di Will Sherwood
Nel bosco
Stephen Sondheim, Into The Woods (1986)[1]
È ora di andare
Odio partire,
Devo andare
Nel bosco-
È ora, e così
Devo cominciare il mio viaggio.
Ho letto di recente il libro di John Garth I mondi di J.R.R. Tolkien (2020). Tra i molti passaggi con cui mi trovo in sintonia, le osservazioni di Garth sul Sinuosalice e sulle origini del Vecchio Uomo Salice mi hanno ricordato di una recente passeggiata che ho fatto intorno alle paludi di Westbere a ovest di Canterbury, nel Kent (Regno Unito). Tolkien soffriva di quella che egli chiamava la «sonnolenza di Oxford», una stanchezza che associava al paesaggio fluviale della città1. Le paludi di Westbere si trovano vicino al fiume Stour e questa sensazione simile alla trance permea sicuramente la riva del fiume proprio come presumibilmente faceva il fiume Cherwell nell’Oxfordshire secondo Tolkien.
Spero almeno che Tolkien non sia stato morso da mostruosità volanti tanto quanto me.
Comunque, avanti con il capitolo! Gli hobbit lasciano finalmente la Contea e si dirigono nella Vecchia Foresta.
Voglio immergermi di nuovo in quello che succedeva con la vita della foresta. Qui ci sono Entesse oppure no? Se no, allora che cosa sono? Tolkien commenta il destino delle Entesse due volte nelle sue lettere: la prima volta lo fa in una lettera a Naomi Mitchison del 25 aprile 1954:
Io penso che in realtà le Entesse siano definitivamente sparite, distrutte con i loro giardini durante la guerra dell’Ultima Alleanza (Seconda Era 3429-3441) quando Sauron perseguiva una politica di terra bruciata e incendiò le loro terre per fermare l’avanzata degli alleati lungo l’Anduin. Esse sopravvivono solamente nell’agricoltura trasmessa agli Uomini (e agli Hobbit). Ovviamente, alcune possono essere fuggite a est, o ridotte in schiavitù: i tiranni, anche in questi racconti, hanno bisogno di risorse economiche e agricole per i loro soldati e armaioli. Se così ne fossero sopravvissute alcune, sarebbero decisamente estraniate dagli Ent[2].
Nella modalità di un vero “scopritore” e studioso di antichità, Tolkien specula solamente riguardo all’esistenza delle Entesse. La sua menzione parentetica degli Hobbit, almeno, ci permette di rimuginare sulla loro connessione con la Vecchia Foresta. Lo stesso Barbalbero suggerisce a Merry e Pipino che alle Entesse «piacerebbe il vostro paese»[3], il che fornisce maggiore supporto alla teoria secondo la quale la Vecchia Foresta consiste almeno di qualche Entessa. Tolkien riecheggia ulteriormente i pensieri di Barbalbero sull’annerimento del cuore di un albero, nella bozza estesa non inviata della sua lettera a Rhona Beare del 14 ottobre 1958. È possibile che a causa di schiavitù, abuso, tortura per mezzo del fuoco e altri maltrattamenti le Entesse siano diventate selvagge e piene d’odio. Anche nella prima versione de La Vecchia Foresta, Tolkien chiarisce che gli alberi della foresta sono ultraterreni per gli hobbit:
Essi di solito attaccavano la Siepe tanto tempo fa, venivano e si piantavano proprio lì vicino e si appoggiavano su di essa. Ma noi abbiamo bruciato il terreno tutto intorno al lato est per miglia e si sono arresi[4].
L’incendio della siepe sopravvive fino all’edizione pubblicata. Ricordando le speculazioni di Barbalbero, potremmo forse sfidare la percezione degli hobbit di questi eventi considerando che le Entesse erano interessate solo alla terra fertile della Contea. Il comportamento aggressivo degli hobbit avrà scatenato, senza dubbio, i ricordi dei roghi che Sauron inflisse durante la Guerra dell’Ultima Alleanza, confondendo le loro percezioni di quello che costituisce un orco e uno hobbit.
Potremmo estendere ulteriormente questa linea suggerendo che l’orco è un insieme di atti performativi o credenze; un comportamento corrotto, crudele e privo di empatia:
Stiamo tentando di sconfiggere Sauron usando l’Anello. E (sembra) ci riusciremo. Ma il prezzo da pagare sarà, come sai, la generazione di nuovi Sauron, e la lenta trasformazione di Uomini ed Elfi in Orchi…. noi avevamo molti Orchi dalla nostra parte fin dall’inizio[5].
Nonostante Tolkien rifiutasse che le persone vedessero Il Signore degli Anelli come un’allegoria, egli utilizza frequentemente le sue creazioni come allegorie nelle sue lettere.
Questo capitolo, sebbene abbia subito alcuni cambiamenti, ha visto meno attenzione e sviluppo rispetto ai capitoli precedenti. Christopher stesso commenta che «è in tal caso notevole che questo testo raggiunga in un colpo solo la narrazione come pubblicata ne La Compagnia dell’Anello»[6]. Le versioni dalla Fase 2 alla 4 sono relativamente le stesse in struttura e tono. I dettagli minori come chi viene trascinato sottoterra dall’Uomo Salice (Fasi 1-2) / Vecchio Uomo Salice (dalla Fase 3 in poi) e chi viene spinto nel fiume dominano le note di Christopher. La quiete misteriosa che permea la Vecchia Foresta passa dalla prima versione fino alla versione pubblicata. Il futuro della storia è un po’ diverso nella prima versione, poiché all’inizio Tolkien pianificò per gli hobbit di viaggiare attraverso la Vecchia Foresta, sui Tumulilande e poi a casa di Tom Bombadil, ma tutto ciò non ha visto un’ulteriore sperimentazione. Nel complesso, il capitolo era abbastanza sicuro e sistemato sin dall’inizio.
Note
[1] Garth, John, The Worlds of J.R.R. Tolkien, Princeton: Princeton University Press, 2020, p. 105-106.
[2] Tolkien. J.R.R., Lettere 1914-1973, Bompiani, 2018, p. 284.
[3] Tolkien, J.R.R., Il Signore degli Anelli, Bompiani, 2003, p. 594.
[4] Tolkien, J.R.R., The History of Middle-earth: The Return of the Shadow, a cura di Christopher Tolkien, 1988, p. 111.
[5] Tolkien. J.R.R., Lettere 1914-1973, op. cit., p. 126.
[6] Tolkien, J.R.R., The History of Middle-earth: The Return of the Shadow, op. cit., p. 112.
© 2020 by Will Sherwood. Translated with the permission of the author. Will’s original post in English can be found here: https://www.will-sherwood.com
Traduzione di Francesca Marini