di Cristina Casagrande
Questo testo è una parte riveduta e corretta dal libro A Amizade em O Senhor dos Anéis di Cristina Casagrande, che ci ha gentilmente permesso di pubblicarlo in italiano. Nel 2022 inoltre il libro sarà tradotto in inglese per la prestigiosa casa editrice Luna Press Publishing.
Per leggere la prima parte di questo testo, clicca qui.
È a Cirith Ungol che Sam affronta il suo peggior incubo: Shelob, il ragno gigante, ultima discendente di Ungoliant. Prima di questo, lo hobbit già aveva mostrato il suo coraggio precedentemente, vincendo numerosi ostacoli e così, già aveva rafforzato il suo carattere per la virtù del coraggio.
Dopo una lotta con Gollum, Sam torna a salvare il suo amico Frodo dal temibile aracnide, ma era già troppo tardi. In quel momento, restava solo lo hobbit giardiniere e Shelob e lui decide di affrontarla con le armi di cui dispone.
In terra, scintillante, giaceva la spada elfica, inutilizzata. Sam non perse tempo a domandarsi che cosa dovesse compiere, se un atto di coraggio, di lealtà o di collera. Balzò avanti con un urlo e afferrando con la mano sinistra la spada di Frodo, partì all’assalto. Nemmeno nel selvaggio mondo delle bestie si era mai visto un attacco così feroce, pari a quello di una piccola creatura disperata e armata dei soli denti, decisa ad atterrare una massa di corno e di pelle, china sul compagno caduto
Sam non ebbe molto da pensare. Agì per impulso. In quel momento era il pungiglione di Shelob contro Pungolo impugnato da Sam. Ma la sua scelta riflette, in gran parte, quelle fatte anteriormente. Il coraggio che ha dimostrato nel proseguire sulle Tumulilande, nel partire solo con Frodo e lasciarsi alle Compagnia dell’Anello alle spalle, nel superare le Paludi Morte e tante altre difficoltà che contribuirono a far prendere a Sam una decisione rapida ma coraggiosa, nella concitazione del momento.
Oltre a Pungolo, Sam prese anche, in un secondo momento, la fiala di Galadriel che stava con Frodo giacente là. La Fiala conteneva la luce di Eärendil, consacrata da Elbereth, Varda, la Regina dei Valar, signora della luce e delle stelle. Il dono della signora di Lothlórien a Frodo ora veniva utilizzato dal suo amico per vincere la maligna nemica, in un chiaro segnale di provvidenza divina.
Come se lo spirito indomato ne avesse rinforzato la potenza, la Fiala avvampò improvvisamente come una fiamma bianca nella sua mano.
Irradiava il bagliore di una stella fuggita dal firmamento che fende l’oscurità con indomabile fulgore. Mai un simile terrore piombato dal cielo aveva bruciato con tanta forza la faccia di Shelob.
Sam avanzò. Vacillava come un ubriaco, ma avanzava. E Shelob infine domata, sconfitta, fremeva e tremava cercando di sfuggirgli. Raggiunto il buco vi si infilò comprimendo la massa informe, lasciando un rivo di melma giallognola, mentre Sam vibrava un ultimo colpo contro le brancolanti gambe, prima di stramazzare in terra.
A partire da quel momento, con la sconfitta di Shelob, che si ritira e perde il suo ruolo nella storia, Sam dovrà affrontare una sfida ancora più grande: prendere una decisione davanti al suo padrone, che, per, lui, pareva essere morto. Sam, che non accettava di separarsi da Frodo in nessun momento, ora doveva intraprendere la scelta più dolorosa di continuare senza di lui.
In un primo momento, non voleva accettare l’apparente morte di Frodo.
«Frodo, Signor Frodo!», invocò. «Non mi lasciate qui solo!»
Ma, vedendo che non riusciva a rianimarlo, Sam passò per una lunga serie di “Impasse” davanti alla decisione che doveva essere presa. Senza il suo padrone avrebbe dovuto rivedere i suoi valori: ancor più dell’amore per il suo amico, il figlio del Gaffiere Gamgee sapeva che il suo dovere era compiere la missione e niente si sarebbe potuto fare per Frodo in quel momento. Per il giardiniere, l’erede di Bilbo aveva lasciato questo mondo.
«Che posso fare, che devo fare?», si disse. «Sono dunque giunto sin qui con lui inutilmente?». In quell’attimo gli parve di udire nuovamente la propria voce pronunciare parole che, allora, al principio del viaggio, non aveva comprese. «Ho qualcosa da fare prima della fine. Devo andare avanti sino in fondo, non so se mi spiego, signore.»
Dopo molte riluttanze, Sam prese una decisione, la più dolorosa che mai avrebbe immaginato di dover affrontare durante la missione:
«Se devo andare avanti», disse, «allora, col vostro permesso, ho bisogno di prendervi la spada, signor Frodo; ma al vostro fianco depongo quest’altra, che giaceva accanto al vecchio Re nel tumulo; e poi avete la bella cotta di maglia mithril del signor Bilbo. E la fiala-stella, signor Frodo, me l’avete prestata e ne avrò bisogno, perché ormai sarò sempre nell’oscurità. È troppo preziosa per me e dama Galadriel la donò a voi, ma forse comprenderà. Mi capite voi, nevvero, signor Frodo? Devo andare avanti.»
Ma questo processo, che già aveva richiesto del tempo, fu ancora più lungo affinché Sam arrivasse a prendere una decisione. Tra il volere e il dovere, Sam dovette scegliere il secondo, ma non senza molte sofferenze. Oltre a questo, lo hobbit non avrebbe solo abbandonato il padrone, a cui aveva giurato fedeltà, ma avrebbe preso l’Anello. Lasciarlo la significava il fallimento della missione. E su questo, Sam ha un altro lungo e doloroso dialogo interiore.
