In difesa di Vittoria Alliata di Villafranca

Altrove

In alcuni casi, le decisioni prese si distaccano un po’ dalle traduzioni precedenti. Tutte sono state pensate e ripensate, cercando sempre di individuare il termine che, nell’opinione di tutti i membri del Consiglio, Tolkien avrebbe scelto se avesse scritto in portoghese. Con questo obiettivo in mente, il Consiglio cerca di consultare, in primo luogo, il testo “Nomenclatura de Il Signore degli Anelli” o “Guida ai nomi de Il Signore degli Anelli”, scritti da Tolkien stesso e pubblicati in diverse raccolte. Nella Guida, l’autore chiarisce che cosa poteva o doveva essere tradotto della nomenclatura dei suoi libri e cosa invece voleva che rimanesse intatto.

L’iscrizione in bianco significa “La Terra di Mezzo è nostra”.

Purtroppo per noi, il nuovo traduttore o i curatori della traduzione o la casa editrice italiani di Tolkien non hanno mai speso delle parole così.
Grazie a Veronica Carbonetto, che ha tradotto dal portoghese, ho potuto leggere l’intera nota della Harper Collins Brasil (da cui viene la citazione precedente) che chiarisce ai tolkieniani brasiliani la questione in merito alla nuova traduzione che loro, traduttori ufficiali di Tolkien, stanno portando avanti appunto in Brasile per mezzo di un “Consiglio” composto da “Samuel Coto (dirigente editoriale della Harper Collins Brasil), Ronald Kyrmse (tolkienista, membro da quasi 40 anni di The Tolkien Society e traduttore di oltre una decina di libri di Tolkien), Reinaldo José Lopes (giornalista, autore e traduttore con master e dottorato incentrato sulla traduzione di Tolkien) e Gabriel Oliva Brum (traduttore letterario specializzato nel genere fantastico)”.

Tale nota è pubblicata sul sito Tolkien Brasil ed i dettagli verranno presto pubblicati e resi noti per intero su questo stesso sito, ma ci sono nel frattempo delle cose da notare.
In Brasile attualmente sta accadendo l’esatto opposto di quanto accade da noi. Una vecchia traduzione, tutt’altro che filologica e rispettosa di Tolkien, sta per essere messa da parte in favore di una curata dagli editori ufficiali della Tolkien Estate, che non ha affidato tutto a un “traduttore di lungo corso”, ma a una squadra di specialisti. I quali, per spiegare come si lavora, fanno un esempio piuttosto “curioso”, se vogliamo:

“È stato per questo che le traduzioni, in tutti i paesi del mondo, in maggiore o minor grado, hanno fatto diversi adattamenti di nomenclatura. Cosa dire, ad esempio, della traduzione italiana de Il Signore degli Anelli (1967) in cui, per discrezionalità della traduttrice, si è optato per non tradurre Orc con il corrispondente Orco, ma con il suo diminutivo Orchetti? Si è trattato, indubbiamente, di una traduzione adattata. E tale adattamento è stato approvato dallo stesso Tolkien, che si è spinto ad elogiare la scelta.”

Il testo prosegue poi:

Infine, è impossibile determinare con totale certezza quale sarebbe stata la preferenza di Tolkien per la traduzione o l’adattamento di alcuni termini, visto che lui non può più fare tale valutazione. Ma – basandoci sulle altre traduzioni – compresa quella italiana già citata, che ha goduto dell’approvazione dell’autore e che ha preferito utilizzare il diminutivo della parola Orco (Orchetti) a causa di un’interpretazione completamente soggettiva sulla dimensione fisica delle creature di Tolkien, a dispetto del suo significato originale in inglese antico – avendo come riferimento le direttive dell’autore stesso e, fino a questo momento, considerando l’assenza di conclusioni oggettive in relazione alle poche critiche ricevute dalla nuova traduzione, siamo fiduciosi di aver prodotto un progetto editoriale il più possibile coerente con la proposta di Tolkien.

