Il Silmarillion
Tolkien, già negli anni ’60, aveva deciso che se fosse morto prima di completare Il Silmarillion, sarebbe stato Christopher ad ereditare questo incarico, se lo desiderava. Il testamento di Tolkien lo nominò come suo esecutore letterario, “con il pieno potere di pubblicare, modificare, riscrivere o completare qualsiasi mia opera non pubblicata alla mia morte o di distruggere la totalità o una parte o parti di qualsiasi opera non pubblicata che egli, a sua assoluta discrezione, riterrà opportuno” (23 luglio 1973).
Come Christopher disse a William Cater, egli era “la persona che più probabilmente sapeva cosa voleva e voleva dire Tolkien e la consapevolezza che voleva che io fossi il suo esecutore letterario mi ha dato la fiducia necessaria per farlo”. Assunse le sue nuove responsabilità poco dopo la morte del padre, avvenuta il 2 settembre 1973. Si ritirò dunque dalla vita di studi ad Oxford e iniziò a preoccuparsi di quelli che avrebbe chiamato “Tolk-biz”, gli affari commerciali del Tolkien Estate. Curò la Nomenclatura e revisionò Il Signore degli Anelli per la prima edizione tascabile britannica in tre volumi (Unwin Books, 1974) rilevando errori e omissioni, alcuni dei quali gravi.
Sembra incredibile che Christopher sia stato in grado di occuparsi di questioni che richiedevano molto tempo come queste, lavorando contemporaneamente non solo al Silmarillion incompiuto, ma anche alla pubblicazione delle traduzioni in inglese moderno di Tolkien di Sir Gawain e il Cavaliere Verde, Perla e Sir Orfeo (pubblicata nel 1975) e alla supervisione della biografia di Carpenter, scritta nel 1976, riscritta su insistenza di Christopher e pubblicata nel 1977. La sua energia era prodigiosa. Il Silmarillion, tuttavia, era il suo compito più urgente, e quel compito doveva iniziare con l’organizzazione dei documenti di Tolkien. Questi erano sopravvissuti in 70 scatole di materiale, in uno stato confuso, “con più inizi che conclusioni”. Furono necessarie centinaia di ore per metterle anche solo in un ordine preliminare, e solo alcune di esse riguardavano Il Silmarillion propriamente detto.
Non fu facile per lui decidere che forma avrebbe dovuto assumere un Silmarillion pubblicato. Poco dopo la morte del padre, furono rilasciate dichiarazioni ufficiali che dicevano che Il Silmarillion sarebbe stato un romanzo in due o tre volumi, preparato da Christopher, e che ci sarebbero voluti anni per assemblarlo. Tolkien non lo aveva completato; come scrisse Christopher, era ben lungi dall’essere un testo fisso, e non rimase immutato nemmeno in alcune idee fondamentali sulla natura del mondo che ritrae. Le stesse leggende venivano raccontate in forme più lunghe e più brevi, e in stili diversi. Con il passare degli anni i cambiamenti e le varianti, sia nei dettagli che nelle prospettive più ampie, divennero così complessi, così pervasivi e così stratificati che una versione definitiva sembrava irraggiungibile.
All’inizio, Christopher si avvicinò all’opera come se avesse dovuto ricreare un testo medievale da manoscritti diversi e varianti di interpretazione degli scribi, pensando di mostrare la “crescita incompiuta e ramificata” della creazione di suo padre. Ma presto si rese conto “che il risultato sarebbe stato così complesso da richiedere molto studio per la sua comprensione; e io temevo di schiacciare il Silmarillion sotto il peso della sua stessa storia”. Assistito per alcuni mesi dal giovane studente (poi autore di fantasy) Guy Gavriel Kay, Christopher decise allora di creare un unico testo, “scegliendo e disponendo i testi in modo tale che mi sembrasse di produrre la narrazione più coerente e internamente auto-consistente”. “Qua e là ho dovuto sviluppare la narrazione a partire da note e bozze”, ha spiegato; “ho dovuto fare molte scelte tra versioni concorrenti e fare molti cambiamenti di dettaglio; e negli ultimi capitoli (che erano stati lasciati quasi intatti per molti anni) ho dovuto renderlo coerente. Ma essenzialmente quello che ho fatto è stato un lavoro di organizzazione, non di completamento”. In seguito ebbe dei ripensamenti su questo approccio, ma in ogni caso produsse ciò che i lettori e l’editore di Tolkien si aspettavano. Probabilmente un libro in forma non narrativa non sarebbe diventato un best-seller quanto Il Silmarillion. Così com’era, l’opera era legata al Signore degli Anelli, rappresentandone il retroterra storico e mitologico, ma di un ordine stilisticamente diverso, più arcaico nel linguaggio, con una vasta portata cronologica e geografica.
