“The Green Knight”: il poema amato da Tolkien al cinema

Il trailer

Dal trailer ufficiale del film possiamo scorgere alcuni dettagli interessanti, che riportano ai temi dell’opera originaria dal quale è tratto ma anche ad alcuni elementi narrativi (il viaggio pericoloso, il meraviglioso e il soprannaturale che irrompono nella quotidianità, la foresta, la tentazione) che ricorrono in un’altra opera filmica, la trilogia del Signore degli Anelli di Peter Jackson (2001; 2002; 2003).

Il trailer si apre subito con la vista del Castello di Re Artù e Galvano che, severamente, accede nella sala della Tavola Rotonda; il tutto è immerso in un’atmosfera nebbiosa, misteriosa, noir, di ambientazione dark-fantasy, che verrà accentuata dall’arrivo dello strano cavaliere color smeraldo. Fanno seguito alcune immagini significative, la cui visione dura soltanto alcuni secondi, ovvero un timbro regale in cera, circolare e di colore verde, che viene impresso su una lettera e, a sostituirlo, un oculo dal quale penetra la debole luce del Sole (verosimilmente posto nella cupola della Sala della Tavola Rotonda); il primo rimanda sia al colore verde dell’antagonista di Galvano, il Green Knight appunto, sia (insieme alla forma dell’oculo) al viaggio circolare che l’eroe protagonista

dovrà compiere per la propria maturazione e crescita in quanto uomo e cavaliere. Sono queste le tematiche sulle quali vale la pena soffermarsi maggiormente, il viaggio ciclico dell’eroe e la natura del Green Knight, data l’importanza che avranno nella narrativa del film. In sottofondo la voce di re Artù che invita i presenti, durante il pranzo, a intrattenere lui e la regina Ginevra con il racconto di una storia mitica o di una grande impresa: «Friends, brothers and sisters, who can regale me and my Queen with some myth or tale?».

Mentre Artù parla assistiamo a quella che sembrerebbe una scena rituale, quattro figure incappucciate e inginocchiate (dalle vesti color verde-oro, entrambi colori che rimandano al romance di Galvano e all’incontro con il Cavaliere Verde), attorno a un piccolo cerchio di terra attorniato da rami, dal quale emerge spontaneamente e come per magia, tra alcune ceneri, una piccola pianta, simbolo della crescita, rinascita e forza vitale della natura, un richiamo alla scena del Cavaliere e della decapitazione che segue.

Infatti, quando Artù termina la sua domanda, ecco sopraggiungere nel salone una gigantesca figura: un Cavaliere enorme, dalle forme antropomorfe ma nel contempo soprannaturali, poiché interamente verde, colore che lo caratterizza completamente, è infatti il colore della sua pelle, dei suoi capelli, della sua armatura,della sua grande ascia e perfino del suo cavallo.

Fatto il suo ingresso il Cavaliere Verde invita uno qualsiasi dei cavalieri del re a sferrargli un colpo, salvo poi comparire dinanzi a lui fra un anno per ricevere il medesimo colpo: «Oh, greatest of kings, let one of your knights try to land a blow against me. Indulge me in this game». Una sfida mortale che Galvano accetta: con un colpo della sua spada decapita la creatura vermiglia ma questa recupera la testa sanguinante e intima all’eroe di presentarsi presso la sua dimora (la “green chapel”) entro un anno («one year hence»), per poi abbandonare al galoppo il Castello di Re Artù, con una risata agghiacciante.

È questa la scena che farà da filo conduttore all’intera quest di Galvano.

Altro simbolo medievale che compare nel trailer è quello della ruota delle stagioni: Gawain dovrà infatti presentarsi alla “cappella verde” a un anno esatto dall’incontro con l’imponente Cavaliere. «Another year nearly gone already (“Un altro anno, ormai, se ne è già andato”)», dice re Artù al nipote Gawain. Qui ci troviamo di fronte a un altro aspetto del poema: la sua dimensione temporale «ciclica, stagionale, rituale e religiosa; è l’anno che passa tra Capodanno e Capodanno, dove le stagioni si susseguono l’una all’altra da inverno a inverno».1 Ciclo dell’anno che vediamo esemplificato e descritto in due stanze del poema (vv. 500-535), che secondo l’Histoire de la Littérature anglaise di Louis Cazamian ed Émile Legouis anticiperebbero Tennyson.2 Le proponiamo qui nella traduzione di Emilio Patavini, precedute dal testo in medio inglese:

«Forþi þis Ȝol ouerȝede, and þe ȝere after,
And vche sesoun serlepes sued after oþer:
After Crystenmasse com þe crabbed lentoun,
Þat fraystez flesch wyth þe fysche and fode more symple;
Bot þenne þe weder of þe worlde wyth wynter hit þrepez,
Colde clengez adoun, cloudez vplyften,
Schyre schedez þe rayn in schowrez ful warme,
Fallez vpon fayre flat, flowrez þere schewen,
Boþe groundez and þe greuez grene ar her wedez,
Bryddez busken to bylde, and bremlych syngen
For solace of þe softe somer þat sues þerafter
bi bonk;
And blossumez bolne to blowe
Bi rawez rych and ronk,
Þen notez noble innoȝe
Ar herde in wod so wlonk.