La Harper Collins brasiliana ha chiaramente come esempio per la traduzione e come comportamento da seguire la principessa Vittoria Alliata di Villafranca, la quale tradusse non solo cinquant’anni or sono e con i mezzi tecnici limitatissimi dell’epoca, ma anche da sola e non sapendo nulla di Tolkien.

La sua fu davvero un’avventura improvvisata, ma il risultato è assolutamente fuori discussione, almeno agli occhi di chi conosce Tolkien e la storia che c’è dietro. Che la traduzione dell’Alliata fosse stata approvata da Tolkien, è dunque sostenuto esplicitamente dalla Harper Collins, per la quale lei è un esempio di rispetto del testo e delle volontà dell’autore. Non penso si possano dare prove più chiare di quelle fornite in merito alla stima che Tolkien un tempo e la Tolkien Estate oggi hanno di lei.
Se poi ci si chiede in che cosa consistette l’approvazione di Tolkien, non servono grandi ricerche. È sufficiente consultare i capitoli dedicati al tema in Tolkien e l’Italia di Oronzo Cilli, dove si dimostra documenti alla mano in che modo Tolkien approvasse le traduzioni o le respingesse, nonché le basi, sempre documentarie, secondo le quali Tolkien l’italiano lo conosceva, aveva amici italiani professori di Oxford cui chiedere un aiuto o un consiglio e cui aveva anche sottoposto la traduzione per un controllo. L’approvazione di Tolkien in persona, inoltre, riguardava soprattutto la nomenclatura, ad oggi pubblicata ed a disposizione di tutti nel volume di W. Hammond e C. Scull The Lord of the Rings: A Reader’s Companion. In sostanza si tratta di una lista di nomi de Il Signore degli Anelli che Tolkien spiega, uno per uno, dicendo se va tradotto o no, perché e come. La principessa Alliata seguì tutte le indicazioni di Tolkien, e, come spiegato sopra, ogni termine che nella sua traduzione non corrisponde alla volontà dell’autore è dovuto alla (doppia) curatela di Quirino Principe. Invece, sappiamo che il nuovo traduttore, con tutta evidenza non scelto da Bompiani assieme alla Tolkien Estate, non sta seguendo molto le indicazioni del Professore su come il testo andrebbe tradotto o no. Il caso più eclatante di cui siamo a conoscenza è quello menzionato da Cardini di nuovo durante il convegno del 17 gennaio al Senato: Hobbiville. Secondo Fatica, che lo dice nella sua famosa intervista a Repubblica, tradurre Hobbiton con Hobbiville è come tradurre Superman con Nembo Kid. Peccato che Hobbiton significhi hobbit+village, e di qui Hobbiville, la traduzione dell’Alliata. Questa è una cosa che dice Tolkien, non altri, proprio nella nomenclatura del Signore degli Anelli. Per il resto, Fatica sembra alquanto confuso:

I termini elfici rimangono in elfico. Sul resto, c’è da riflettere. Bisogna capire se lasciare quasi tutto in inglese o provare a ricreare in italiano il nome di un luogo o di un personaggio con un termine evocativo, come quando si indica una valle profonda o un guerriero grande e grosso.

A parte i termini elfici che rimangono in elfico (con buona pace di Khuzdul, Antico Inglese di Rohan e Linguaggio Nero) e il guerriero “grande e grosso” (non sarebbe questa una delle espressioni da derubricare tra i cinquecento errori a pagina per millecinquecento pagine?), il nuovo traduttore non è stato informato che tutto quel che gli serve è nella nomenclatura di Tolkien e nell’Appendice in merito ai nomi ne Il Signore degli Anelli? Perché o non conosce queste cose o le ignora volutamente.

7 Come afferma di sé stesso Wu Ming 4 all’inizio della sua recensione al testo tra gli altri di Oronzo Cilli Tolkien l’esperantista (pubblicata sempre sul sito dell’AIST): “La recensione che segue nasce all’ombra di un pregiudizio culturale.”

8 È un’affermazione del mio professore di storia della filosofia antica Maurizio Migliori, sessantottino di sinistra e lettore di Tolkien della prima ora, fatta nel contesto di una mia intervista pubblicata sul sito STI.