Con la pubblicazione de Il Silmarillion, finalmente nel 1977, a completamento della grande saga della Terra di Mezzo che Tolkien aveva immaginato, un editore avrebbe potuto considerare il suo lavoro alla fine. Ma Christopher durante il processo scoprì che gli piaceva studiare lo sviluppo delle creazioni del padre, e che c’era ancora molto di interessante nel vasto archivio di carte.
The History of Middle-earth
Già alla fine del 1976 – quando ormai si era trasferito in Francia – Christopher informò Rayner Unwin che stava lavorando all’ennesimo libro che accompagnasse Il Silmarillion: si trattava sicuramente di Unfinished Tales of Númenor and Middle-earth (1980). La motivazione per l’aggiunta di questo nuovo materiale era che esso era inedito, e probabilmente di particolare interesse per i lettori – come lo era per lui – al di là della semplice scoperta di dettagli curiosi. Egli riconosceva che suo padre “non si sarebbe mai sognato di permettere che anche le narrazioni più complete… apparissero senza ulteriori perfezionamenti”, eppure la loro qualità e la loro portata di immaginazione ne richiedevano la pubblicazione.
Qui Christopher è tornato al suo concetto originale per Il Silmarillion, in cui presentava i testi del padre interconnessi con il commento; non c’è alcun tentativo in Unfinished Tales di combinare gli scritti in un insieme completo. Anche qui, per la prima volta, si potrebbero leggere scritti sulla Terra di Mezzo, abbozzati o abbandonati, che contrastano con la “storia” stabilita in opere pubblicate come Il Signore degli Anelli. Il lettore di Unfinished Tales, ammoniva Christopher, doveva accettare che all’interno dei manoscritti inediti di Tolkien la storia non era una realtà fissa e indipendente che l’autore “riporta” (nella sua “persona” di traduttore e redattore), ma una concezione crescente e mutevole nella sua mente.
“La storia della sua invenzione”, cioè lo sviluppo del Silmarillion e delle opere connesse, è stato oggetto di “uno studio interamente ‘privato’, senza intenti di pubblicazione: un’indagine e un’analisi esaustiva senza tralasciare alcun dettaglio. Questo studio iniziò dopo la pubblicazione del Silmarillion, e Christopher produsse più di 2.600 pagine dattiloscritte; e fu da questo studio che emerse una storia pubblicata della costruzione della Terra di Mezzo, dal periodo della Grande Guerra fino alla morte di Tolkien, considerata cronologicamente (per quanto la sequenza potesse essere determinata) e con commenti, note e glossari di esperti.
Christopher aveva inizialmente progettato una serie di quattro volumi, che furono i primi quattro della History of Middle-earth: il successo dei quattro libri spinse la Allen&Unwin e Christopher Tolkien a proseguire andando oltre gli scritti sulla Prima Era antecedenti agli anni ‘30 e a esplorare la composizione de Il Signore degli Anelli e gli scritti successivi. I lettori più giovani oggi vedranno la Storia della Terra di Mezzo come un insieme compiuto, ma a quelli di noi che l’hanno letta così come si è diffusa, ha offerto sorpresa dopo sorpresa. Nel dodicesimo e ultimo volume, The Peoples of Middle-earth, Christopher spiega che la History of Middle-earth, “in un certo senso”, è un resoconto della vita di suo padre, perché la vita di Tolkien era stata proprio questo, la costruzione incessante che Christopher aveva fotografato.
Non tutte le recensioni della Home furono incoraggianti. Ce n’erano sempre meno con il progredire della serie, con critici stanchi che si lamentavano del fatto che Christopher stava raschiando il fondo del barile letterario. Infatti La Storia della Terra di Mezzo non contiene tutto ciò che Tolkien ne ha scritto. Christopher è stato intenzionalmente selettivo, per mantenere la lunghezza dei volumi entro i limiti della ragione, anche se la serie è cresciuta ben oltre la sua concezione originale; in particolare sono stati omessi la maggior parte degli scritti di Tolkien in o sulle sue lingue inventate. L’opera ha anche creato una questione di “canone”: se Lo Hobbit e Il Signore degli Anelli erano, al momento della pubblicazione (o della revisione), testi “fissi” nei loro dettagli interni, i testi contenuti nella History of Middle-earth mostrano numerose revisioni che addirittura possono delegittimare il Silmarillion pubblicato da Christopher.
Cos’era canonico e cosa no negli eventi della Terra di Mezzo? Christopher asseriva che in realtà tutto ciò che suo padre scriveva era “canonico”, cioè parte del tutto; ma per altri la domanda era se i testi di Unfinished Tales o della Storia della Terra di Mezzo potessero essere usati per ingrandire il quadro del mondo inventato da Tolkien, come se fosse un luogo reale. Per farlo tuttavia, ci diceva Christopher, bisognava scegliere, creando così qualcosa di artificiale: la creazione del lettore e non dell’autore – e questo non era il suo scopo. La storia della Terra di Mezzo “è stata concepita per illustrare non un disegno fisso, ma una creazione vivente, e il processo con cui Tolkien le ha dato vita”.