. La traduzione è letterale, ma curiosamente non traduce il Hwæt al v. 1; inoltre, non è sempre di facile lettura. Forse ciò è dovuto al tentativo di riprodurre la complessità sintattica dell’anglosassone, con le sue inversioni e apposizioni. Scrive il curatore che la sua traduzione «cerca, con la fedeltà, una resa ritmica per blocchi sintattici e qualche forma di legatura fonica tra le parole; e cerca anche di conservare un dettato compatto e scorrevole, senza appianare le opacità dell’originale» (p. 77). In ultima analisi, la traduzione non riproduce la divisione in due semiversi dell’originale anglosassone.       

«Dei Danesi delle Lance in giorni lontani,
dei re della nazione ci è nota la rinomanza,
che imprese di coraggio compirono quei principi.
Spesso Scyld Scefing a schiere nemiche
strappò a molti popoli le panche dell’idromele,
terrorizzò guerrieri, dopo che fu trovato
derelitto, di questo ebbe conforto,
fu grande sotto il cielo, prospero d’onori
finché a lui le genti tutt’intorno
oltre la via della balena dovettero obbedienza,
pagarono tributo; fu un grande re.»

(Beowulf, vv. 1-11b; p. 99)