After þe sesoun of somer wyth þe soft wyndez
Quen Zeferus syflez hymself on sedez and erbez,
Wela wynne is þe wort þat waxes þeroute,
When þe donkande dewe dropez of þe leuez,
To bide a blysful blusch of þe bryȝt sunne.
Bot þen hyȝes heruest, and hardenes hym sone,
Warnez hym for þe wynter to wax ful rype;
He dryues wyth droȝt þe dust for to ryse,
Fro þe face of þe folde to flyȝe ful hyȝe;
Wroþe wynde of þe welkyn wrastelez with þe sunne,
Þe leuez lancen fro þe lynde and lyȝten on þe grounde,
And al grayes þe gres þat grene watz ere;
Þenne al rypez and rotez þat ros vpon fyrst,
And þus ȝirnez þe ȝere in ȝisterdayez mony,
And wynter wyndez aȝayn, as þe worlde askez,
no fage,
Til Meȝelmas mone
Watz cumen wyth wynter wage;
Þen þenkkez Gawan ful sone
Of his anious uyage»

«Anche Natale quindi passò, e l’anno dopo,
ogni stagione si susseguì all’altra secondo il suo turno:
venne Quaresima, scostante, dopo Natale,
che con il pesce e più magro cibo la carne prova;
ma poi il tempo del mondo muove guerra all’inverno,
sprofonda il freddo da basso, si innalzano in cielo le nubi,
a scrosci cade l’aurea pioggia che tutto scalda,
sulle piane si posa, laddove si aprono i fiori
il suolo e la selva di verde sono vestiti,
gli uccelli accorrono a fare il nido, e cantano a festa
è per loro diletto la dolce estate che dopo viene
sui declivi,
e sbocciano i fiori
su prospere siepi,
nobili e innumeri canti
si odono poi nel florido bosco.

Dopo la stagione dell’estate con le sue brezze leggere,
quando Zefiro soffia sui semi e sulle erbe spira,
felice assai è la pianta che all’aperto cresce,
quando dalle foglie umide irrorano gocce di rugiada,
per attendere un beato barlume del brillante sole.
Ma incalza poi l’autunno, e presto la (pianta) rassoda,
di farsi matura l’avverte, in vista dell’inverno;
con l’arsura la polvere spazza via, finché si leva
alta in volo dalla faccia della terra;
contro il sole il vento lotta furioso nel cielo,
le foglie spicca dal tiglio e a terra cadono,
e ingrigia tutta l’erba che prima era verde;
e tutto quel che era cresciuto ora matura e marcisce,
l’anno fugge così in molti ieri,
e l’inverno riappare di nuovo, come si richiede al mondo,
senza eccezione alcuna,
finché con la luna dell’arcangelo Michele
fu giunto il tempo della promessa (fatta) d’inverno;
allora Gawain pensa ben presto
all’arduo suo viaggio»

Traduzione di Emilio Patavini

Dal trailer possiamo intuire che nel film il ciclo delle stagioni verrà elevato a metafora della struttura del viaggio “circolare” dell’eroe, quella quest che si appresta a compiere e che comporterà il ritorno a casa, al punto di partenza, dopo una serie di prove superate, che consistono sia in prove di coraggio che di resistenza alla tentazione (nel romance, alla tentazione femminile rappresentata da Lady Bertilak). Il viaggio di Galvano, nucleo tematico del film, è quindi possibile leggerlo come un rito di iniziazione, obbligatorio, che il nipote di Artù accetta con spirito di sacrificio, perché è per l’onore che «a knight does what he does» (ma è una scelta che sottende un messaggio cristiano, probabilmente più evidente nel romance anche grazie all’analisi di Tolkien, ad esempio nell’accettazione delle proprie debolezze, nel rispetto della parola data al Cavaliere Verde, nella lealtà verso il proprio re e i suoi compagni cavalieri, nella resistenza e lotta alle tentazioni quindi, al Male).

La ruota delle stagioni rimanda poi ad un altro simbolo medievale molto diffuso tra VI e XV secolo, quello della ruota della fortuna, nella quale (in una delle rappresentazioni più iconiche e diffuse), sei personaggi sono seduti / aggrappati su una ruota che viene azionata e messa in moto in senso orario dalla personificazione della Fortuna stessa; in alto è seduto, in abiti sontuosi con scettro e recipienti preziosi, il re incoronato; alla sua destra le due figure che precipitando perdono gradualmente queste caratteristiche regali (come la corona); in basso, in corrispondenza del re, vi è la figura senza attributi regali con la testa in fiamme; sulla sinistra, invece, le due figure che ascendono verso l’alto, si apprestano ad ottenere la corona. Nella cultura popolare, infatti, la buona fortuna corrispondeva con la condizione regale; spesso illustrazioni di questo tipo erano accompagnate dalla formula «regnabo, regno, regnavi, sum sine regno» traducibile come “regnerò, regno, ho regnato, sono senza regno”, tratta da un epigramma molto diffuso durante il Basso Medioevo.

