di Bradley Birzer
Perfino J.R.R. Tolkien, curiosamente, non ha potuto indicare con precisione il momento in cui è nata la sua mitologia. Si può certamente datare questa mitologia, purché si consideri a sua forma più nuda e meno riconoscibile, di qualche tempo antecedente alla sua partecipazione alla Grande Guerra, quando il giovane scrisse la poesia Il Viaggio di Eärendil, la Stella della Sera”.1 In una lettera indirizzata a Clyde Kilby, professore di letteratura al Wheaton College e tra i primi studiosi degli Inklings, Tolkien aggiungeva alla fine come nota:
Spero che questa lettera ti arrivi per o intorno a Natale.
Lux fulgebat super nos. [Splendea la luce su di noi.]“Eala Eärendil engla beorhtast ofer middangeard monnum sended”
(Parole d’estasi da cui in ultimo emerse la mia intera mitologia).
Lettera del 18 dicembre 1965, citata in C.S. Kilby, Tolkien and the Silmarillion
Il verso proviene dall’epica poetica medievale Crist, di Cynewulf. In una lettera datata quasi due anni più tardi di quella indirizzata a Kilby, Tolkien spiegò di nuovo l’importanza del nome di Eärendil nella propria mitologia, facendo notare che era venuto a sapere di esso per la prima volta nel 1913 mentre studiava l’anglosassone e si dilettava – come spesso faceva – con le possibili derivazioni e le radici di una parola.
Nel suo lavoro accademico, Carl Hostetter ha scavato a fondo nelle fonti filologiche e nei significati di Eärendil meglio di chiunque altro, rintracciando le reali fonti che Tolkien avrebbe utilizzato – soprattutto l’opera di Jacob Grimm e Israel Gollancz – per comprendere la sua personale lettura del Crist, l’origine di quei versi tanto ispiratori. Hostetter rivela in una maniera alquanto convincente che l’Eärendil di Tolkien, preso in prestito da Cynewulf, possedeva cinque aspetti, distinti ma interconnessi, che formarono in origine la mitologia di Tolkien. Questi aspetti sono Eärendil come stella (in particolare, Venere); come messaggero o angelo; come aquila; come marinaio; e come araldo di Cristo. Prendendo in considerazione questi cinque elementi come un tutt’uno, «Tolkien sintetizzò un potente mito per la sua Terra di Mezzo», spiega abilmente Hostetter. «In effetti, uno potrebbe osservare che gran parte della mitologia di Tolkien sgorga in definitiva da questa fonte filologica».2
Al tempo in cui Christopher Tolkien pubblicò Il Silmarillion, nel 1977, Eärendil rimaneva un’entità mistica e potente, marito di Elwing, padre di Elrond ed Elros, e un forte alleato di Cirdan il Carpentiere. Appesantito dal fardello dell’inquietudine, Eärendil da sempre ricercava la scoperta e il viaggio. Assieme a Cirdan, progettò e costruì Vingilot, forse la più grande imbarcazione del suo genere, ed Eärendil esplorò per mare in lungo e in largo, perennemente conteso tra l’amore per l’avventura e il desiderio di vivere con Elwing. Dopo che questa entrò in possesso di un Silmaril, i suoi protettori giurati, i figli di Fëanor, attaccarono la gente di Eärendil decimandola. Per proteggere lei e i Silmaril, Ulmo, divinità suprema delle acque, la trasformò in un candido uccello e la mandò in cerca di Eärendil per i mari. Ella riacquistò la sua forma elfica dopo essere atterrata su Vingilot ed Eärendil si mise il Silmaril sulla fronte. Fecero vela per l’Occidente proibito. Prossimi all’arrivo, Eärendil abbandonò Elwing, nella speranza che la maledizione che esigeva la morte di qualsiasi mortale che toccasse le spiagge del Reame Beato non si posasse su di lei. Mentre Eärendil si avventurava nella terra degli dèi, la solitudine che c’era lo spaventò molto . Cosa era accaduto agli immortali? Mentre tutti insieme celebravano una festività di grande importanza, gli dèi inviarono Eönwë da Eärendil in qualità di messaggero.
«Salute, Eärendil, il più famoso di tutti i marinai, l’atteso che giunge inaspettatamente, il desiderato che arriva al di là di ogni speranza! Eärendil, portatore di luce più antica del Sole e della Luna! Splendore dei Figli della Terra, stella nelle tenebre, gemma nel tramonto, radianza nel mattino!»
