La notizia delle le trattative per una serie TV su Il Signore degli Anelli ha infiammato gli animi degli appassionati in tutto il mondo. Tuttavia queste indiscrezioni, se confermate, segnano una svolta ben più epocale nell’impatto del fenomeno culturale nato dall’opera di J.R.R. Tolkien sulla contemporaneità.
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AGGIORNAMENTO: CONFERMA!
La gran parte delle conclusioni di quest’analisi sono state confermate
dall’annuncio ufficiale meno di 24h dopo la pubblicazione dell’articolo.
Altre rimangono in sospeso.
Abbiamo atteso una settimana dal roboante annuncio ad indiscrezione di Variety e dall’eco più strutturata di Deadline, pronti ad intervenire all’emersione di ogni elemento che gettasse luce sui dubbi che trai primi avevamo sollevato. La settimana è stata silente in termini di novità, il che ci ha dato modo di approfondire quei dettagli già in nostro possesso, sia quelli di dominio pubblico che nella riflessione privata degli addetti ai lavori. Addetti che nella fattispecie non appartengono al mondo dell’informazione cinematografica, tutti colti un po’ alla sprovvista sia all’estero che in Italia, salvo qualche rara eccezione; bensì a quello del tolkienismo, della ricerca accademica. Sì, perché la questione fondamentale non è lo strapotere d’acquisto di Amazon o NETFLIX o quello di vendita di Warner Bros. – è un tema, non IL tema – ma la competenza della società a tutela del patrimonio letterario di J.R.R. Tolkien, la Tolkien Estate, il cui coinvolgimento è quanto mai dubbio. Proprio per questo, se le indiscrezioni fossero confermate la notizia sarebbe un’altra da una serie TV, per quanto colossale possa essere il progetto: una notizia che rivoluzionerebbe il modo stesso di concepire dell’opera del Professore di Oxford nella contemporaneità e il suo impatto popolare. Ma andiamo con ordine.
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La febbre dei media e lo scetticismo degli appassionati.
Così scrivevamo settimana scorsa:
Dalle indiscrezioni trapelate finora stupisce soprattutto che l’offerta sia da presentare al vaglio della Tolkien Estate. Per chi come noi ha seguito la causa pluri-deca-milionaria che ha visto da una parte la società a tutela ed esercizio dell’opera di Tolkien e dall’altra i licenzianti (Saul Zaentz Co.) e licenziatari (New Line e Warner Bros.) dei diritti di sfruttamento cinematografico, è chiaro da tempo che l’Estate non possa in nessun modo pretendersi quale soggetto di riferimento per gli adattamenti in produzione cinematografica di Il Signore degli Anelli e Lo Hobbit, né l’hai mai preteso. La causa riguardava diritti di sfruttamento derivato di secondo livello, per così dire, […] che secondo l’Estate non erano mai stati concessi, né desumibili dal contratto firmato da Tolkien nel 1969.
Se Warner Bros. usufruisce della licenza Zaentz regolarmente detenuta per gli adattamenti cinematografici di Il Signore degli Anelli e Lo Hobbit, a che titolo la Tolkien Estate è chiamata come parte in causa della trattativa?
In forza di considerazioni abbastanza in linea con le suddette, nella maggior parte degli organi d’informazione dedicati, anche i più specifici hanno optato per esprimere una generica diffidenza sul coinvolgimento dell’Estate, avanzando dubbi in seconda battuta sulla fondatezza delle indiscrezioni così come trapelate o riportate. In un’intervista a BadTaste.it l’illustratore ufficiale di Tolkien e leading concept artist delle trilogie di Peter Jackson John Howe (persona quindi con discreta esperienza nell’operare entro i diritti di adattamento da ambo le parti) si è detto scettico che un progetto del genere possa vedere la luce. Scetticismo è stato espresso anche nelle maggiori società letterarie anche con grande pertinenza, soprattutto nei canali della Tolkien Society (UK) e della Mythopoeic Society (USA).
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