GLI ARAZZI DI AUBUSSON /4: Glórund parte alla ricerca di Túrin

Turambar e il Foalókë

Glórund, noto ai lettori de Il Silmarillion con il nome diGlaurung, è il primo dei draghi a comparire in Arda, creato da Morgoth nella sua fortezza di Angband.

È una creatura particolare che non si confà all’immaginario tipico dei draghi moderni. Tolkien divideva i draghi in due tipologie: draghi “alati”, come Smaug e Ancalagon, e “creeping”, “striscianti”, e Glaurung faceva parte di questa seconda categoria e ciò gli valse l’epiteto “Il Verme”.

Molti sono i draghi che Melkor ha liberato nel mondo e alcuni sono più potenti di altri. Quelli dunque minori – eppure enormi, se confrontati con gli Uomini di quei giorni – sono freddi com’è la natura delle bisce e dei serpenti, e parecchi di loro, dotati di ali, avanzano con velocità e fragore enormi; ma i più poderosi sono caldi, pesantissimi e lenti, e certi vomitano fiamme e il fuoco guizza sotto le loro scaglie, e in questi l’avidità, la cupidigia e l’astuta cattiveria sono superiori che in ogni altra creatura: così era il Foalókë

Foalókë è l’epiteto di Glórund in questa prima versione del racconto, ed è l’unione di due parole Quenya, foa (“respiro”) e lókë (“serpente”). Nell’immaginario di Tolkien, Glórund/Glaurung resterà uno dei draghi più grandi, superato solo da Ancalagon il Nero.

Nel racconto, Glórund appare nell’attacco dell’esercito di Melkor alle caverne dei Rodothlim, un popolo di elfi Noldoli, precursori dei Noldor di Nargothrond. Qui si era stabilito il valoroso uomo Túrin dopo una serie di disgrazie, causate da una maledizione scagliata da Melkor sulla stirpe di Úrin, suo padre. Presso questo popolo, Túrin aveva convinto il loro capo Orodreth a attaccare le schiere di orchetti della regione, facendo abbandonare l’antica prudenza dei Rodothlim e acquistando grande gloria: come galvanizzato dall’ὕβϱις di un eroe tragico greco, Túrin ricercava lo scontro con quanti più nemici osassero avvicinarsi al territorio, ma così attirò definitivamente l’attenzione del ben più scaltro Signore del Male. Così l’odio del Vala ribelle per gli elfi e Túrin li raggiunse con un grande esercito in cui militava anche a Glórund. Il drago si sbarazzò dell’eroe umano con i suoi incanti e l’astuzia, spingendolo quasi alla follia: si insinuò nelle sue paure più profonde facendogli credere che sua madre Mavwin e sua sorella Nienóri vivessero nel terrore e nel pericolo, maltrattate da uomini e minacciate da orchetti che infestavano la sua patria. Túrin, afflitto dai sensi di colpa e dalla sconfitta, abbandonò le caverne dei Rodothlim conquistate e partì, dandosi un nuovo nome: Turambar, Conquistatore del Fato. Così il Foalókë diventò la nemesi di Turambar, e raccolse tutti i tesori degli elfi nella caverna più ampia e ivi stabilì la sua dimora.

Il figlio di Úrin arrivò alla sua vecchia casa solo per scoprirla da tempo abbandonata, e tornando nelle foreste si unì a un popolo di uomini, alcuni sfuggiti alla grande sconfitta della Battaglia delle Innumerevoli Lacrime, e con loro continuò a dare la caccia a tutte le colonne di orchetti che vagavano in quel territorio. Durante una delle spedizioni, incontrò una fanciulla vittima di un’amnesia che scappava dagli orchetti, le diede il nome Níniel (fanciulla in lacrime), e la sposò, una volta diventato il capo dei cacciatori dei boschi. Quando Glórund venne a sapere che Túrin viveva sereno e nuovamente le forze al comando dell’eroe sfidavano le squadre di orchetti, lasciò immediatamente le caverne dei Rodothlim per andare a distruggere la serenità da poco trovata da quegli uomini.

Illustrazione di John Howe

La vicenda termina con la sconfitta del mostro: l’eroe sconfigge il drago approfittando di un momento in cui la creatura è stesa su una rupe trafiggendo il ventre scoperto. Tuttavia, come in tutte le tragedie greche alla quale la vicenda di Túrin è in parte ispirata, non può esserci un finale positivo. Il sangue velenoso di Glórund e i miasmi che il uso corpo rilascia fanno cadere Túrin a terra, privo di sensi. Níniel raggiunge suo marito e tenta di curarlo, perdendo però le speranze credendolo morto. Il drago, notando l’incontro fra i due, ridona alla fanciulla la memoria della sua identità: ella è Nienóri, figlia di Úrin, e tra le braccia sta stringendo il fratello. Non solo: è incinta. Mossa dall’orrore fugge e si lancia da una rupe, sotto gli occhi di Tamar Piedezoppo, uno degli uomini dei boschi. È lui il messaggero della tragica notizia a Turambar che ha ripreso coscienza. In un misto di incredulità e disperazione, Turambar lo uccide preso dall’ira, poi, fuori di sé, corre tra i boschi e trovata conferma della disgrazia si uccide a sua volta, gettandosi sulla sua spada Gurtholfin.

(segue a p. 3)