Agosto 1940, studio del numero 20 di Northmoor Road, Oxford. Diversi fogli cartografati minuziosamente sulla scrivania – un regalo della moglie – sono stati accostati, appena sovrapposti ai margini e infine incollati. Ma sulla scrivania non c’è lo spazio per veder dispiegati tutti i 4,5 metri di lunghezza e i quasi 5 di altezza. Il cartografo guarda la grande mappa millimetrata sul muro, ritratto di una terra nota solo a lui, cercando di indovinare dove andranno a finire gli Hobbit e i loro nuovi compagni. «Verso Minas Tirith, a sud, su questo non c’è dubbio. Dunque partono anche Trotter e Boromir. Merry e Pipino insistono, ma forse Pipino non deve partire, forse deve tornare nella Contea…». La pipa accesa nella luminosa sera estiva, altri fogli sparsi lo aspettano per continuare il suo nuovo Hobbit, come ancora lo chiamano i suoi amici “imbrattacarte” del giovedì sera. Ancora indugia sulle planimetrie «Dovrò farla ridisegnare da Chris». Si rimette a scrivere, un occhio sempre alla mappa, scoprendo insieme ai suoi personaggi dove questi dirigeranno i prossimi passi.
La Prima Mappa della Terra-di-Mezzo* è solo una delle oltre 180 illustrazioni di J.R.R. Tolkien che sono state pubblicate in The Art of the Lord of the Rings, volume appena uscito sul mercato inglese per la curatela di Wayne Hammond e Christina Scull. Nella sua interezza, la mappa è anche uno dei ca 100 disegni inediti, non essendo stata riportata che a stralci (e in copia pulita) in The Treason of Isengard, VII volume di La Storia della Terra-di-Mezzo. Nel loro libro più recente Hammond&Scull proseguono il lavoro di ricerca sul Tolkien artista cominciato con Artist&Illustrator e solo pochi anni fa specializzatosi sulle singole opere. Se la fatica è ben più consistente di L’Arte di Lo Hobbit, vista la più lunga ed incespicante composizione rispetto alla fiaba, non è inferiore nemmeno l’esigenza figurativa dell’immaginazione dell’autore che documenta.
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THE ART OF THE LORD OF THE RINGS by J.R.R. TOLKIEN Copertina rigida: 240 pagine |
Non dovette passare molto tempo da quel giorno d’estate inoltrata prima che Tolkien conducesse (o si facesse condurre dal)la Compagnia all’imbocco di quelle ancora enigmatiche Miniere di Moria. L’autore scopre le mura dell’antica dimora di Durin insieme ai suoi personaggi, fianco delle Montagne Nebbiose, il fiume Sirannon ristagnante nella vasta pozza e, di lontano, circondati dai due grandi alberi d’agrifoglio, i battenti delle Porte Occidentali che presto diventeranno protagonisti della sua illustrazione più famosa. Nella matita colorata Il Cancello di Moria (in anteprima)† solo un tentacolo dell’Osservatore disturba il paesaggio in vista frontale, frapponendosi minaccioso e nascosto.
Quanti paesaggi Tolkien ha esplorato direttamente nella scrittura di Il Signore degli Anelli, che poi saranno terre e città di svolta per la storia! La stessa Lothlòrien e la sua capitale vengono scoperte di lì a poco: nel libro Caras Galadhon viene mostrata dal disegno dell’autore per la prima volta. I soggetti principali dei paesaggi non possono che essere i fortilizi. Orthanc nelle sue varie versioni e il Fosso di Helm in una prospettiva abbozzata su una mezza pagina bianca di un libretto d’esami di Oxford, studi approfonditi o schizzi non premeditati… Tolkien non preparò quasi nessuna illustrazione perché fosse pubblicata (al contrario di Lo Hobbit), per cui è naturale scorrere una grande quantità di tratteggi incerti e abbandonati a metà. Trai suoi disegni non mancano in ogni caso veri e propri esercizi di stile sia in bianco e nero che a colori; questi sono stati scansionati ad alta risoluzione proprio per The Art of the Lord of the Rings dalla biblioteche Bodleian (Oxford) e della Marquette University (Milwaukee), ove sono ospitate le principali collezioni di manoscritti. Anche i pezzi già noti si possono riscoprire, e con loro l’autore, filologo, scrittore e artista, unito nel raccontare la storia.