Convocato a chiarificare le proprie azioni e intenti, gli dèi lo perdonarono, e Mandos ricompensò il suo traguardo lasciandogli la libertà di scegliere il suo destino, se quello di Elfo, legato al mondo, o quello di Uomo, mortale e caduco. Ulmo affermò quale fosse il posto di Eärendil in maniera assai chiara: «Proprio per questo egli è venuto al mondo». Lui ed Elwing scelsero ciascuno di essere soggetti al destino degli Elfi, anche Eärendil decise con riluttanza. Dopo aver consacrato Vingilot e posto il Silmaril sulla propria fronte, Eärendil fece vela oltre le mura del mondo, divenendo Venere, la stella più fulgida alla sera e al mattino. Per il bene della Terra di Mezzo, Eärendil divenne un faro di speranza – un aiuto dagli dèi – ma divenne anche il terrore di Morgoth. Nell’ultima Grande Battaglia per la Terra di Mezzo, che mise termine alla Prima Era, Eärendil volò con Vingilot e condusse alla vittoria le aquile e le schiere dei volatili contro i draghi e le bestie alate di Morgoth.3
La piena esplorazione di Eärendil nella mitologia primigenia – forse la parte della mitologia che lo è di più, come appena notato – compare in Racconti Perduti. Come Christopher spiega, suo padre aveva composto la prima poesia su Eärendil nel settembre del 1914 mentre si trovava a Phoenix Farm, a Gedling, Nottinghamshire. Nella prima versione della poesia, Eärendil vola così a lungo e così in largo da consumarsi, «finchè la sua luce invecchiò nei freddi abissi». Soltanto mesi dopo Tolkien scrisse una seconda poesia, L’Invito al menestrello, in cui i canti di gesta antiche sono intonati con solennità, ma senza reale comprensione o anima. «La musica è interrotta, le parole scordate». La sera del 27 novembre 1914, Tolkien lesse una parte di Eärendil – forse tutto quello che aveva scritto fino a quel punto – all’Essay Club di Oxford. L’estate successiva, nel luglio 1915, Tolkien compose la terza parte del poema di Eärendil, Le Rive del Paese delle Fate, che riecheggia gli elementi poetici di San Francesco d’Assisi. «A est della Luna, a ovest del Sole», così inizia la poesia, portandoci oltre la montagna degli dèi, Taniquetil, e attraverso il Reame Beato, Valinor.
Non è chiaro quanto Tolkien abbia lavorato su questa parte del poema, ma completò un meraviglioso acquerello con lo stesso titolo il 10 maggio 1915. A luglio, scrisse anche la poesia conclusiva del racconto di Eärendil, I felici marinai, una chiamata, per la mente, a vagare e per l’anima a cercare oltre i sensi e la logica del mondo, «cantando frammenti di una melodia mistica» e cogliendo e intravedere il fatidico passaggio di Eärendil mentre vola verso l’Occidente e anche oltre. Se questo sia Eärendil risorto o semplicemente il poeta immaginario che lo vede prima di consumarsi, rimane un mistero nella poesia. Chiaramente, però, il poeta immaginario esiste nel tempo e sulla terra come testimone dell’ultraterreno.
Certamente, ciò riporta uno alla vitale domanda: è questo l’inizio di una mitologia più estesa, dalla quale sono scaturiti Lo Hobbit e Il Signore degli Anelli?
Tolkien non ha mai scritto il racconto al completo come resoconto in prosa nei primi anni della sua mitologia. Al contrario, le sue quattro poesie hanno svolto il ruoli di valide linee guida per raccontare la storia di Eärendil. Le sue note estrapolate dai manoscritti più vecchi, come Christopher ha spiegato in maniera davvero efficace, hanno rivelato alcuni bizzarri elementi nella mitologia di Eärendil. Per esempio, questi viaggiò in Islanda e in Groenlandia, e incontrò la «Barriera delle Cose a Occidente». Nonostante il caotico stato delle idee nel 1914-1915, Christopher ci ricorda, «il mito era presente in certe immagini destinate a perdurare, ma queste cose non sono state articolate in maniera definitiva».
Note
1 Ad assumere questa poesia come scintilla del legendarium sono Tolkien stesso nelle sue lettere e Christopher Tolkien in Racconti Perduti. Kilby parla dell’importanza della poesia in Tolkien and the Silmarillion. Carpenter la chiama anche «inizio della mitologia» in J. R. R. Tolkien. La biografia. Scull e Hammond sono meno convinti in The J. R. R. Tolkien Companion and Guide. Vedi anche C. F. Hostetter, Over Middle-earth Sent Unto Men: On the Philological Origins of Tolkien’s Eärendel Myth in Mythlore, Vol. 17 : No. 3 , Article 1.
2 C.F. Hostetter, Over Middle-earth Sent Unto Men: On the Philological Origins of Tolkien’s Eärendel Myth in Mythlore, Vol. 17 : No. 3 , Article 1.. Vedi anche, C.F. Hostetter e A.R. Smith, A Mythology for England, in Proceedings of the J.R.R. Tolkien Centenary Conference, a cura di P. Reynolds e G.H. Goodknight; e Christopher Gilson, lettera alla redazione, in Vinyar Tengwar 4. Gilson suggerisce che Eärendil abbia più associazioni linguistiche del solo anglosassone e del Crist. In particolare, egli denota le somiglianze con Aurvandill, un gigante norreno, una delle numerose connessioni alle lingue germaniche e ai miti, come da Tolkien menzionato nel suo The Notion Club Papers.
3 Nelle sue note a Racconti Perduti, Christopher osserva che proprio il nome di Eärendil era correlato, in elfico, ad «aquila».
© 2021 by Bradley Birzer. Tradotto e adattato con il permesso dell’autore. L’articolo originale in inglese si può trovare qui.
Traduzione di Azaria Scavuzzo
One Reply to “In Principio: la Mitologia di Tolkien prima della Grande Guerra”
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