Prospettive della Terra-di-mezzo adattata: la notizia non è la serie TV! E può cambiare tutto.

La notizia delle le trattative per una serie TV su Il Signore degli Anelli ha infiammato gli animi degli appassionati in tutto il mondo. Tuttavia queste indiscrezioni, se confermate, segnano una svolta ben più epocale nell’impatto del fenomeno culturale nato dall’opera di J.R.R. Tolkien sulla contemporaneità. 

In alto a sinistra il logo © Middle-earth Enterprises,
in alto a destra Christopher Tolkien dal documentario J.R.R.T. : a film portrait of J.R.R. Tolkien (1992),
in basso a sinistra Priscilla Tolkien © The Times 2013.
Il simbolo al centro è rielaborato dai loghi © Tolkien Estate e © Warner Bros. Ent., nessuna violazione intesa. La grafica è rappresentazione delle tesi di cui nell’articolo, non intende in nessun modo ledere l’immagine dei due soggetti distinti e verrà ritirata previa richiesta dei succitati. La riproduzione non concordata è severamente vietata.

  1. Quattro ipotesi in cerca di fondamento (senza successo)

Molti i dubbi sollevati, dubbi che confluiscono nello spettro di cinque possibilità, di cui quattro prive di alcun fondamento:

  1. Non esiste nessuna trattativa e non può esistere. L’indiscrezione è del tutto inventata e non poggia su nient’altro che il desiderio di alcuni media di attirare una consistente parte di pubblico su un’eventualità di grande attrazione coinvolgendo Studios che ora hanno la ribalta per incresciosi casi di abuso (ai vertici di Amazon).

La prima è confutata dalla mole di conferme indipendenti circa un interessamento di Amazon e il rilievo di Deadline sulla partecipazione, in svantaggio, di NETFLIX e sul ritiro di HBO testimoniano un fermento nell’ambiente che è impensabile possa essere stato inventato sia dall’oggi al domani che sulla lunga distanza: Variety potrebbe averne avuto l’interesse (vedi il nostro articolo precedente alla sezione Il prossimo Game of Thrones) ma non le capacità. Oltre a Deadline e Variety, conferme di questo tipo sono arrivate dall’Hollywood Reporter, da Entertainment Weekly e TheWrap, senza poter aggiungere particolari. Questo a meno che le fonti diverse siano solo 2, quella di Variety condivisa con l’HR, EW e TW e l’altra di Deadline e che perciò non ci siano conferme realmente indipendenti oltre alle prime due fonti, cosa difficile da sostenere viste le dichiarazioni di ognuna. Dei titani dell’informazione hollywoodiana forse solo Forbes è stato a guardare, preferendo descrivere il malessere delle web-community “geek” alla notizia (come se queste reazioni comunicassero qualcosa di concreto circa la fattibilità del progetto).

  1. Probabilmente i diritti in esame non riguardano un adattamento di Il Signore degli Anelli, bensì di Il Silmarillion. Questi infatti sono tutt’ora detenuti dall’Estate.

La seconda è un pensiero in voga che tradisce in un’ingenua aspirazione la poca familiarità del pubblico con la realtà della Tolkien Estate (ne parleremo a seguire); anch’essa dimentica che, nonostante almeno 5 delle maggiori testate di Cinema&TV e pop-culture americane abbiano parlato in modo indipendente di questa trattativa, nessuna ha parlato di un soggetto diverso da Il Signore degli Anelli. Sarebbe comprensibile un errore di una minoranza dovuta alla minore popolarità di Il Silmarillion, non di tutte e cinque. Inoltre, il libro pubblicato da Christopher Tolkien nel 1977 come compendio della mitologia del padre nell’arco della sua quasi sessantennale evoluzione (pur non essendo noto al grande pubblico nel suo contenuto dettagliato nemmeno in una minima parte di quanto lo sono Lo Hobbit e Il Signore degli Anelli) è stato portato alla ribalta di riviste cinematografiche e tabloid generalisti fin dalle premiere di La Battaglia delle Cinque Armate ed anche prima, (esasperando il regista Peter Jackson su una questione che non si era mai nemmeno sognato di aprire). È perciò estremamente improbabile che nessuna di queste fonti, a lungo occupatesi della speculazione, abbia rilevato che il soggetto in discussione fosse Il Silmarillion, vista la sua notorietà quantomeno nominale.