Dove però possiamo entrare addentro il processo creativo dell’autore è la cartografia, strumento fondamentale che qui si presta ad un’indagine mai così completa. Mappe e calendari: erano queste le due tracce dell’entrelacement di Tolkien. Ribattezzato “intreccio cartografico” da Tom Shippey, il ramificarsi delle vicende degli Hobbit in Il Signore degli Anelli porta quasi da subito l’autore a espandere i dintorni della via, dalla Contea in avanti. Presto le mappe precedono l’essere percorse, evolvono e si allargano fino a includere luoghi che mai saranno menzionati nella storia. La Terra-di-Mezzo sembra così sfuggire al suo inventore, non la storia, che rimane imprevedibile ma costretta a snodarsi entro margini ben precisi. Con l’aiuto del calendario, il calcolo meticoloso di date ed ore del giorno e della notte, Tolkien sembra quasi inseguire senza preavviso la Compagnia lega dopo lega, finché questa non si scioglie.
È proprio allora che la mappa mostra tutta la sua armonica potenza narrativa. Non solo Frodo e Sam, ma altri due tragitti vanno tracciati, mentre Merry e Pipino vengono portati ad Isengard e, meraviglia!, un’antica foresta compare all’improvviso sulla carta, oppure quando i Tre Cacciatori ritrovano Gandalf, che avevano perduto a Moria. Poi è la volta anche di Merry e Pipino di separarsi ed ecco che gli itinerari diventano quattro! Tenere le redini di questa tensione narrativa sforzata in così tante direzioni è stato possibile solo traducendo sulle mappe ipotesi di calcolo millimetro per millimetro, ponderate non solo in due direzioni (O↔E e N↕S) ma tenendo conto delle stesse altitudine e conformazione dei territori nella topografia, siano essi l’altopiano del Mark o le Paludi Morte. Nel lato cartografico, così come in quello filologico, appare sempre più solida l’interpretazione che dava il Professore della sua invenzione letteraria:
«Ma lungo la strada ho incontrato un sacco di cose che mi hanno stupito. Tom Bombadil lo conoscevo già; ma non ero mai stato a Brea. Grampasso seduto in un angolo della locanda fu una sorpresa, e non avevo proprio idea, come Frodo del resto, di chi potesse essere. Le Miniere di Moria fino a quel momento erano solo un nome; e di Lothlòrien le mie orecchie mortali non avevano mai sentito niente finché non sono arrivato fin là. Più avanti seppi che esistevano i Signori dei Cavalli ai confini di un antico Regno degli Uomini, ma la Foresta di Fangorn era un’avventura non prevista. Non avevo mai sentito parlare della Casa di Eorl né dei Sovrintendenti di Gondor.»
Lettera #163 a W.H. Auden, 7 giugno 1955
«Ho sempre avuto la sensazione di registrare qualcosa che c’era già, da qualche parte: non di “inventare”».
Lettera #131 a Milton Waldman, 1951
The Art of the Lord of the Rings, elegante nel suo cofanetto, s’inserisce impavida nella fila delle opere fondamentali per capire il romanzo principe di Tolkien e sarà tanto più determinante nel contempo rileggere i vol.VI-IX di The History of Middle-Earth e confrontare i manoscritti nel loro sviluppo per avvicinarsi all’autore che “inventa”. Ma Hammond&Scull non hanno solo a presentato il cartografo e l’illustratore. Anche la calligrafia avrà il suo spazio, con diverse iscrizioni in Tengwar e Cirth, i sistemi di scrittura degli Elfi, che verranno quanto prima vagliati dalla comunità linguistica tolkieniana. Come nota Ethan Gilsdorf nella sua recensione del testo su Wired.com, la lezione è che la visualizzazione della storia per Tolkien non era un aspetto secondario: lui è stato il primo illustratore delle sue storie e il solo per diversi anni e ogni pezzo dell’apparato figurativo da lui prodotto ci racconta un brandello in più della sua storia.
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*Nella breve ricostruzione di cui sopra abbiamo forse precorso di un anno o due al massimo la sua intera realizzazione, la data precisa non è nota. Christopher la ri-elaborerà parzialmente su richiesta del padre nel 1943.
† Illustrazione già comparsa in Pictures by J.R.R. Tolkien, 1979 (in Italia Immagini, 1989) a cura di Christopher Tolkien, e Artist&Illustrator. Immagini è la prima rassegna in assoluto dedicata a Tolkien come illustratore, A&I (in Italia inedito) verrà pubblicato nel 1995, spaziando ben oltre la Terra-di-Mezzo.