«Come? Io togliere l’anello dalla sua mano? Il Consiglio lo affidò a lui. […] la guerra è incominciata, e vi sono molte probabilità che sin da ora la sorte arrida al nemico. Assolutamente impossibile, dunque, tornare indietro col Coso per domandare consiglio o permesso. No, si tratta di sedere qui ad aspettare che mi vegano a uccidere sul corpo del padrone e si prendano l’Anello; oppure prenderlo io e partire».
Trasse un profondo respiro.
«Allora lo prendo io».
Similmente a Gollum, anche Sam ha i suoi dialoghi interiori. Ma diversamente dalla creatura degradata nell’aspetto, Sam si mantiene integro di carattere, perché non cerca sé stesso come fine, cerca il distacco dall’ego, per aprirsi all’amore, ossia, il bene dei suoi amici e del suo popolo. Paradossalmente, al dimenticarsi di sé stesso per un nobile ideale, non si divide né si corrompe come Gollum: al contrario, cresce.
L’atto di Sam è vero perché è volontario e perché è una decisione presa a partire da una scelta. Questo può essere fatto solo con l’uso della razionalità, il che implica il dominio delle passioni. Ed è questo dominio di sé che lo fortifica e lo porta a crescere, passando da Giardiniere a Mastro di sé stesso. La questione non è collegata, evidentemente, alla condizione di giardiniere, ma al dominio di sé, allo sviluppo personale come individuo, indipendentemente dal mestiere che egli esercita.
Ma le sue scelte, anche se nobili, non sono garanzie di vittoria contro l’Anello. Oltre questo, portano conseguenze per lo stesso nuovo proprietario dell’artefatto, anche se per un breve periodo. Per qualche momento, Sam si vede nella posizione di un potente conquistatore, ma rapidamente tale desiderio viene rigettato.
Infine, quando Sam capisce che Frodo è vivo, il suo calvario finisce. Insieme partono per il Monte Orodruin per distruggere l’Anello. E Sam ritorna alla condizione di fedele accompagnatore di Frodo, senza lamentele. Questo è dimostrato in uno dei momenti più difficili, nonché cruciali per Frodo, ne Il Ritorno del Re, quando non riesce più a camminare fino ai crepacci del Monte Fato. Innanzi a questa situazione, Sam non pensa a riprendere l’Anello per sé, ma allo stesso tempo non rinuncia alla sua promessa di aiutare il Portatore dell’Anello:
«Coraggio Signor Frodo». Gridò. «Non posso portare io l’Anello, ma posso trasportare voi ed esso insieme. Alzatevi! Suvvia, Signor Frodo, caro! Sam vi porterà in groppa. Ditegli dove deve andare, e lui vi andrà.»
Frodo già non riesce a rispondere di sé stesso, dipende quasi totalmente dal suo amico. Ed è in questo punto che Mastro Frodo lascia spazio a Mastro Sam. Afferma John Garth nel suo sito:
E allora la gerarchia si è ampiamente invertita. Frodo si muove verso una dipendenza infantile; lui presenta i problemi, Sam le soluzioni. Nella Prima Guerra Mondiale questo processo era lontano dall’essere atipico. Gli ufficiali ricevevano gli ordini per ragioni di grado, non perché erano soldati esperti o leaders; invece i soldati semplici o ordinari, avevano età, esperienza e saggezza che mancavano nei loro superiori.
E così che inizia la crescita di Samwise Gamgee: dimenticandosi di sé stesso, concentrato sulla missione, diviene Mastro di sé stesso, il principale eroe della storia. Il Signore degli Anelli, che, secondo l’autore ha come tema l’edificazione degli umili, sceglie il giardiniere per coronare tale ideale. Sam ritorna alla Contea ed è amato da tutti, diventa sindaco per ben sette volte, si sposa con Rosie Cotton, e ha molti figli con lei, come lascito al futuro.
Nel continuo del dialogo nelle scale di Cirith Ungol, quando gli hobbit divagano sul loro ruolo nella storia, vediamo l’ammirazione condivisa degli hobbit e il riconoscimento di Frodo dichiarato dalle sue parole, a cominciare da Sam:
«i grandi programmi importanti non mi si confanno. Eppure mi domando se un giorno ci metteranno nelle favole e nelle canzoni. La storia la stiamo vivendo, beninteso, ma chissà se ne faranno un racconto […] E la gente dirà: “Parlateci di Frodo e dell’Anello!” e poi dirà: “Si è una delle storie preferite. Frodo era molto coraggioso, nevvero Papà?”. “Si ragazzo mio, è il più famoso degli Hobbit, ed è dir molto”.» […]
«Sapessi Sam», disse [Frodo] «ascoltarti mi rende felice come se la storia fosse già scritta. Ma hai dimenticato uno dei personaggi principali: Samwise il cuor di leone. “Voglio che mi parli ancora di Sam papà. perché nel racconto hanno messo cosi poco delle sue chiacchere? È quel che mi piace, mi fa ridere. E Frodo non avrebbe fatto molta strada se non avesse avuto Sam, nevvero papà?”».
«Ora, signor Frodo», disse Sam, «non dovreste prenderla a ridere. Io parlavo seriamente».
«Anch’io» rispose Frodo.
© 2021 by Cristina Casagrande. Tradotto con il permesso dell’autore. L’articolo originale in portoghese brasiliano si può trovare qui
Traduzione di Paolo Sonis