A questa immagine rimanda appunto Galvano che sia nel trailer e, per più tempo nel teaser, compare per qualche secondo, sedente in trono con gli attributi iconografici del sovrano: abiti regali d’oro, scettro e globo crucigero, segno della sua potenza e autorità cristiana, sottomessa al volere del Signore e, per questo, legittima. Ma la testa del re va improvvisamente in fiamme e ciò potrebbe indicare, secondo questa chiave di lettura, la quest necessaria per ottenere il proprio spazio all’interno della corte di Re Artù che se non viene compiuta porterebbe alla perdita della possibilità, dell’occasione di ascendere, di elevarsi ad un livello più alto rispetto alla sua posizione di partenza.

Vi sono poi altri elementi molto evidenti dal trailer, sui quali occorre soffermarsi, che sono la foresta e i suoi abitanti, cioè i banditi, una volpe parlante e i giganti.

La foresta è, secondo la cultura popolare ma anche la tradizione prima pagana e poi cristiana d’Europa durante il Medioevo, il luogo della prova iniziatica, delle insidie, spazio misterioso nel quale l’eroe (come accade nelle opere di Chrétien) deve superare diverse prove spesso rappresentate dalla tentazione del potere o del cedimento ai propri istinti primordiali / sessuali. La foresta perigliosa è al centro delle avventure dei cavalieri del ciclo arturiano, Yvain, Parsifal, lo stesso Galvano, come anche tipico elemento delle saghe norrene, comparendo nei racconti di Sigfrido come luogo insidioso e di prove difficoltose. È proprio nella foresta di Wirral che «i fuorilegge si rifugiavano spesso nel XIV secolo».3

La volpe è invece uno degli animali che compare nel romance originario di Sir Gawain, perciò la volpe parlante del trailer può essere ricondotta a Reniarde (come è citata nel poema al v. 1728), la volpe protagonista della terza e ultima caccia di sir Bertilak, che nel poema è anche un riferimento metaletterario al personaggio di Renard, volpe nota per la sua scaltrezza la cui fama era diffusa in tutta Europa: dopo il Roman de Renard, scritto in Francia nel XII secolo, il suo nome era divenuto sinonimo stesso dell’animale.

L’astuzia e la furbizia dell’animale che accompagna Galvano sono qui intesi come riflesso della possibilità per l’eroe di scappare, rinunciare all’avventura che avrà quasi sicuramente un esito mortale e avere salva, così, la vita: «You will find no mercy, no happy end. Your doom in at hand» dice la Volpe rivolgendosi a Galvano.

Ma la lealtà, il coraggio, l’onore e la scelta di assumersi pienamente le proprie responsabilità di fronte alla sfida, porteranno Galvano alla scoperta di sé stesso e ad una crescita personale, dopo una serie di avventure fantastiche che vedranno anche noi, da spettatori, protagonisti.4

Durante la sua cavalcata, Gawain deve scontrarsi con le creature che popolano le terre ghiacciate dei monti Pennini a est di Wirral. Scrive l’anonimo poeta:

«Sumwhyle wyth wormez he werrez, and with wolues als,
Sumwhyle wyth wodwos, þat woned in þe knarrez,
Boþe wyth bullez and berez, and borez oþerquyle,
And etaynez, þat hym anelede of þe heȝe felle»

Nella traduzione di Tolkien:

«A volte si batte con draghi striscianti, ed a volte con lupi feroci, a volte con gli orridi troll dei boschi (wood-trolls) che vagano fra i burroni, e con tori e con orsi e grandi cinghiali; e con orchi (ogres) che tendono agguati dall’alto di forre scoscese»5.

Etaynez è il plurale di etayn, variante del medio inglese ēten, termine già usato all’inizio del poema per descrivere il Cavaliere Verde. Questo nome inoltre deriva dall’antico inglese eoten o ent “gigante” (da cui gli Ent di Tolkien, i Pastori degli Alberi). Nel trailer i giganti fanno capolino tra alture brumose in due occasioni. Chissà se nel film troveremo anche i wodwos (< antico inglese wudu-wasa, glossato “satiro, fauno”), che Tolkien, ne Il Signore degli Anelli, tramutò nei Woses, gli uomini selvaggi di Ghân- buri-Ghân che vivono nella Foresta dei Drúedain.

Ma per Gawain, questo è solo l’inizio del suo viaggio verso la Cappella Verde.

(segue a p. 4)


Note:

1 P. Boitani (a cura di), Sir Gawain e il Cavaliere Verde, cit., p. 18

2 L. Cazamian – É. Legouis, Storia della letteratura inglese, Einaudi, Torino 1966, p. 109

3 P. Boitani (a cura di), Sir Gawain e il Cavaliere Verde, cit., p. 134

4 J. Le Goff, Il meraviglioso e il quotidiano nell’Occidente medievale, a cura di Francesco Maiello, trad. it.. di Michele Sampaolo, Laterza, Roma-Bari, 1983-1987.

5 J.R.R. Tolkien, Sir Gawain e il Cavaliere Verde, cit., p. 48