Tolkien evangelizzatore /3

 

Nel leggere questi fatti, nodi cruciali nella trama di The Hobbit e The Lord of the Rings, qualunque lettore entra in contatto con il profondo “senso religioso” dell’opera. Questi momenti della narrazione sono “atti di fede” da parte dei protagonisti: decisioni libere dall’interesse di un tornaconto o di una comodità personale. Sono fatti dettati da un buon senso, una pietà o un amore che poi, nell’evolversi della storia, hanno dei risvolti positivi e inaspettati: la morte di Gandalf nella lotta contro il Balrog porta infine al suo ritorno come ‘il Bianco’; l’entrata nei Sentieri dei Morti di Aragorn permette a questi di sconfiggere i Corsari di Umbar a Pelargir e ribaltare gli esiti dell’attacco di Sauron a Minas Tirith; la scelta di Frodo di prendersi sulle spalle il peso dell’Anello fa sì che, con l’aiuto di Sam, l’Anello stesso giunga a Monte Fato all’insaputa di Sauron; Gollum, l’essere risparmiato da Bilbo 78 anni prima, è colui che, in un modo inaspettato, porta a compimento la missione di Frodo di distruggere l’Anello. Questi sono risvolti fondamentali della trama e sono quelli del tipo che Tolkien etichetta come eucatastrofe:

« For it I coined the word ‘eucatastrophe’: the sudden happy turn in a story which pierces you with a joy that brings tears (which I argued it is the highest function of fairy-stories to produce). And I was there led to the view that it produces its peculiar effect because it is a sudden glimpse of Truth, your whole nature chained in material cause and effect, the chain of death, feels a sudden relief as if a major limb out of joint had suddenly snapped back.»2

L’elemento eucatastrofico, come afferma lo stesso Tolkien, produce il suo effetto peculiare perché esso rimanda alla Verità (con la V maiuscola), ovvero a Dio. L’eucatastrofe è tale e si carica di tutta la sua portata epica nel momento in cui essa è un’evidenza che indica un disegno divino. Il lettore viene colpito da tale “epicità” e quindi si ritrova in un modo naturale coinvolto emotivamente nelle gioie dei personaggi che gli rimandano ad un Bene più grande. Ma c’è di più. Proprio la conclusione di The Lord of the Rings mette il lettore di fronte al fatto che l’evento eucatastrofico in sé non è la realizzazione di un bene eterno nella Terra di Mezzo: non produce un finale “imbalsamato”, un “e vissero per sempre felici e contenti”, ma trova un significato proprio nel senso di rimando ad una dimensione trascendente. La distruzione dell’Anello e la Caduta di Sauron in The Lord of the Rings, seppure siano i grandi eventi della Terza Era, non sono la fine del Male Assoluto: a giustificare questa affermazione basti considerare il ritorno dei quattro hobbit nella Contea devastata da Sharkey/Saruman e i suoi ruffiani3, le sofferenze di Frodo dovute agli effetti negativi della sua Missione e del peso dell’Anello sopportato4 e la conseguente scelta di Frodo di lasciare la Contea e partire perl’Ovest con Bilbo e i portatori dei Tre Anelli degli Elfi (Elrond, Galadriel e Gandalf)5. La partenza di Frodo per l’Ovest, per Aman, (fatto in cui il testo non approfondisce se questa sia una rappresentazione della morte o la partenza per un soggiorno in un luogo di cura dal male dell’Anello) lascia al lettore l’amaro in bocca e un ardente desiderio di quel grande Bene intravisto nella gioia generata dall’eucatastrofe della Distruzione dell’Anello. Il lettore alla fine della storia si trova silenzioso in uno stato contemplativo e di riflessione esattamente come Sam, Merry e Pipino che, dopo la partenza di Frodo, rimangono fino a notte fonda a guardare verso l’Occidente e ad ascoltare il mormorio delle onde del mare6: in questo senso il lettore viene portato a riflettere, a “fare propria” l’esperienza di Frodo e a “cercare”, a “volere”, una dimensione oltre il mondo: un’ottica trascendente.