Qualcuno ha poi declassato la seconda ipotesi in condizioni meno vincolanti, un’idea un po’ più elegante ma non meno infondata, facendo rientrare l’Estate dalla finestra dopo aver fatta uscire dalla porta, ma che vedrebbe di molto ridimensionato il suo ruolo:

  1. Il coinvolgimento dell’Estate potrebbe essere dovuto alla necessità di utilizzo di personaggi secondari o per ampliare a piacimento i confini del soggetto in racconti che in Il Signore degli Anelli sono narrati solo nelle Appendici. Una partecipazione secondaria, per così dire.

Tutte le fonti concordano che non esiste ancora nessun soggetto sceneggiato nemmeno in fasi preliminari e che né Amazon né NETFLIX hanno assegnato produttori o cominciato a pensare alla concettualizzazione. Se pure Jeff Bezos, al centro delle trattative secondo Variety, ha una certa dimestichezza con l’opera di Tolkien, una pianificazione del genere è un controsenso. Se Amazon (o NETFLIX) non aveva necessità di interfacciarsi con l’Estate per dare il via libera ad un progetto su Il Signore degli Anelli, perché andare ad impelagarsi immediatamente in una trattativa a più parti? Per eventuali trame secondarie a fini di spin-off (che nessuna indiscrezione menziona), peraltro con una parte tutto meno che conciliante sull’estendere la concessione di sfruttamento di ulteriori diritti? A questo proposito è utile ricordare come la produzione di Lo Hobbit consultò una delle maggiori studiose di Tolkien, Janet Brennan Croft (anche consultata per il recente videogioco Middle-earth: Shadow of War), per escludere da una bozza di copione tutti quei riferimenti ai soggetti di opere di Tolkien che non rientravano nei diritti di sfruttamento del contratto originario, tanto delicata era la questione sui detentori di soggetti borderline. Ma soprattutto, le cifre riportate da Deadline sembrerebbero spropositate per i detentori di proprietà intellettuali che andrebbero ad arricchire solo per vie secondarie il soggetto. Se queste sono le velleità di Bezos, l’Estate non potrebbe certo essere considerata un pari al tavolo del negoziato: le trattative procederebbero con o senza il suo beneplacito e un ruolo così marginale non giustificherebbe il peso di queste indiscrezioni.

Di tutt’altro ordine la quarta, ma anch’essa non sostenibile.

  1. Le trattative sono per una serie TV, i diritti della Saul Zaentz Company riguardano invece una produzione cinematografica. Sarebbe invece ancora diritto degli eredi concedere adattamenti destinati alla distribuzione televisiva.

Quest’affermazione è semplicemente falsa e per rendersene conto basterebbe ricordare che la prima licenza rilasciata in assoluto dalla Zaentz per un adattamento filmato è proprio per una distribuzione televisiva, ovvero il film di Rankin/Bass per Lo Hobbit che andò in onda il 27 novembre 1977 sulla NBC, due mesi dopo la pubblicazione di Il Silmarillion e circa un semestre dopo la fondazione della Tolkien Trust, ovvero in un momento in cui gli eredi avrebbero potuto contestare la produzione, se ne avessero avuto diritto. Il film successivo, disegnato dagli stessi autori e animato dallo stesso studio, fu Il Ritorno del Re che andò in onda l’11 maggio 1980, dopo il fallimento dell’esperienza cinematografica di Ralph Bakshi, che proprio Saul Zaentz bloccò non ritenendo sufficienti i risultati raggiunti al botteghino (che pur scemando dopo le prime settimane di successo in sala, si riveleranno notevoli alla lunga con l’Homevideo). Neanche allora la Tolkien Estate intervenne per bloccare la distribuzione o la produzione.

Ma non è nemmeno necessario invocare uno o più precedenti per confutare quest’ultima idea, giacché il contratto che Tolkien firmò nell’ottobre 1969 è accessibile al pubblico dall’apertura della causa tra Christopher Tolkien e la New Line Cinema nell’agosto 2008 presso la Corte Suprema dello Stato della California, Contea di Los Angeles, figurando tra gli allegati del fascicolo. Si può facilmente provare a fortiori come la distribuzione televisiva non sia un’obiezione e ciò ci dà modo di approfondire e ricordare i termini del contratto, validi “in perpetuum”.

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