La liturgia della parola di questa settimana ha percorso il libro di Giona, un profeta minore della Bibbia. Minore perché la sua storia è esposta in soli quattro capitoli. E per quale motivo parlarne in un articolo su Tolkien? Ebbene, non tutti sanno che Tolkien nell’anno 1957 si occupò direttamente della traduzione di questo breve libro per una nuova, storica, edizione della Bibbia: la Bibbia di Gerusalemme. Ne ripercorreremo la vicenda in questo articolo.
Il Libro di Giona
Dalla Bibbia alla poesia medievale
Questo libro narra di come Dio mandò Giona a predicare nella città di Ninive, presumibilmente nell’VIII secolo a.C.. Giona, figlio di Amittai, si ribellò due volte alla vocazione di Dio. Inizialmente tentò di fuggire lontano imbarcandosi a Tarsis, ma la nave fu colta da una straordinaria tempesta. Così l’equipaggio, scoprendo con un interrogatorio che Giona aveva offeso Dio, gettò il profeta in mare per salvarsi, e Giona venne inghiottito da un grande pesce nel cui ventre restò per tre giorni e tre notti. Dopo aver supplicato il Signore con una preghiera, Dio comandò al pesce ed esso rigettò Giona. Giona allora si recò a Ninive e predicò come Dio gli aveva chiesto, esortando tutti gli abitanti della città a digiuni e contrizioni per evitare il castigo divino che Dio avrebbe mandato per i molti peccati della città. Tutti gli abitanti, a partire del re che ordinò il digiuno, si convertirono e la città fu risparmiata. La predica di Giona aveva avuto effetto, ma di questo il profeta ribelle rimase dispiaciuto e indispettito tanto da ribellarsi una seconda volta. Rivolgendosi nuovamente a Dio, Giona si lamentò infatti tornando a giustificare il suo tentativo di fuga a Tarsis, dal momento che la pietà di Dio in fondo ha solo lasciato la situazione inalterata. Per questo Giona uscì dalla città e chiese a Dio di toglierli la vita, mentre aspettava di vedere la sorte della città. Dio allora fece crescere una pianta di ricino per riparare Giona dalla calura, ma il giorno dopo fece morire la pianta lasciando il profeta esposto all’afa del vento del deserto e provocandogli un colpo di sole. Il profeta tormentato tornò a lamentarsi per la morte della pianta, tanto da invocare nuovamente la propria di morte, ma ecco l’ultimo insegnamento di Dio a Giona:
“Tu ti dai pena per quella pianta di ricino per cui non hai fatto nessuna fatica e che tu non hai fatto spuntare, che in una notte è cresciuta e in una notte è perita: e io non dovrei aver pietà di Ninive, quella grande città, nella quale sono più di centoventimila persone, che non sanno distinguere fra la mano destra e la sinistra, e una grande quantità di animali?”
(Gio 4, 10-11)
Come già detto, il libro di Giona è catalogato tra i libri dei profeti, in particolare perché anche nei Vangeli è richiamato da Gesù di Nazareth come un racconto profetico, figura della sua venuta e della sua Resurrezione (vedi Mt 12, 38-41).
Tuttavia si può capire anche da questa sinossi che la struttura del Libro di Giona è perlopiù narrativa e lo rende più simile ai “racconti esemplari” della Bibbia (come il libro di Giobbe o quello di Giuditta), ben differenti dai libri di profeti come Isaia ed Ezechiele dove sono messe per iscritto le loro lunghe predicazioni in forma dialogica.
Un primo collegamento con Tolkien si ritrova proprio nel significato esemplare di questo libro. È appunto da questa interpretazione che nasce un poema che sicuramente Tolkien conosceva: Patience.
Patience (qui il testo trascritto integralmente) è infatti uno dei quattro poemi contenuti nel manoscritto Cotton Nero A.x. (c.a. 1375?-1400?) (qui la trascrizione pagina per pagina, qui la scansione della British Library), insieme a Clearness , Sir Gawain and the Green Knight (romanzo cavalleresco) e Pearl (visione allegorica). Tutti e quattro i poemi sono composti in versi allitterativi scritti in ‘Middle English’ e attribuiti ad un unico autore anonimo. In particolare Tolkien studiò molto i primi due. Del Sir Gawain curò un’edizione critica insieme a E.V. Gordon pubblicata nel 1925 dalla Oxford University Press e nel 1967 in una edizione riveduta da Norman Davis. Più tardi Tolkien tornò su questi testi traducendo in inglese moderno sia il Sir Gawain che Pearl, e le traduzioni vennero pubblicate nel 1975 da Christopher Tolkien, e dal 2009 possiamo leggerle anche in Italia grazie alla pubblicazione da parte delle Edizioni Mediterranee.
Tornando a Patience e Clearness, entrambi i poemi sono di argomento biblico e, come suggeriscono i titoli, trattano rispettivamente le virtù della Pazienza e della Purezza, rifacendosi proprio ai racconti di Giona e di Giuditta. Il profeta Giona attraversa la maggior parte dei 532 versi di Patience come esempio: tutte le sue peripezie vengono ri-narrate dal poeta come espediente per illustrare l’insegnamento morale della importanza dell’esercizio della pazienza. Giona nel tentativo impaziente di cercare sicurezza ha trovato esattamente il contrario, naufragando, quando invece ha adempiuto con pazienza il suo dovere ha addirittura impietosito Dio nei confronti di Ninive.
Possiamo immaginare quindi che Tolkien abbia maturato un grande interesse per questo libro della Bibbia a partire dalla sua passione per la poesia allitterativa del ‘Middle English’ a cui si dedicò tanto, nello studio e nella scrittura (poemi allitterativi di Tolkien sono La Caduta di Artù e Il Ritorno di Beorhtnoth Figlio di Beorhthelm).
(Segue)