C’è un momento che risulta affine a molti fan di Tolkien; che si tratti di lettori oppure appassionati delle trilogie jacksoniane, o entrambe le cose, ci accomuna tutti.
Apri un libro o guardi un film pensando di entrare in un mondo lontano e fantastico… e invece ti accorgi di essere tornato a casa!
Quella sensazione non è semplice entusiasmo narrativo. È longing: una nostalgia dolce, ferita e promessa insieme, per un luogo che non abbiamo mai abitato, eppure, riconosciamo.
Tolkien l’ha messa nel cuore dei suoi mondi. Gli Elfi ne sono l’immagine più esplicita, perché il cuore di ogni Elfo è sempre rivolto a Valinor.
Quel richiamo verso l’Ovest non è poesia decorativa, è una bussola esistenziale.
Quando Legolas sente il grido dei gabbiani a Pelargir, si risveglia in lui il “sea-longing”, il desiderio del mare, che rappresenta la nostalgia degli Elfi per le Terre Immortali. Legolas dice:
“Il Mare! Ahimè! Ancora non l’ho visto. Ma in fondo al cuore di tutti i miei simili alligna il desiderio del Mare, che risvegliare è pericoloso. Ahimè! per colpa dei gabbiani non avrò più pace sotto il faggio o sotto l’olmo.” (Il Ritorno del Re, “L’Ultima Consulta”)
Questa è solo una delle tante citazioni sul tema di questa eco del ritorno che troviamo nel legendarium tolkieniano. Pensiamo al Silmarillion; ne è intriso.
Fandom è comunità della “nostalgia condivisa”
Dunque, eccoci qui. Il fandom non esiste solo perché amiamo un mondo immaginario. Esiste perché in quel mondo sentiamo qualcosa di nostro.
Per molti di noi, Tolkien è casa. Una casa trovata più che inventata. È un riconoscersi.
Vale per chi ha letto Lo Hobbit negli anni Settanta e per chi ha scoperto la Terra di Mezzo guardando su uno schermo Frodo procedere verso Mordor.
Anzi, chi è arrivato grazie ai film di Peter Jackson porta spesso una nostalgia ancora più immediata. Le immagini, le voci, la musica di Howard Shore hanno dato volto e respiro a quel richiamo interiore.
Le parole ci restano dentro: «Non vi dirò: non piangete; perché non tutte le lacrime sono un male» dice Gandalf rivolgendosi agli Hobbit ai Porti Grigi.
Lì il longing non è spiegato: è vissuto. E il fandom nasce proprio in questo riconoscimento tra sconosciuti: quando diciamo “Contea”, e qualcuno capisce.
Gli Elfi come specchio del lettore
Gli Elfi sono la rappresentazione visibile del longing.
Guardano a Ovest perché sanno che esiste una bellezza da cui sono separati, e che non basta amare per possederla.
Noi lettori li capiamo più di quanto sembri.
Quando rileggi Il Signore degli Anelli o rifai il rewatch della trilogia di Jackson, solo per sentire “quel profumo di casa”, stai provando lo stesso sentimento.
Quando alla fine dello Hobbit Bilbo dice: «Sono tornato», ma scopre che qualcosa in lui è cambiato per sempre, sentiamo che non è solo un personaggio a parlare. In quel “sono tornato” non parla solo Bilbo. Siamo noi che abbiamo capito di non essere più gli stessi dopo aver viaggiato nella Terra di Mezzo.
Bilbo e Frodo: longing come viaggio e ferita
Bilbo parte perché qualcosa dentro di lui lo spinge oltre la porta di casa. Frodo torna, ma non riesce più a vivere nella Contea, perché in lui qualcosa è cambiato troppo in profondità.
Molti fan conoscono entrambi i lati di questa esperienza: lasciarsi portare via da un’avventura e poi avvertire la nostalgia quando finisce.
Quando arriviamo alla fine del libro, o della trilogia cinematografica, sempre proviamo quel leggero vuoto. Ecco, lo sto vivendo: “mi manca qualcosa…”, quello è longing.
Perché Tolkien ci chiama anche oggi
Tolkien non descrive questo sentimento per “decorazione romantica”. Lo conosceva nel profondo: nostalgia per mondi perduti, lingue antiche, fame di bellezza, ferite di guerra, memoria di un bene smarrito.
I suoi personaggi sentono sempre “qualcosa oltre” – e noi con loro. Ecco perché il fandom tolkieniano, (a volte tra mille polemiche!) resiste: perché non è fondato solo su storie e prodotti, ma sul riconoscimento emotivo.
Che tu abbia incontrato Tolkien con la lettura delle opere o attraverso Aragorn che apre le porte del Fosso di Helm, condividi quella stessa calda nostalgia.
Una conclusione che guarda avanti
Forse amiamo Tolkien non perché ci fa evadere, ma perché ci fa tornare. Tornare a un sentimento che ci orienta verso il bene, verso la meraviglia, verso la possibilità che esista un luogo in cui tutto ciò che è triste troverà riscatto.
Il longing non è debolezza. È il filo invisibile che ci tiene uniti come lettori, spettatori e sognatori.
E forse il segreto del fandom tolkieniano è proprio questo: non siamo qui solo per storie epiche, ma perché – anche noi – abbiamo sentito, per un attimo, la memoria di una casa perduta.
Napoletana, Classe '76. Mamma con un diploma da insegnante nel cassetto. Appassionata frequentatrice e fruitrice di cinema, videogiochi, serie tv, libri, musica. Incontra per la prima volta John Ronald Reuel Tolkien molto giovane, grazie a una cara amica. Entrata in questo grande gruppo di appassionati e professionisti grazie all’amico Giuseppe Scattolini, oggi fa parte dei coordinatori e collabora alla cura del gruppo revisori, del sito e delle pagine social di Tolkien Italia.


