GLI ARAZZI DI AUBUSSON /4: Glórund parte alla ricerca di Túrin

L’acquerello di Tolkien

Il momento in cui  Glórund abbandona le caverne dei Rodothlim è proprio quello dipinto da Tolkien e finemente riprodotto nell’arazzo di Aubusson: possiamo ora avvertire la concitazione e l’aura di preannunciata sventura che sembrano racchiudersi nell’ombra scura di Glórund. 

L’iconografia del drago è davvero interessante: esso ha un corpo tozzo e segmentato con scaglie color bronzo. Il muso ricorda più un cavallo che un rettile, una caratteristica tipica delle maschere cerimoniali orientali e che si incontra nell’arco narrativo della creazione del mondo cinese nel Longma, un drago dalla testa equina che fu visto emergere dal fiume Luo dal mitico sovrano Fu Xi. Se il capo di Glaurung rimanda a un immaginario orientale, il corpo è ben più vicino ai dragoni dell’iconografia medievale come anche il suo carattere che lo rendeva «la più crudele di tutte le creature del Nemico»: quelle corna che ne dichiaravano l’appartenenza alle schiere demoniache valevano la loro sconfitta per mano di un eroe santificato.

Attorno a lui imperversa la distruzione, gli alberi perdono le foglie e attraversando il lago si creano delle imponenti nubi di vapore, proprio come raccontato dal Professore:

[il suo] ardore aveva reso deserti e squallidi tutti i luoghi della sua dimora […] dietro di lui si stende un deserto di desolazione».

Questo fenomeno viene descritto con ancora più dettaglio nel momento in cui il drago si avvicina alla rupe dove è appostato Túrin:

Anche le foglie degli alberi vicini s’accartocciarono al respiro del serpente

La colorazione dai toni caldi del corpo contrasta con l’ambiente freddo, il verde del muso evoca i miasmi velenosi che trasudano dal suo corpo. I tratti sinuosi delle montagne portano l’occhio verso la terrificante creatura che avanza, la vorticosità del periodo incombente viene evidenziato anche dalle onde e dalle rocce antistanti la spiaggia lacustre: sono tutte vere e proprie frecce visive che indicano verso il centro emotivo dell’evento, una sorta di rottura della quarta parete che scaglia lo spettatore al cospetto del pericolo che scaturisce dal mostro che avanza.  La storia di dolore e morte di Túrin ha la stessa sinistra bellezza dell’arazzo dell’Atelier Guillot. Il nipote di Tolkien, Adam, presente alla cerimonia di presentazione con la madre Baille in vece del padre Christopher, ha espresso la sua ammirazione dichiarando:

vedere gli acquerelli rappresentati su una scala così imponente, mentre la dimensione originale è quella all’incirca di un formato A4, non solo rende omaggio agli acquerelli di mio nonno: li trasfigura permettendo di ammirarne i più piccoli particolari

A partire dello sfondo il cielo è plumbeo e il sole che svetta in alto a sinistra non appare davvero riscaldare la scena. Le montagne hanno una loro immobilità che trasmette una serenità che contrasta fortemente con l’ingresso della caverna. La tana del mostro a sua volta iconograficamente ricorda l’entrata dell’inferno di un affresco medievale o la grotta di Grendel del Beowulf che, visto l’amore e la lunga storia del rapporto tra Tolkien e questo poema epico, non possiamo escludere sia stato addirittura un’ispirazione diretta. A rafforzare l’idea che si tratti di una commistione virtuosistica delle influenze culturali di Tolkien, vediamo ad incorniciare la scena un ricamo celtico degno di un intarsio cerimoniale.

Vi è dunque una tripartizione dello spazio con in alto forme acuminate e spigolose, che creano l’atmosfera, la caverna centrale spezza il ritmo con forme più sinuose e arrotondate che contrastano fortemente con il taglio orizzontale dell’acqua e lo spaventoso e maligno protagonista. Riconosciamo anche un’ulteriore tripartizione nella composizione, cromatica, perpendicolare alla prima: l’azzurro freddo a sinistra e a destra, l’arancione fiammeggiante di Glórund e dei riflessi sulle onde. Il drago è disposto a formare un triangolo rovesciato, un cono che porta l’occhio verso il centro dell’azione.

Queste accortezze compositive, unite al tratto sintetico, trasudante di influenze medievali e non solo, si uniscono alla tecnica con cui Tolkien ha realizzato questa illustrazione. Sono stati infatti sovrapposti diversi livelli di colore, i quali non sono stati disposti a caso bensì creano un’anteprima alla vicenda che possiamo giudicare incredibilmente coinvolgente dal punto di vista emotivo. 

Non mi resta che unirmi ammirata ad Adam Tolkien nell’affermare che gli artigiani di Aubusson hanno saputo ancora una volta tradurre tutto questo con le fila colorate della lana intessuta con l’amore per la tradizione che il professore di Oxford avrebbe tanto apprezzato.

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