La conclusione di The Lord of the Rings è drammatica da questo punto di vista perché si mescola inevitabilmente con un’attesa reale del lettore, con la domanda sul senso della vita: fa emergere prepotentemente in lui gli interrogativi esistenziali e la ricerca di una Gioia Infinita e più Vera di un semplicistico “e vissero per sempre felici e contenti”. In questo modo il cuore del lettore è “evangelizzato” perché è costretto, nella commozione suscitata dal ‘triste’ e ‘misterioso’ finale di The Lord of the Rings, a considerare un Oltre e ad abbandonarsi all’ottica di una Speranza. Afferma Costabile:

«[…] persino Aman non può conferire la durata del mondo alle vite degli uomini, e l’eternità è altra cosa dalla longevità. La vicenda de Il Signore degli Anelli risulta dunque al contempo ben più tragica e ben più speranzosa»7

Un lettore che segue il filo narrativo si scontra con questa evidenza e non potrà non interrogarsi sull’evento eucatastrofico per eccellenza del ‘Mondo Primario’ ovvero la Resurrezione di Cristo, unica reale Speranza per la Vita Eterna.

Afferma lo stesso Tolkien:

«the Resurrection was the greatest ‘eucatastrophe’ possible in the greatest Fairy Story – and produces that essential emotion: Christian joy which produces tears because it is qualitatively so like sorrow, because it comes from those places where Joy and Sorrow are at one, reconciled, as selfishness and altruism are lost in Love»

 

 


2 Carpenter, H. (1981). The Letters of J.R.R. Tolkien (Kindle 2012 ed.), letter n°89, pag.100

3 Tolkien, J. (1954-1955). The Lord of the Rings (HarperCollins 2007 ed.), book VI, chapter 8 ‘The Scouring of the Shire’

4 C’è un passaggio in particolare che vede Frodo malato il 13 di marzo del 1420 C.C. (il 13 marzo dell’anno precedente era stato avvelenato da Shelob): «So he [Sam] was not at home in early March and did not know that Frodo had been ill. On the thirteenth of that month Farmer Cotton found Frodo lying on his bed; he was clutching a white gem that hung on a chain about his neck and he seemed half in a dream. ‘It is gone for ever,’ he said, ‘and now all is dark and empty.’» – Tolkien, J. (1954-1955). The Lord of the Rings (HarperCollins 2007 ed.), book VI, chapter 9 ‘Grey Havens’, pag.1024 Un altro passaggio nello stesso capitolo mostra Frodo in cattive condizioni il 6 ottobre 1420 C.C. (due anni prima era stato colpito dalla lama morgûl a Collevento): «One evening Sam came into the study and found his masterlooking very strange. He was very pale and his eyes seemed to see things far away. ‘What’s the matter, Mr. Frodo?’ said Sam. ‘I am wounded,’ he answered, ‘wounded; it will never really heal.’» – Tolkien, J. (1954-1955). The Lord of the Rings (HarperCollins 2007 ed.), book VI, chapter 9 ‘Grey Havens’, pag.1025 Un altro evento di Frodo malato nel marzo 1421 C.C.: «Frodo was ill again in March, but with a great effort he concealed it» – Tolkien, J. (1954-1955). The Lord of the Rings (HarperCollins 2007 ed.), book VI, chapter 9 ‘Grey Havens’, pag.1025

5 Infatti quando Sam realizza che Frodo sta lasciando per sempre la Contea e la Terra di Mezzo questi gli risponde: «I have been too deeply hurt, Sam. I tried to save the Shire, and it has been saved, but not for me. […]» – Tolkien, J. (1954-1955). The Lord of the Rings (HarperCollins 2007 ed.), book VI, chapter 9 ‘Grey Havens’, pag.1029

6 «But to Sam the evening deepened to darkness as he stood at the Haven; and as he looked at the grey sea he saw only a shadow on the waters that was soon lost in the West. There still he stood far into the night, hearing only the sigh and murmur of the waves on the shores of Middle-earth, and the sound of them sank deep into his heart. Beside him stood Merry and Pippin, and they were silent.» – Tolkien, J. (1954-1955). The Lord of the Rings (HarperCollins 2007 ed.), book VI, chapter 9 ‘Grey Havens’, pag.1030

7 Costabile, G. C. (2018). Oltre le Mura del Mondo: Immanenza e Trascendenza nell’Opera di J.R.R. Tolkien. Il Cerchio, pag.219 8 Carpenter, H. (1981). The Letters of J.R.R. Tolkien (Kindle 2012 ed.), letter n°89, pag.100