Per iniziare, è opportuno fare una premessa che consenta di inquadrare con maggior precisione che cos’è davvero questa ondata che da alcuni anni ha cambiato totalmente i raduni a tema. Cominciamo quindi con il chiarire il significato di questo neologismo, formato dalla fusione delle parole inglesi costume (costume) e play (gioco o interpretazione), con cui si indica la pratica di indossare un costume che rappresenti un personaggio (generalmente di fantasia) e di interpretarne il modo di agire.
Questa pratica, erroneamente considerata come nativa del Giappone, ha invece origini statunitensi: è del 1939 la prima esibizione di “futuristicostume” indossato da Forest J. Ackerman e ispirato al film “La vita futura” di William Cameron Menzies, mentre la nascita del termine è da collocare nel 1984, grazie al reporter giapponese Takahashi Nobuyuki che lo usò per descrivere ciò che aveva visto durante il suo viaggio in America presso le convention statunitensi a tema fantascientifico.
In Giappone il fenomeno aveva già acquisito notevole fama negli anni ottanta con la comparsa dei cosplayer della serie animata “Gundam”, ma è nel 1995 che avviene la consacrazione a forma d’arte grazie ai numerosissimi cosplay ispirati alla serie “Neon Genesis Evangelion”.
Da quel momento in poi il fenomeno si è diffuso a macchia d’olio in tutto il mondo, divenendo al giorno d’oggi una parte immancabile di ogni convention che si rispetti. Non solo: il diffondersi rapido e massiccio di questa pratica ha finito per dar vita a fiere e concorsi esclusivamente ad essa dedicati, fino a rendere notorietà a dei veri e propri artisti che del cosplay hanno fatto una forma espressiva raffinata ed efficace.
Questo fenomeno ad un primo sguardo può sembrare un hobby privo di scopo, o persino venir etichettato come una perdita di tempo e denaro; questo specialmente se si osservano i cosplayers più in erba che presentano costumi e oggetti completamente fatti a mano, con materiali poveri e tecniche non proprio raffinate.
Il cosplay originariamente partiva proprio da questi presupposti: essere in grado di interpretare il proprio personaggio senza l’ausilio di costumi sartoriali, competenze di make up sopraffine e accessori costosi, poiché si dava più risalto alle capacità evocative della propria interpretazione. Negli ultimi tempi invece assistiamo, grazie anche alla grande rilevanza fornita tramite i social network, ad un tale repentino innalzamento dello standard qualitativo che rende necessarie tutte le caratteristiche sopracitate per rendere un cosplay degno di un “mi piace” o di un cuoricino.
Le pretese di perfezione fisica sono quelle che infatti stanno un po’ traviando questa particolare forma d’arte negli ultimi tempi: basta vedere quanto sia frequente il body-shaming, specialmente riferito a cosplayer donne, alle quali è richiesta la perfetta aderenza fisica al personaggio interpretato. Per contro si assiste ad approcci in genere meno violenti, se il cosplayer è di sesso maschile.
Una menzione va fatta anche alla parte più erotica del fenomeno, in cui il confine tra interpretazione (magari di un personaggio già molto erotico di suo) e sessualizzazione è alquanto labile, e spesso lasciata a libera interpretazione del cosplayer; anche in questo ambito assistiamo a polemiche assai poco edificanti che spesso sfociano nell’odio gratuito.
Altro aspetto di cui tenere conto è certamente la “moda”: spesso infatti si assiste al boom di cosplay di personaggi particolarmente in voga (come ad esempio Harley Quinn nella versione del film “Suicide Squad” del 2016), di cui si ritrovano interpreti a frotte nei principali eventi nazionali di comics&games nell’anno di uscita dei film che li vedono in scena, per poi finire nel dimenticatoio piuttosto in fretta una volta esaurito l’arco di notorietà.
La voglia di mettersi in gioco
Fortunatamente al giorno d’oggi l’ala dei cosplayer “fai da te” resiste ancora ed è in loro che l’entusiasmo e la gioia di quest’arte è più viva che mai.
Ciò che accomuna tutti i cosplayer è sicuramente il desiderio di “diventare” un personaggio che amano per i più svariati motivi, dallo sperimentare sé stessi nei panni di un indomito guerriero alla voglia di mimare le gesta di potenti stregoni, specialmente se ci si immagina di fronteggiare un enorme e furioso Balrog.
È dunque la voglia di rivivere attraverso sé stessi le avventure lette, viste o giocate il motore di questa passione che ha praticamente raggiunto una propria autonomia e dignità, trasformandosi per alcuni in una vera e propria professione, al pari di quella di un attore o di un teatrante.
Il fascino del cosplay, a cui al giorno d’oggi cedono persone di tutte le età e di tutte le estrazioni sociali, consiste proprio nella possibilità di immergersi nel personaggio prediletto per provare a replicare ciò che ne è stato apprezzato, o infondere in esso la propria interpretazione e offrire al pubblico una nuova visione e valutazione di aspetti che magari non tutti sono riusciti a cogliere.
Cosplay e Terra di Mezzo
Per quanto riguarda il mondo di Tolkien, così come la sua capacità evocativa sfida il tempo e le mode, anche nell’ambito del cosplay assistiamo ad un felice evergreen: non c’è fiera senza che si presentino frotte di cosplayers dello stregone di Angmar, Sauron, Arwen, Aragorn, Dama Galagriel e Hobbit, osservando come il livello di molti di questi performer sia decisamente elevato e che migliori di anno in anno.
Cosa poter dire di questo fenomeno dunque, rapportandolo al mondo tolkieniano?
Si può affermare che questa forma d’arte sia indiscutibilmente utile per far conoscere, rivivere e diffondere l’opera, specialmente per i più piccoli, che magari non trovano particolare attrazione per i libri voluminosi e alquanto privi di illustrazioni, o al contrario, per concretizzare le loro fantasie permettendogli di “toccare con mano” qualcuno dei loro personaggi preferiti: anche se c’è il rischio che il tutto diventi più una carnevalata in stile parco tematico, molti cosplayers si avvicinano ai personaggi con molto rispetto, ponendo attenzione su ogni dettaglio che permetta di rendere il personaggio riconoscibile e verosimile nei tratti che lo contraddistinguono.
Ovviamente i più si rifanno alle versioni dei personaggi che hanno conosciuto notorietà mondiale grazie ai film, ma non mancano i più puristi che traggono ispirazione anche dalle tavole dei principali e più noti illustratori – per tacere di coloro che invece propongono versioni originali, basate sulla visione del personaggio che ne hanno tratto dalla lettura dei testi di riferimento.
In conclusione quindi, pur essendo una forma di diffusione alquanto inconsueta, il cosplay offre senz’altro prospettive interessanti anche per quanto riguarda la possibilità di incontro con la Terra di Mezzo e i suoi personaggi principali. Il segreto dell’immortalità di un’opera sta proprio nella sua capacità di suscitare una feconda curiosità, grazie alla capacità di potersi inserire agilmente in ogni forma d’arte e in ogni mezzo di ispirazione.